I Tajarin e i 40 tuorli: il rito d’oro che racconta l’anima selvaggia delle Langhe d’inverno

Il trekking invernale tra Serralunga e Monforte è una prova di forza tra marna e nebbia, dove i Tajarin sono l'unico carburante di recupero possibile (sono fatti con 40 uova)

Tajarin, Langhe

Il fango delle Langhe in pieno inverno non è una passeggiata ma una prova di forza per i polpacci e per la tenuta dei materiali. La vera sfida di questa stagione, infatti, non è il freddo ma la marna di Sant’Agata: un’argilla in grado di accumularsi sotto lo scarpone fino a cancellare i tacchetti della suola, trasformando l’esperienza in una gestione continua dell’equilibrio mentre la nebbia riduce il mondo a una manciata di metri.

Lo sanno bene i camminatori che affrontano i crinali tra Serralunga e Monforte, sfidando pendenze che non lasciano spazio a errori di ritmo. Per loro la ricompensa finale è un paesaggio essenziale, ma soprattutto un piatto di Tajarin perché riesce a rimettere in sesto le fibre muscolari sollecitate dal dislivello.

I 40 tuorli dei Tajarin

Se una comune pasta all’uovo utilizza circa 6 uova per chilo di farina, la ricetta tradizionale delle Langhe alza l’asticella a 40 tuorli, eliminando completamente l’acqua. Questa concentrazione estrema regala un sapore grasso, ferroso e avvolgente che esplode al palato con una potenza eccezionale. L’origine di questo piatto, infatti, va ricercata come soluzione energetica per i giorni di festa e per i periodi di massimo sforzo fisico nei campi.

E in inverno, quando le galline producevano meno ma il lavoro tra i filari per la potatura era brutale, concentrare le uova nella pasta era il modo più efficiente per stoccare proteine e grassi.

Tajarin del Piemonte

Oggi nelle osterie di cresta il Tajarin viene servito con condimenti studiati per saturare i sensi e ripristinare l’equilibrio termico del camminatore. La tradizione impone due strade tecniche. La prima è il burro d’alpeggio che avvolge la fibra nervosa della pasta esaltando il sapore primordiale dell’uovo e fornendo grassi a catena corta per un calore immediato.

La seconda, più estrema, è il “Comodino” (anche se molto più raro): un ragù di rigaglie, fegatini e cuori di pollame che richiama l’origine del piatto. Questo sugo non aggiunge solo sapore ematico e profondo, ma garantisce un boost di ferro e minerali essenziale per chi ha sfidato l’umidità delle vigne.

Trekking sui crinali del Barolo

Il tracciato tecnico che collega Serralunga d’Alba a Monforte d’Alba permette di attraversare il cuore geologico delle Langhe muovendosi tra vigne che in inverno richiedono un controllo millimetrico dei muscoli stabilizzatori. Ogni discesa sulla marna necessita di attenzione per evitare che lo strato argilloso faccia perdere aderenza ai tacchetti dello scarpone, rendendo la progressione un esercizio di concentrazione costante.

Parliamo perciò di un percorso non indicato per i neofiti, specialmente quando l’umidità trasforma le capezzagne in una trappola di argilla. Si parte dai piedi del Castello di Serralunga, dove il borgo medievale funge da baluardo contro il vento che risale dalla Valle Talloria. La prima sezione è una discesa brutale tra i filari della sottozona Lazzarito: qui la pendenza mette subito alla prova le ginocchia e la tenuta dei materiali.

Serralunga d'Alba in inverno

Una volta toccato il fondovalle, il tracciato impone una risalita verticale verso la frazione di Perno. È questo il punto critico dell’escursione a causa di un dislivello positivo di circa 200 metri concentrato in meno di un chilometro, punto in cui il terreno è marna pura. Superata la cresta, il paesaggio si apre su un anfiteatro di vigne spoglie che, nel silenzio della nebbia invernale, restituiscono la dimensione più cruda e autentica del territorio.

Traversata di cresta verso il borgo di Monforte

L’ultimo settore si sviluppa lungo la dorsale che porta verso il centro storico di Monforte d’Alba, che si caratterizza per una serie di strappi e brevi discese fino all’arrivo in paese quando le gambe, appesantite dal fango accumulato, trovano finalmente sollievo sui ciottoli dei vicoli che portano dritti alle stazioni di rifornimento.

Scheda Tecnica dell’Escursione

  • Itinerario: Serralunga d’Alba – Perno – Monforte d’Alba
  • Distanza: 14,5 km (andata e ritorno, ma ci si può fermare prima)
  • Dislivello positivo: +580 m
  • Terreno: marna argillosa (necessari scarponi con suola a tassellatura profonda)
  • Punto di ristoro consigliato: uno di quelli che potete leggere sotto, previa prenotazione (fondamentale nei weekend invernali).

Dove mangiare i migliori Tajarin nelle Langhe

Dopo aver scaricato i chilometri tra i filari, la scelta del punto di ristoro deve rispondere a criteri di autenticità e densità nutrizionale. Non tutti i Tajarin sono uguali: per l’escursionista serebbero più indicati quelli che rispettano il protocollo dei 40 tuorli senza concessioni alla cucina moderna.

Piatto di Tajarin al Tartufo

  • Trattoria Cocca (Serralunga d’Alba): situata proprio all’ombra del castello, è il punto di partenza o di arrivo ideale. Qui il Tajarin è presentato con il condimento tipico del ragù di carne cotto per ore, perfetto per ripristinare i livelli di ferro dopo la fatica.
  • La Repubblica di Perno (Monforte d’Alba): posizionata su un crinale strategico, questa osteria è celebre per il rigore con cui tratta la pasta all’uovo. Il sapore è intenso e la consistenza della sfoglia è pensata per chi cerca un pasto che dia sostanza.
  • Osteria dei Sognatori (Alba): per chi decide di allungare il trekking (o di usare l’auto) fino al fondovalle, questo è il rifugio definitivo. L’atmosfera è spartana, i tavoli sono in legno grezzo e i Tajarin vengono serviti con un burro d’alpeggio che profuma di pascoli alti.
  • Trattoria nelle Vigne (Diano d’Alba): un avamposto panoramico in cui la cucina segue i ritmi della terra. I loro Tajarin sono famosi per la sottigliezza del taglio, una scelta che massimizza la superficie di contatto con il condimento.

Foto Canva

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