Aaron Durogati: la mia Peaks Trilogy su Bianco, Rosa e Breithorn

Avevamo conosciuto Aaron Durogati in occasione dell’X-Alps 2013, la più tosta e avventurosa competizione di parapendio cross country al mondo: si parte da Salisburgo si arriva a Montecarlo solo camminando o volando con il parapendio per 250 km. Era il più giovane partecipante e già in quell’occasione ci aveva dato l’impressione di avere ben chiara l’idea di voler trovare il proprio stile nel vivere le sue passioni: la montagna e il volo.

Alpinista, freerider, pilota di parapendio da quando ha 15 anni, Aaron vive la montagna senza filtri, secondo la più pura filosofia dello speed riding: usare il più possibile le proprie gambe, arrampicandosi, salendo con gli sci o comunque camminando e correndo, per poi librarsi in volo per superare i pendii più verticali.

Eravamo curiosi di capire se avrebbe di nuovo sfidato l’X-Alps per migliorare il settimo posto del 2013, e invece ha giocato d’anticipo, affrontando a modo suo tre montagne tra le più leggendarie al mondo: il Monte Bianco, il Monte Rosa e il Breithorn. Una Peaks Trilogy tutta sopra i 4000 metri, là dove sono state scritte pagine storiche dell’alpinismo e dello sci ripido.

Aaron, come è nata l’idea di questa Peaks Trilogy?
è nata proprio durante l’X-Alps, che aveva delle boe di passaggio obbligatorio sul Cervino e sul Monte Bianco. Durante la ricognizione non avevo potuto volare, per colpa del vento eccessivo, poi però in gara ho fatto il mio volo più lungo atterrando vicino a Grenoble: era una giornata meravigliosa, avevo toccato i 4500 metri di quota, avevo la visuale su tutto ed ero rimasto colpito dalle pareti. Guardavo quei ghiacciai, e nonostante la concentrazione sulla gara ho cominciato a immaginare di farci qualcosa con gli sci e la vela da speed riding.

E poi?
Poi avevo da correre e camminare, e visto che non ho mai la musica in cuffia ho cominciato davvero a fantasticare di salire con la vela. Non appena son tornato a casa ho preso dei libri, ho guardato le foto e le linee e l’idea mi sembra sempre più bella, così ho ordinato le carte topografiche e da quel momento ho cominciato a pianificare tutto dettagliatamente.

Quanto eri preparato a questa impresa?
Atleticamente ero pronto: ogni giorno corro in montagna e scendo con la vela, in inverno faccio scialpinismo, e poi faccio allenamento funzionale in palestra con il TRX visto che dal punto di vista fisico il problema maggiore è quello di portarti in giro lo zaino con l’attrezzatura e in passato il problema maggiore che avevo era il mal di schiena.

Hai dovuto adattare la tua attrezzatura?
Sì, la vela da speed che ho usato me la sono fatta apposta, al mondo c’è solo la mia ed è leggermente più grande di quella da 8 metri che uso di solito. è una vela da 9 metri, perché quando decolli sopra i 4000 metri la densità dell’aria è minore e via più veloce, intorno ai 100 km/h, e atterrare per poi sciare sarebbe troppo pericoloso. Così mi son fatto da solo la mia vela, anche più leggera per poterla portare in quota più agevolmente.

Quanto margine di incertezza avevi quando sei finalmente partito?
Avevamo pianificato praticamente tutto, la maggiore incognita era come sempre il meteo, che rende tutto incerto e potenzialmente insicuro. Da fine inverno a inizio estate abbiamo avuto solo 3 finestre buone, ed è stata una fortuna trovare il momento buono sopra i 4000 metri per riuscire nell’impresa. Pensa che la prima volta che son salito sul Rosa c’era troppo vento e in direzione contraria e son dovuto scendere con gli sci.

1-Red Bull Peaks Trilogy

A proposito: il Monte Rosa è il tempio del freeride, il Bianco è da sempre un punto d’arrivo per ogni alpinista, e il Breithorn guarda Zermatt, la culla dell’alpinismo: avevano e hanno un significato speciale per te queste tre montagne?
Sicuramente il Monte Bianco, perché è legato al passato di mio zio, che arrampicava. Il Rosa e il Breithorn hanno cominciato ad averlo nel momento in cui ho deciso di salirvi: a me piace ripercorrere le orme degli alpinisti del passato in questa chiave nuova, e così mi sono informato, ho letto le storie di chi vi era salito, le linee di sci ripido che avevano fatto.

Hai parlato di chiave nuova: che significato dai all’affrontare la montagna con questa componente di velocità?
Per me è una cosa naturale, sono un atleta, sono competitivo, e in gara, dove il termine di riferimento è il tempo, il modo migliore di fare le cose è il modo più veloce.

Ti rimane comunque la dimensione della scoperta e dell’avventura?
Sì, è una cosa che riguarda più la salita che la discesa dove il mezzo comporta la velocità e necessariamente mi devo adattare.

3-Red Bull Peaks Trilogy

Parlando di adattamento: hai mai la sensazione di correre dei rischi?
Sì, provo anche paura, ma la mia forza credo sia il modo in cui la vivo: non mi faccio sopraffare dalla paura e in qualche modo la vivo come un campanello d’allarme che mi tiene vigile e concentrato su quello che faccio. Per esempio, il momento più pericoloso è il decollo, e finché non ho la vela sopra la testa provo paura, perché possono succedere troppe cose e su una parete ripida non ti puoi più fermare. In quei momenti la paura è cosa buona, mi fa concentrare sul sentire la vela, gli sci, l’attrezzatura, e mi permette di fermarmi prima che sia troppo tardi.

L’esperienza di Peaks Trilogy ti ha insegnato qualcosa sul tema della sicurezza?
Tantissimo, perché io sono fondamentalmente un autodidatta, e son quasi sempre da solo. In questa avventura invece per la prima volta avevo un team, una guida, ed è stato importantissimo per me.

Cosa fai quando voli a certe quote?
Dipende: in gara o in questa esperienza del Peaks Trilogy ero completamente concentrato su quello che dovevo fare. Non c’è né modo né tempo di godersi il paesaggio, i rumori, la luce. Diverso quando sono a casa mia, e allora mi guardo intorno, mi rilasso, osservo le montagne. E infatti mi son stupito io per primo che durante l’X-Alps abbia cominciato a immaginare il Peaks Trilogy, ma forse è avvenuto perché ero davvero stanco, avevo appena approfittato del night pass camminando tutta notte, mi ero addormentato un paio di volte in volo risvegliandomi mentre mi scuotevo da solo e forse proprio per contrastare la stanchezza ho cominciato a pensare ad altro.

A che montagna pensi ora?
Alle mie montagne: quest’anno ho fatto anche l’X-Pyr, il coast to coast di 439 km dal golfo di Biscaglia al mediterraneo attraverso i Pirenei, e inverno vorrei fare qualcosa dalle mie parti, qualche giorno in giro da solo, con lo zaino e la vela, nei bivacchi, magari dalla Val Senales tornando verso la Passiria.

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