La dura legge del drone

Drone, parola breve ma un po’ ingombrante. Fino a pochi anni fa i droni erano solo gli aerei senza pilota che facevano ricognizioni in Afghanistan, o che lanciavano missili in zone pericolose per i piloti. Poi la tecnologia è stata adottata dal mondo civile e chiunque ora può comprarsi un piccolo elicottero personale, da adattare a diversi usi.

Soprattutto lo hanno fatto le reti televisive: utilizzare un drone (o SAPR: Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto) fa risparmiare soldi rispetto al noleggio di un elicottero e permette di effettuare riprese immediate senza aspettarne l’arrivo; è quasi come andare in giro con uno smartphone e girare immagini al volo (letteralmente). Lo abbiamo visto nel caso della Costa Concordia o in molte alluvioni e in tragici disastri ambientali: le riprese aeree testimoniano immediatamente una situazione, oltre a essere spettacolari.

Così negli ultimi mesi anche i dilettanti e i filmaker low budget hanno approfittato della svolta tecnologica, specie quelli dediti ai video outdoor: entro certi limiti un drone ti risolve molti problemi logistici e produttivi, effettua voli davanti alle pareti da scalare, si infila nei canyon, sorvola le onde, scende giù dai picchi innevati.

Bene, tutto ciò sta per finire, o quasi. Dal 30 aprile entra in vigore il regolamento dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) sui mezzi aerei a pilotaggio remoto, che era in discussione da qualche mese. Se si tratta indubbiamente di un tema su cui era necessaria una regolamentazione, di fatto questa legge sta suscitando parecchie polemiche, con lamentele sia da parte del settore dei media (che si vede ostacolare una pratica ormai molto diffusa e apprezzata) che da quello dei produttori (in Italia si contano ormai circa 300 aziende legate a questo business).

Abbiamo spulciato il testo dell’ENAC e individuato alcuni punti salienti:

– esistono due categorie di droni: fino a 25 kg e oltre

– non tutti i SARP inferiori a 25 kg possono volare in ore diurne, ma solo quelli che rispondono a certi requisiti tecnici. Inoltre il pilota deve rimanere in continuo contatto visivo con l’aeromodello

– per pilotare un drone bisogna avere almeno 18 anni

– per manovrare i droni oltre i 25 kg è necessario essere abilitati con un permesso di volo o un certificato di navigabilità rilasciato dall’ENAC. Insomma una patente

– esistono due tipi di attività inquadrate nel regolamento sui Sarp. Critiche: quelle che prevedono il sorvolo di aree congestionate, assembramenti di persone, agglomerati urbani, autostrade, impianti industriali, stazioni e linee ferroviarie. Non Critiche: tutte le altre

– tutti i droni devono avere: targhetta di identificazione, manuale di volo, assicurazione sulla responsabilità verso terzi

– per usare un drone (ad esempio per riprese video) in quasi tutte le zone civili serve una autorizzazione dell’ENAC. Tradotto: mai più riprese immediate di un evento imprevisto

– anche in caso di riprese in proprietà private, se esse mettono a rischio l’incolumità delle persone, va presentata una documentazione all’ENAC relativa al modello di macchina utilizzata e alle attività che si intendono svolgere. Addio filmini dei figli che giocano a calcio nel giardino di casa

Infine, il Comma 18 dell’Articolo 8 riporta: “L’ENAC può prevedere procedure semplificate per i SAPR con massa massima al decollo minore o uguale a 2 kg”. Proprio qui sta il punto fondamentale: il regolamento riguarda soprattutto i droni utilizzati per scopi professionali, ad esempio rilevamento ambientale, monitoraggio cantieri, sopralluoghi tecnici e fotogiornalismo.

Ma la maggior parte dei droni ‘amatoriali’ sta sotto i 2 kg di peso, dunque le case e i videoamatori aspettavano maglie più larghe per questo genere di oggetti. Per ora invece il testo dell’Enac non specifica nulla, lasciando intendere che qualcosa verrà deciso, ma non si sa cosa né quando. E fino a quel momento, volante o nolante, vanno rispettate le norme di questo testo.

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