Perché le code per le scarpe Lidl? Ma quanto valgono?

Scarpe Lidl a 12,99: il vero motivo delle code per comprarle

La notizia del giorno sono le scarpe Lidl a 12,99 che sono andate letteralmente a ruba. Code fuori dai punti vendita fin dal primo mattino, e corsa ad arraffare quante più paia possibile dagli scaffali. Le scarpe a 12,99 euro, ciabatte a 4,99 euro (gialle, rosse e blu quelle da donna, bianche e nere quelle da uomo), calzini in spugna con il logo Lidl a 2,99 euro e pure la t-shirt, sempre con il logo, a 4,99 euro (stessi colori delle ciabatte). E poi, come successo già in primavera nei paesi del Nord Europa, rieccole comparire online, su siti come E-Bay e Subito, a prezzi più che maggiorati, quasi folli. Per capirci: in primavera ci sono stati anche annunci a 6.000 euro, per un paio di scarpe da 12,99. in Italia siamo giò a qualche centinaia di euro. Follia? Be’, un po’ sì, quantomeno follia collettiva. Ma anche perfetta strategia di marketing. E conoscenza dei meccanismi culturali. Consapevole o meno che sia stata.
Diciamo subito una cosa: le scarpe Lidl a 12,99, con i loro colori giallo blu e rosso con la suolona bianca, sono belle. Non belle in senso assoluto ma belle almeno per questi tempi di rimuginamento culturale e stilistico. Tempi di recupero, riproposizione, rivisitazione di ciò che è già stato. Per chi c’era, o almeno ha studiato la storia, ricordano un po’ certi modelli anni Novanta, tipo le Fila 94, le Puma RX o le Reebok Pyro. Altra qualità e altro stile, ma il trend è quello delle reloaded sneakers, e almeno dal punto di vista estetico quelle di Lidl ci stanno dentro alla grande.
Poi c’è il marketing. Nell’epoca della distintività omologata, o dell’omologazione distintiva, nei consumi di massa non conta tanto il pezzo unico (quello conta nei consumi elitari) quanto il pezzo raro. E più o meno volutamente Lidl proprio questo ha fatto: ha reso le sue sneaker da 12,99 qualcosa di raro. Pochi pezzi, collezione one shot come molti altri prodotti dello stesso marchio, prendere o lasciare, nessun limite all’acquisto. Chi prima arriva più compra. È il meccanismo delle capsule collection, con in più la lezione di “Chaltron Hescon. Fenomenologia del cialtronismo contemporaneo” di Tommaso Labranca (libro del 1998 ormai purtroppo introvabile): Labranca parla di barocco brianzolo come di un fenomeno in cui i modelli alti, esclusivi, elitari diventano invece popolari se non di massa. Dalla American Express alla Fidaty Card, o per rimanere all’oggi dalla capsule collection di Dior alle scarpe del Lidl in edizione limitata. Le prime sono elitarie anche per prezzo, ma il meccanismo è quello dell’avere qualcosa che pochi, pochissimi hanno. Costoso o meno che sia. È l’esclusività popolare, specchio riflesso degli outlet e della popolarità esclusiva.
C’è un altro meccanismo culturalmente potente che può sembrare incomprensibile e che invece è proprio della street culture e dello streetwear: appropriarsi di marchi e loghi di massa, anche cheap, e portarli con stile e disinvoltura. In alto come in basso, dalle borse dell’Ikea di Balenciaga, quelle blu acquistabili alle casse e vendute a 2000 dollari, o le t-shirt DHL di Vetements venduta a 245 euro, al mix&match che vediamo ogni giorno nelle nostre strade. Anche qui, non c’è niente di nuovo, è la lezione della Pop Art: prendi un segno dei nostri tempi – un marchio, un logo, un oggetto riconoscibile – e lo svuoti di senso (o lo riempi di valore economico). Ma è anche Duchamp che firma un orinatoio: il pensiero che vale più dell’oggetto in sé. Il tutto gettato in pasto al frullatore dei social e degli influencer.
Alla fine cosa resterà di questa storia delle sneaker della Lidl a 12,99 euro? Sicuramente la gioia effimera di aver acquistato un prodotto di culto. Forse, probabilmente, poca consapevolezza sul suo valore, perché il valore di un paio di scarpe da 12,99 euro è 12,99 euro. Non di più. Sicuramente non centinaia di euro. E forse come consumatori consapevoli dovremmo puntare a prodotti durevoli, che resistono per anni, che non alimentano il fast fashion con tutto ciò che comporta anche dal punto di vista dei costi ambientali. Infine la lezione di questa bolla irrazionale, in cui delle scarpe da 12,99 euro vengono rivendute a centinaia se non migliaia di euro. E le bolle hanno sempre molto da insegnare sui tempi che si stanno vivendo. A partire dalla prima bolla speculativa di cui si abbia notizia nei libri di storia economica, quella dei bulbi di tulipani in Olanda: quando la domanda eccede l’offerta si possono raggiungere quotazioni folli di un bene (al tempo un bulbo costava più di una casa, e ad Amsterdam le case son sempre state care). Ma poi tutte le bolle si sgonfiano e c’è sempre qualcuno che rimane con il cerino in mano. O con un paio di scarpe da 12,99 euro ai piedi.

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