Abbiamo provato lo Swimrun: ecco come funziona la gara di corsa e nuoto

swimrun

Abbiamo provato lo swimrun, la disciplina molto divertente in cui nuoto e corsa si alternano. Ne è uscito un racconto in prima persona che è anche una piccola guida appassionata su come iniziare a praticare questa attività.

Abbiamo provato lo Swimrun: ecco come funziona la gara di corsa e nuoto

(Nuoto + Corsa) x n = :-)) ( faccina che sorride)
Potrebbe essere una formula matematica in cui prendi un po’ di nuoto aggiungi della corsa, shakeri ben bene e moltiplichi per ‘n’ volte, e ottieni un risultato sorridente. Questo è l’algoritmo dello swimrun, una disciplina dove nuotare e correre si alternano adattandosi al territorio.

Come si fa swimrun

Metti uno specchio d’acqua, un lago o un fiume, ma va bene anche un canale, un bacino, una vasca, insomma, quello che c’è. Entraci, nuota finché non arrivi dall’altra parte e incomincia a correre fino a quando non trovi un’altra pozza d’acqua, e ripeti di nuovo: entraci, nuota e smetti quando arrivi alla fine. Moltiplica questa sequenza tutte le volte che ritieni giusto farlo, oppure fino all’obiettivo di raggiungere un determinato luogo a prescindere dalle distanze.
Ecco, quello che hai appena fatto si chiama swimrun. Non è un’unica disciplina, non è la sola somma algebrica di due sport come il nuoto e la corsa, o quantomeno non lo è nell’accezione tradizionale degli sport che devono essere incasellati in distanze da percorrere o da misure da realizzare. Lo swimrun è una voce fuori dal coro del multisport, è qualcosa che si avvicina all’aquathlon, ma che una volta approfondito capisci la sua nuova dimensione.
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Goliardia e spirito alcolico

«È la gara che si adatta al terreno, e non viceversa» ripete come un mantra Diego Novella, che dello swimrun è un po’ il profeta italiano, per aver partecipato più volte alla Ötillö come unico italiano, ovvero la gara che una decina d’anni fa nasce per scommessa tra un gruppo di amici nei dintorni di Stoccolma, caratterizzati dalla goliardia sportiva e dall’alto tasso alcolico. Ascoltando gli aneddoti sulla genesi della gara svedese, madre di tutte le prove di swimrun, si potrebbe pensare che tutto sia nato così: uno dice “vediamo il primo che arriva al punto x…” e l’altro risponde “sì ma saranno almeno 50 o 60 chilometri…” e l’altro ancora “…e in più ci saranno una ventina e più di laghi e isole da attraversare” e di nuovo il primo: “beh, che problema c’è?”.
Ecco, io credo che la genesi di certi progetti debba avere nei propri natali un po’ di alcool, perché altrimenti chi si metterebbe a nuotare nelle gelide acqua baltiche e correre su sterrati dove non c’è nemmeno un sentiero?
Ma poi alla fine le cose si fanno, e si costruiscono, come le attrezzature che sono consentite dagli organizzatori. Sì perché nel caso dello swimrun l’equipaggiamento è stato modificato, creato, rigenerato, sviluppato, adattato per rispondere alle esigenze di una prova multipla priva di zona cambio.

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Il nuoto: le regole

Nel nuoto, per esempio, è consentito l’uso delle palette che si utilizzano in piscina per potenziare braccia e spalle: io nel test che Diego ha organizzato in una cangiante domenica di aprile, ho usato le BioFuse di Speedo, taglia XL, che si sono rivelate eccessivamente grandi per la forza che ormai mi rimane negli arti superiori. «Magari la prossima uso quelle che ho nella borsa da vent’anni e non mi improvviso Michael Phelps…» penso mentre nuoto nelle gelide acque del Lago di Monate.

Nella borsa c’ho lasciato anche gli occhialini svedesi preferendo una maschera Rift, sempre di Speedo, ma in questo caso la scelta è assolutamente personale, perché in acque libere preferisco comfort e visibilità.

Che cos’è il pullbuoy

Terzo elemento è il pullbuoy, quel galleggiante da infilare tra le cosce che consente al corpo di restare sollevato e quindi di andare (sostanzialmente) più forte.
Qui, l’esperienza degli swimrunner emerge in tutta la sua forza: l’attrezzo viene bucato e “trapassato” con un elastico e nell’asola che ne deriva va infilata una gamba fino a metà coscia, così quando si corre si prende il pullbuoy lo si gira all’esterno del quadricipite, e quando si nuota lo si gira in mezzo alle gambe. «Furbi ‘sti qui dello suimran…!» ho sentito commentare durante il briefing.

 

La muta

Quarto e ultimo elemento, la muta: un capo che è una via di mezzo tra un modello da triathlon per consistenza del neoprene e una muta da surf per la morbidezza del materiale intorno a braccia e spalle. Il tutto tagliato all’altezza del ginocchio e con le mezze maniche; due grandi cerniere, una sul petto e una sulla schiena (da abbassare e aprire in caso di aumento della temperatura durante la corsa) completano la descrizione della muta, che non può essere considerato un accessorio, bensì un vero e proprio attrezzo.

“E’ possibile che l’acqua del lago di Monate sia piuttosto fredda, pertanto suggeriamo di indossare un capo intimo termico sotto la muta” diceva la mail di invito mandata da Alice dell’ufficio stampa ai giornalisti testatori. E il consiglio è stato quanto mai apprezzato, ancorché il più evoluto degli underwear poco può fare contro gli 11 gradi dell’acqua di quella mattina. Ripeto a chiare lettere: undici gradi!! Ma tant’è, si va avanti.

 

La corsa

Una volta conclusa la frazione di nuoto inizia la procedura per la modalità ‘run’: si spostano gli occhialini sulla fronte, si gira il pullbuoy sull’esterno della coscia, si sganciano le dita dalle palette lasciando quest’ultime a penzoloni su polsi, si clicca sul Garmin per tenere traccia del percorso e si inizia a correre. «Sì certo a correre, e con cosa?» …ma con le scarpe, diamine! Perché la particolarità dello swimrun è nuotare con le calzature indossate: di primo acchito potrebbe sembrare un problema, ma una volta provato, le scarpe nei piedi sono l’ultimo dei problemi.
Semmai le ‘pantofole’ devono essere scelte in base a due valutazioni: una tomaia leggera e traspirante che consenta la fuoriuscita veloce dell’acqua, e una suola che abbia un grip elevato poiché gran parte delle frazioni di corsa sono sterrati e strade bianche. Non se ne trovano molte in commercio con queste peculiarità, ma dalla Svezia (guarda caso…) sono giunte a noi un paio di Salming modello OT Comp, scarpe sviluppate per il mondo dell’orienteering (una vera religione in Scandinavia…) e che ha trovato una applicazione naturale nello swimrun.

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Dove andare a fare swimrun

E poi che altro serve? A questo punto serve aprire Calendar sul proprio smartphone e verificare che sabato 9 giugno non ci siano già impegni, perché a Stresa si tiene la SwimRun Cheers, l’unico evento che, per la speciale occasione, ha ottenuto di nuotare sul lago Maggiore e di attraversare correndo le esclusive Isole Borromee: un’occasione più unica che rara.
Sul sito www.swimruncheers.it ci sono tutte le informazioni che servono. E poi, dimenticavo, ancora una cosa: serve la voglia di mettersi in gioco in una prova che apparentemente sembra costellata di difficoltà, ma che poi si rivela divertente e intrigante.
E i test che Diego Novella e lo staff di SwimRun Cheers organizzano tutta l’estate sul lago di Monate, servono proprio per questo: convincersi che nuotare con le scarpe e correre con la muta, in fondo, è anche divertente.

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