Surfare alla fine del mondo

Noi ve lo auguriamo con tutto il cuore, a tutti. Però intanto c’è chi l’ha già fatto, e scattando foto bellissime come quelle che vedete. Chris Burkard, ad appena 26 anni, è già un mito: ha già pubblicato due libri che non possono mancare nella casa di nessun surfista (“The California Surf Project” nel 2006 con Eric Soderquist e “Plight of the Torpedo People“), ma soprattutto ha passato gli ultimi 8 anni a surfare e fotografare nei posti più remoti e difficili del mondo.

La sua idea è semplice: i surfisti non sono solo fricchettoni coi capelli lunghi amanti del sole, della birra e delle ragazze giovani e belle, ma la dimostrazione che l’uomo è in grado di sopravvivere nelle peggiori condizioni climatiche e ambientali. E per confermare la sua idea si è spinto a surfare in Islanda e in altre regioni dell’Atlantico del nord dove è complicato transitare anche con una nave cargo.

E poi ama l’oceano, la sua grandezza in confronto alla piccolezza dell’uomo, le sue luci, i suoi paesaggi vivi, il suo essere senza tempo. Il suo essere, in qualche modo, fotogenico.

Questi 8 anni in giro a surfare gli sono serviti certo per diventare l’interprete visivo della comunità del surf e dell’outdoor in generale (non a caso è nello staff di Surfer Magazine), ma anche per scattare le foto che vedete qui sopra e trovate nel suo ultimo libro “Distant Shores: Surfing the Ends of the Earth” (in vendita a 39,95 dollari da Ammo – American Modern Books).

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