Salire alla diga di Alpe Gera in autunno è un rito da celebrare per sentire la forza della natura che incontra quella dell’ingegno umano e regala una sensazione di maestosa potenza che lascia senza fiato.
Ci sono luoghi dove la montagna e l’uomo quasi si guardano negli occhi, in un attimo silenzioso di forza e grandezza. Una sensazione che in luoghi come la diga di Alpe Gera, in alta Valmalenco, è possibile vivere e cogliere più che altrove.
Perché questo gigante di calcestruzzo a 2.128 metri di quota, incastonato tra le Alpi Retiche appare come una sorta di cattedrale tra prati e rocce. Un’opera mastodontica, capace di trattenere un lago immenso nel cuore della valle.
La sua muraglia, lunga oltre mezzo chilometro e alta quanto un grattacielo di cinquanta piani, racconta l’audacia di chi ha saputo plasmare la montagna senza profanarla. D’estate vedere la montagna che si specchia nelle acque turchesi è molto suggestivo ma è d’autunno, quando i larici si incendiano e i silenzi si fanno più profondi proprio come il colore di acqua che non sembra non avere un fondo, è qui che la diga mostra il suo volto più maestoso e spettacolare.
Come arrivare alla diga di Alpe Gera
L’ascesa parte da Lanzada, dove la strada si arrampica tra tornanti e boschi che odorano di resina e neve vicina. Lungo il percorso, il paesaggio cambia lentamente: le baite lasciano posto ai pascoli, i pascoli alle rocce, e l’aria si fa sottile, nitida, quasi cristallina. Raggiungere il bacino di Alpe Gera significa entrare in una dimensione sospesa, dove il rumore dell’acqua e il vento tra i pini sembrano scandire un ritmo antico.
Chi ama camminare può scegliere la via più dolce, seguendo l’asfalto che sale fino al coronamento, o quella più selvaggia, attraverso i sentieri che tagliano il bosco e costeggiano le cascate del torrente Lanterna. Ogni curva svela un quadro diverso: il giallo dei larici, il rosso del sottobosco, il grigio lucente delle rocce.
Camminare sul coronamento della diga toglie il fiato
Arrivati in cima, la vista è mozzafiato. Davanti agli occhi si apre il lago di Alpe Gera, una distesa d’acqua ferma e turchese, che riflette la diga come uno specchio d’acciaio. Sullo sfondo, i ghiacciai del Fellaria brillano di luce fredda, come lame sospese nel cielo.
Camminare sul coronamento — un percorso ampio e sicuro, sospeso a oltre duemila metri — è un’esperienza che lascia senza fiato: da una parte la calma del bacino, dall’altra il vuoto della valle, profondo e vertiginoso. Qui l’ingegneria si fonde con il paesaggio, e la sensazione è quella di camminare sul confine tra due mondi.
Gli itinerari nei pressi della diga Alpe Gera: che emozione percorrerli in autunno
Chi desidera proseguire può spingersi oltre, verso il Rifugio Bignami, raggiungibile in poco più di un’ora di cammino. Il sentiero sale tra rocce e conifere fino a un altopiano che sembra fuori dal tempo. Da lassù, il panorama abbraccia tutta la Valmalenco e i ghiacciai del Disgrazia, regalando una visione che ripaga ogni fatica. Anche una semplice passeggiata lungo le sponde del lago, immersi nei colori autunnali, diventa un viaggio interiore: il silenzio, interrotto solo dal richiamo delle marmotte e dal fruscio del vento, invita alla contemplazione.
Visitare la diga di Alpe Gera in autunno significa scoprire una bellezza che va oltre il paesaggio. È un luogo che unisce la potenza della natura alla grandezza dell’uomo, dove la luce del tramonto trasforma il calcestruzzo in oro e il lago in una lastra di vetro liquido. È un pellegrinaggio laico verso l’altitudine, un modo per sentire la vastità del mondo e la piccolezza felice di chi lo attraversa a piedi.
Chi ci arriva non dimentica il momento in cui, dopo l’ultimo tornante, appare il gigante. Sospeso tra le nuvole e la pietra, la diga di Alpe Gera non è solo un’opera d’ingegneria: è una cattedrale alpina che si specchia nell’autunno e custodisce, dietro il suo muro imponente, il battito segreto della montagna.
Come è stata costruita una delle dighe più alte e grandi d’Italia
Per capire l’imponenza di quest’opera, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo di settant’anni o poco più.Negli anni Cinquanta, la Valmalenco era ancora un territorio scolpito più dal ghiaccio che dalla presenza umana, ghiaccio che oggi quasi non c’è più. Purtroppo basta provare a salire sul vicino ghiacciaio Fellaria per rendersene conto. In ogni caso, qui nacque l’idea di realizzare una grande diga a gravità in calcestruzzo ai piedi del Pizzo Scalino. L’obiettivo era chiaro: sfruttare il potenziale idroelettrico delle acque di alta quota per alimentare l’espansione industriale lombarda del dopoguerra.
E se oggi può sembrare quasi normale, dobbiamo pensare che settant’anni fa si trattava di un progetto visionario, concepito quando arrivare fin quassù significava affrontare mulattiere, valanghe e condizioni estreme. Ma proprio per questo appariva irresistibile: la natura non offriva una sfida, la imponeva.
I lavori iniziarono ufficialmente nel 1958. Per raggiungere i 2.128 metri dell’invaso era necessario costruire strade nuove, teleferiche, ponti e tunnel. Ogni pezzo di ferro, ogni metro di armatura, ogni sacco di cemento doveva essere portato in quota tra bufere improvvise e inverni che duravano mesi.
Gli ingegneri sapevano di affrontare un terreno instabile, segnato da morene e pareti rocciose fragili. Ma non sapevano ancora quanto la montagna avrebbe risposto: frane, cedimenti, infiltrazioni d’acqua. Una lotta quotidiana tra l’uomo e le Alpi Retiche fino a quel 1964 quando il riempimento dell’invaso e il collaudo finale terminarono con successo e questo straordinario sistema idroelettrico dell’Alpe Gera entrò finalmente in funzione.
Così, oggi si staglia con la sua maestosa imponenza e ci regala uno spettacolo in grado di farci sentire piccoli e grandi allo stesso tempo.
Foto Valtellina
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