Tutti i film del Trento Film Festival 2022: il programma

film del Trento Film Festival 2022

Sono più di 120 i film del Trento Film Festival 2022 dal 29 aprile all’8 maggio: con 27 anteprime mondiali, 13 internazionali e 37 italiane, ben oltre metà del programma sarà composta da film mai visti prima in Italia.
Dopo due edizioni ibride, segnate dal successo oltre ogni previsione della programmazione online, il Trento Film Festival torna interamente al cinema, luogo ideale per celebrare il traguardo della 70^ edizione insieme al pubblico, e riassaporare il piacere della visione collettiva nelle condizioni che l’ambizioso programma di questo anniversario merita. Il Festival però non abbandona il fronte dello streaming, gli oltre 10mila utenti registrati sulla propria piattaforma e i circa 60mila spettatori online raggiunti durante l’edizione 2021: per loro e per tutti gli appassionati di cinema e montagna presto in arrivo altre novità.

Tutti i film del Trento Film Festival 2022

Sono più di 120 i film, tra lunghi e corti, in programma dal 29 aprile all’8 maggio: con 27 anteprime mondiali, 13 internazionali e 37 italiane, ben oltre metà del programma sarà composta da film mai visti prima in Italia. Tra questi molti arrivano a Trento direttamente dai maggiori festival: tra i documentari in Concorso, lo spettacolare La panthère des neiges ha debuttato a Cannes, dal Sundance arriva Fire of Love, uno dei film più chiacchierati del momento, dal CPH:DOX l’urgente Into the Ice e da Visions du Réel Adam Ondra: Pushing the Limits, su uno dei grandi protagonisti dell’arrampicata; ma lo stesso vale per i film narrativi, con l’apertura della sezione Anteprime A Piece of Sky dalla competizione dell’ultima Berlinale, e il film di chiusura Monte Verità dalla Piazza Grande di Locarno.

film del Trento Film Festival 2022

Nel programma speciale di questo decennale, le cui coordinate sono tracciate dalle scelte già annunciate di dedicare l’apertura all’anteprima assoluta del restauro di Italia K2, la sezione Destinazione… a una retrospettiva di fantascienza, e due omaggi alle figure di Mario Fantin e Luc Moullet, la tendenza è il ritorno “al presente” di suggestioni e immagini che riaffiorano dalla memoria del Festival e del cinema.

In Concorso, l’acclamato Fire of Love rivisita con sensibilità squisitamente contemporanea l’archivio filmato dei coniugi vulcanologi Katia e Maurice Krafft, The Taking intraprende una appassionante analisi attraverso il cinema dell’iconico paesaggio della Monument Valley, e sul fronte alpinistico The Sanctity of Space va alla scoperta dell’Alaska attraverso le pionieristiche foto aeree d’epoca di Brad Washburn.

Tracce di questo dialogo tra passato e presente, immagini e memoria, si trovano in tutta la selezione: la pellicola bianco e nero di Al amparo del cielo lo fa sembrare un epico travelogue anni ‘20, i super8 dei membri di una spedizione basca diventano l’anima di Mendiak 1976, come i filmati originali di After Antarctica ci fanno rivivere l’epopea di una spedizione polare.

Dai programmi speciali alla selezione degli oltre 700 film iscritti, questa 70. edizione si presenta quindi come spazio ideale di scoperta, riscoperta e rielaborazione delle immagini del cinema di montagna e avventura, e ne rivendica il valore e l’attualità: in tempi difficili come questi, ci ricordano quello che ci spinge più lontano, più in alto, e l’emozione che dona superare confini e paure. La selezione è a cura del responsabile del programma cinematografico Sergio Fant, e della commissione di selezione composta da Enrico Azzano, Eleonora Bosco, Gianluigi Bozza, Linda Cottino, Miro Forti, Andrea Frenguelli, Antonio Massena. Il programma con il calendario delle proiezioni è online su www.trentofestival.it .

Concorso internazionale Trento Film Festival 2022

Sono 15 i lunghi e 11 i medio e cortometraggi in competizione per i premi ufficiali, assegnati da una giuria internazionale composta da: i registi Michelangelo Frammartino, autore di Il buco, Premio Speciale della Giuria a Venezia nel 2021, e Illum Jacobi, esploratore e filmmaker danese, che a Trento ha presentato l’esordio The Trouble With Nature; la giornalista e critica cinematografica polacca, basata a Helsinki, Marta Bałaga; la giovane alpinista e himalaista di Andorra Estefania “Stefi” Troguet; il professore all’Università di Innsbruck Christian Quendler, responsabile del progetto di ricerca “Delocating Mountains: Cinematic Landscapes and the Alpine Model”.

Immancabili in Concorso alpinismo e arrampicata, con tre titoli: Adam Ondra: Pushing the Limits di Jan Šimánek e Petr Záruba, coproduzione della trentina Jump Cut, ritrae il grande climber ceco nella difficile, sportivamente e umanamente, preparazione alle Olimpiadi di Tokyo, dove l’arrampicata ha debuttato lo scorso anno; The Sanctity of Space, che Mescalito porterà nelle sale, è il nuovo lavoro di uno dei più noti operatori di montagna in attività, Renan Ozturk, che insieme a Freddie Wilkinson ci porta tra gli incontaminati paesaggi dell’Alaska per un’avventura ispirata dalle prime fotografie aeree di quei territori; The Last Mountain di Chris Terrill, che con materiale filmato durante decenni ricostruisce il percorso dello scalatore inglese Tom Ballard, dall’infanzia, alla morte della madre alpinista Alison Hargreaves sul K2, alla sua stessa fine nell’inverno 2019 sul famigerato Sperone Mummery del Nanga Parbat, insieme all’italiano Daniele Nardi, in una delle tragedie alpinistiche recenti più discusse e controverse.

Ritratti sono anche i due film italiani in competizione: Caveman di Tommaso Landucci, tra i documentari finalisti per i Nastri D’Argento 2022, sul folle e affascinante progetto dello scultore Filippo Dobrilla di una gigantesca opera celata negli abissi delle Alpi Apuane; e in anteprima mondiale Lassù di Bartolomeo Pampaloni, sul muratore siciliano Nino, che folgorato dalla fede si è ritirato sul Monte Gallo, vicino Palermo, trasformandosi in profeta e convertendo un vecchio osservatorio in tempio. Così come Akeji, le souffle de la montagne dei francesi Mélanie Schaan e Corentin Leconte, filmato nel Giappone più tradizionale e spirituale, protagonisti un anziano pittore e la moglie erborista, che vivono nel loro eremo in totale armonia con la natura; e l’attesissimo Fire of Love di Sara Dosa, stupefacente e poetico film d’avventura su una coppia di intrepidi vulcanologi, Katia e Maurice Krafft, realizzato interamente a partire dai loro filmati d’archivio e con la voce off dell’attrice e regista Miranda July, che all’ultimo Sundance ha suscitato recensioni entusiaste e un’asta tra le piattaforme di streaming per aggiudicarsene i diritti.

Come tradizione per un festival che guarda alla natura, protagonisti saranno anche gli animali: sia selvaggi, come in La panthère des neiges di Marie Amiguet, in anteprima italiana dopo il debutto fuori concorso a Cannes 2021, e prossimamente nelle sale grazie a Wanted, che ci porta sull’altopiano tibetano, uno degli ultimi santuari del mondo selvaggio, dove la ricerca del leggendario leopardo delle nevi si trasforma in celebrazione del pianeta; sia più familiari, come in Vedette di Claudine Bories e Patrice Chagnard, commovente storia e parabola di una mucca, un tempo regina degli alpeggi, ora vecchia e stanca, qui indimenticabile protagonista assoluta.

Dalle storie di straordinari protagonisti, a quelle di intere comunità: in Dark Red Forest Jin Huaqing sposa splendore visivo e indagine spirituale filmando un monastero su un altopiano innevato in Tibet, dove 20.000 monache buddiste vivono circondate da una natura aspra e isolate dal mondo; Gaucho Americano del cileno Nicolàs Molina racconta la vita dei suoi connazionali emigrati per lavorare in un ranch tra gli spettacolari paesaggi dell’Idaho, dove impareranno cosa significa essere stranieri; e nel pieno del paesaggio americano è girato anche Scenes from the Glittering World di Jared Jakins, sulla vita dei giovani nativi della Nazione Navajo: una commovente meditazione su adolescenza e identità.

Dal racconto di comunità arriveremo a quello di interi territori: a partire dalle Alpi, al centro dell’indagine dell’austriaco Robert Schabus in Alpenland, in anteprima internazionale, affascinante ricognizione di un paesaggio naturale ma anche spazio vitale per 13 milioni di persone in 8 paesi, il cui idillio porta in sé i semi della distruzione; il sorprendente e illuminante The Taking di Alexandre O. Philippe ci porterà nella Monument Valley, paesaggio iconico per eccellenza, oggetto di una stupefacente lezione su cinema, paesaggio e storia americana, realizzata usando solo sequenze di celebri film; per finire con la Groenlandia, teatro di Into the Ice di Lars Ostenfeld, avventura alla scoperta del segreto che il ghiaccio nasconde sul nostro futuro, con celebri glaciologi e immagini mozzafiato di un luogo che presto non sarà più come lo conosciamo.

Tra i cortometraggi che completano il programma del Concorso, due gli italiani in anteprima mondiale, entrambe riflessioni sulla montagna al tempo del Covid: Alpinestate di Michele Trentini, sul nostro rapporto mediato e artefatto con il paesaggio alpino e la natura, e Two Headed Mountain di Jacopo Marzi, sulle città di Breuil-Cervinia in Italia e Zermatt in Svizzera, tradizionalmente legate dagli sport invernali, divise dalla pandemia.

Anteprime xdel Trento Film Festival 2022

In seguito al già annunciato evento di apertura, venerdì 29 aprile al Teatro Sociale, con la prima mondiale del restauro di Italia K2 di Marcello Baldi, il lungometraggio che inaugura le serate al Supercinema Vittoria, sabato 30, è uno dei più ispirati e commoventi film di ambientazione montana visti negli ultimi anni, fresco di recensioni entusiaste e una menzione speciale al Concorso dell’ultima Berlinale: A Piece of Sky dello svizzero Michael Koch, ambientato in remoto villaggio di montagna, racconta l’amore tra Anna e Marco, messo a dura prova dal destino, e che lei cercherà di salvare ad ogni costo.

Tra tanti documentari, altri tre lungometraggi di fiction: la commedia Wild Men di Thomas Daneskov, già definito “il film danese dei Fratelli Coen”, in uscita a ottobre per I Wonder, sul comico tentativo di Martin di superare la più classica crisi di mezza età rifugiandosi sulle montagne, fino all’imprevisto incontro che farà naufragare il suo ridicolo piano; dal Sundance 2020 in anteprima europea The Mountains Are a Dream That Call to Me di Cedric Cheung-Lau, una gemma in cui le montagne del Nepal fanno da sfondo all’incontro tra il giovane Tukten, in partenza per migrare a Dubai, e Hannah, anziana impegnata in un trekking solitario; altra rivelazione, ma italiana e girata non lontano da Trento, nel bellunese, Altri cannibali di Francesco Sossai, miglior opera prima all’ultimo Black Nights di Tallin, sul piano che unisce due sconosciuti in una remota zona nelle Dolomiti, dove montagne come prigioni spingono a coltivare pensieri estremi.

Film di chiusura, sabato 7 maggio, Monte Verità di Stefan Jäger, che attraverso la vicenda di Hanna, giovane madre desiderosa di liberarsi dalle restrizioni della società dell’epoca, ci porta alla scoperta del progetto utopico e rivoluzionario della prima comune hippie al mondo, nei primi del ‘900 tra le valli del Ticino.

Proiezioni speciali

Particolarmente corposa in questa edizione la sezione dedicata a omaggi, riscoperte e proposte originali, di cui fanno parte i già annunciati programmi dedicati al regista, operatore, alpinista ed esploratore bolognese Mario Fantin, che partecipò al festival con ben 22 opere fin dalla prima edizione nel 1952, e a Luc Moullet , cineasta e critico cinematografico francese della generazione nouvelle vague, che torna a Trento per presentare una selezione dei suoi film “alpini”, dopo una prima visita al festival quasi sessant’anni fa e l’articolo che scrisse in quell’occasione sui celebri Cahiers du Cinéma.

Fantin torna protagonista anche in Il mondo in camera, documentario in anteprima mondiale di Mauro Bartoli, sulla storia mai raccontata del narratore di montagne e spedizioni estreme, autore di decine di film e migliaia di fotografie, che si tolse la vita nel 1980 nella sua casa a Bologna, trasformata in enorme archivio. Altro ritratto di un protagonista della storia del festival di Trento, anche questo in prima assoluta, è Il sergente dell’altopiano, la storia di Mario Rigoni Stern di Tommaso Brugin e Federico Massa, in cui la voce dello scrittore rievoca gli anni di guerra e di prigionia.

Altre figure di casa al festival in anni più recenti tornano in Un viaggio sulle Alpi di Roberta Bonazza, in cui l’antropologo Annibale Salsa e lo scrittore Marco Albino Ferrari ci conducono dialogando lungo l’arco alpino, e in Sarabanda a filo di cielo di Luca Bich e Gianluca Rossi, duetto all’ombra del Cervino tra il musicista Mario Brunello e l’alpinista Nives Meroi.

Due affascinanti opere ci invitano a guardare da prospettive inedite ai misteri della natura: dopo un ampio tour tra i festival internazionali arriva in Italia The Mushroom Speaks di Marion Neumann, che attraverso una intrigante esplorazione del mondo dei funghi si chiede se possano diventare ispirazione per un cambio radicale nel nostro rapporto col pianeta, e in prima assoluta Forests – Un’evocazione del collettivo artistico Mali Weil, favola filosofica per vedere e pensare diversamente le foreste, presenza costante nell’immaginario occidentale.

film del Trento Film Festival 2022

Tra le proposte che completano la sezione, da segnalare almeno l’omaggio al giurato del concorso Michelangelo Frammartino, con la proiezione del suo ultimo film Il buco, non ancora proiettato a Trento; il momento di solidarietà all’Ucraina e al suo popolo con l’impressionante This Rain Will Never Stop di Alina Gorlova, in collaborazione con Pordenone Docs Fest, che ha recentemente assegnato alla regista ucraina il premio Images of Courage 2022, e Mountain Lockdown di Luca Calzolari, ritratto della montagna durante il lockdown 2020: luogo vuoto, silenzioso, straniante, dove gli animali occupano lo spazio lasciato dall’uomo.

Terre alte

La sezione dedicata al presente e al futuro di territori e popoli di montagna presenta in questa 70^ edizione quattro lungometraggi documentari italiani, tre dei quali in anteprima assoluta: Avenâl di Anna Sandrini è girato nel paese di Cave del Predil, tra i boschi delle Alpi Giulie, oggi l’ombra del luogo di progresso e avanguardia che fu; con Leogra. Eredità di un paesaggio di Andrea Colbacchini si resta a Nord-Est, per tracciare l’evoluzione paesaggistica di una valle del Veneto pre-alpino; Repubblica Ossiura, la montagna anarchica di Giovanna Poldi Allai che ci porta invece nell’Appennino reggiano per raccontare una nuova scelta di stanzialità, radicata e radicale. Il quarto titolo italiano è Il contatto di Andrea Dalpian, che ha documentato in modo sorprendente il percorso di crescita in cattività di due giovani lupi, per porre domande inedite sul nostro rapporto con gli animali selvatici.

Gli altri lungometraggi di Terre alte, tutti in anteprima italiana, ci portano come spesso accade a Trento in angoli lontanissimi del pianeta: sulle Ande, con l’impressionante documentazione senza tempo di una transumanza estrema in Al amparo del cielo di Diego Acosta, e con il racconto di La pantalla andina di Carmina Balaguer sull’attività di un cinema itinerante in alcune delle scuole più alte e remote del pianeta; nel Caucaso senza pace tra tensioni e conflitti, con Water Has No Borders di Maradia Tsaava, su una gigantesca diga parte di un complesso idroelettrico diviso tra la Georgia e la provincia separatista dell’Abkhazia; dalla Corea arriva Burning Flower di Won Ho-yeon, emozionante ritratto di Seonnyu, anziana analfabeta che non ha mai lasciato la montagna dove abita e lavora, e decide di iniziare a studiare e tornare a vivere; e infine Dəne Yi’injetl – The Scattering of Man di Luke Gleeson, sulla devastante costruzione di una diga nella Columbia Britannica e le conseguenze subite dal popolo Tsay Keh Dene, di cui il regista fa parte, che abitava quest’area da tempo immemore.

Tra i corti che completano la proposta di Terre alte, quattro gli italiani: Il mio vicino è un orso di Mattia Cialoni, La lunga strada di Alessio Salvini, La signora di Zeri di Emilio Pallavicino, e La vera storia della partita di nascondino più grande al mondo di Paolo Bonfadini, Irene Cotroneo e Davide Morando.

Alp&ism

Si rinnova la proposta del meglio della produzione internazionale di alpinismo, arrampicata e avventura, nell’appuntamento italiano più ricco e originale per gli appassionati, con ben 14 tra lungo e mediometraggi e 11 corti, in gran parte in anteprima italiana, con personaggi come Reinhold Messner, Alex Txikon, Mick Fowler, Victor Saunders, Alex Lowe, Conrad Anker, Janja Garnbret, Stefan Glowacz, Cesare Maestri.

film del Trento Film Festival 2022

Non solo grandi imprese, ma memorabili vicende umane: come quella di Mendiak 1976 di Luis Arrieta Etxeberria, sulla spedizione in Pakistan nel 1976 di un gruppo di giovani baschi e sul loro salvataggio da parte di una cordata polacca, che creò un legame che dura ancora oggi; o il rapporto di amore/odio tra le due leggende dell’alpinismo britannico Mick Fowler e Victor Saunders, che in The Second Summit di Hugo Saunders si ritrovano per affrontare una vetta himalayana dopo aver superato il cancro, l’invecchiamento e una lite trentennale; o in Torn di Max Lowe su una delle più commoventi e incredibili vicende di fratellanza e alpinismo mai raccontate, protagonisti Alex Lowe, vittima nel 1999 di una valanga, e il suo compagno di cordata Conrad Anker, miracolosamente sopravvissuto all’incidente, che finì per innamorarsi della vedova di Lowe, e sposarla.

Immancabili i titoli che ci portano sul “tetto del mondo”: Everest Without Oxygen – The Ultimate Egotrip di Jesper Ærø denuncia l’ossessione irresponsabile di alcuni alpinisti per la performance e la visibilità attraverso la vicenda di Rasmus, determinato a diventare il primo danese a raggiungere la cima dell’Everest senza bombole d’ossigeno; The Icefall Doctor di Sean Burch mostra l’altra faccia dell’Everest, documentando il rischiosissimo lavoro degli Sherpa che si guadagnano da vivere mettendo in sicurezza il percorso lungo la cascata di ghiaccio del Khumbu, per garantire che gli alpinisti possano raggiungere la cima; mentre con Everest – By Those Who Were There 1921, 1922, 1924 di John Porter e Dominic Bush torneremo all’epoca dei primi pionieristici tentativi di salita alla vetta.

Tra le vette asiatiche ci portano anche Anwar di Rosa García Loire, sui viaggi e l’impegno nella solidarietà, tra Himalaya, Sierra Leone e Pakistan, del grande alpinista basco Alex Txikon; e Traditional Alpinism – Experiences Cannot Be Inherited di Simon Messner, che racconta un trekking intorno agli 8.125 metri del Nanga Parbat con il padre Reinhold, ricordando la spedizione del 1970 in cui perse la vita suo zio Günther.

Il viaggio tra le montagne del pianeta prosegue con le Ande di Achachilas di Juan Gabriel Estellano, su un alpinista professionista cresciuto sognando di scalare quelle montagne che però sono viste come divinità dalla sua cultura nativa; scenderemo lungo pareti ripidissime e innevate in La Liste: Everything or Nothing di Eric Crosland, imperdibile per gli appassionati di sci e sport estremi, sulle spettacolari imprese di Jérémie Heitz e Sam Anthamatten, scialpinisti e amici fraterni; e infine le amate Alpi, scalate e raccontate con entusiasmo da Cedric Lachat in Swissway to Heaven di Guillaume Broust, e attraversate in bicicletta lungo sentieri impervi per raggiungere vie iconiche, come in Wallride di Tom Dauer, con Stefan Glowacz e Philipp Hans.

Tra tanti protagonisti maschili, spazio anche per l’alpinismo e l’arrampicata al femminile, a partire dall’attesa prima italiana del lungometraggio The Wall – Climb for Gold di Nick Hardie, coinvolgente ritratto di quattro fortissime arrampicatrici, tra cui la campionessa slovena Janja Garnbret, durante il difficile percorso per guadagnarsi un posto alle olimpiadi di Tokyo. Altri documentari mettono a fuoco riflessioni inedite grazie all’esperienza e al punto di vista femminile: in Not Alone Mosher Heather racconta il difficile percorso psicologico della guida alpina Sarah Hueniken, dalla morte di un’amica sotto una valanga al tentativo di riconciliarsi con la montagna; in The Traverse Ben Tibbetts e Jake Holland registrano non solo il tentativo di Valentine Fabre e Hillary Gerardi di essere le prime donne a percorrere con gli sci la Haute Route non-stop da Chamonix a Zermatt, ma anche le loro riflessioni su limiti e superamento dei ruoli di genere in montagna; questione che come testimonia A Woman’s Place di Menna Wakeford, celebrando con leggerezza i 100 anni del primo club di arrampicata femminile britannico, riguarda non solo lo sport di élite ma anche la pratica amatoriale.

Per celebrare anche l’avventura e l’esplorazione, spazio a uno dei più riusciti film del genere degli ultimi anni: After Antarctica di Tasha Van Zandt rievoca, attraverso splendidi filmati originali, la prima epica traversata del Polo Sud non assistita da mezzi meccanici, compiuta nel 1989–90 da sei esploratori di paesi diversi, in uno spirito di collaborazione e fratellanza globale difficile da immaginare oggi, che rivive nelle parole e nei ricordi del leggendario esploratore polare Will Steger, oggi impegnato in importanti progetti sul tema del cambiamento climatico.

Tra i cortometraggi che completano la selezione di Alp&ism, quattro gli italiani: Gioja22 di Stefano De Felici, Voglio che stai bene di Caterina Cozzio e Thomas Lattuada, S’avanzada di Francesco Palomba e Storie di montagna – Cesare e Luciano di Giorgio Salomon, con un’intervista a Cesare Maestri.

MUSE.DOC

Assecondando l’evoluzione degli ambiti di ricerca e di attività scientifica e didattica del MUSE – Museo delle Scienze di Trento, la sezione del Festival in collaborazione con la prestigiosa istituzione si orienta al racconto dell’Antropocene: la più grande transizione socio-ecologica nella storia del pianeta Terra.

film del Trento Film Festival 2022

Tre i documentari in programma, di respiro cinematografico e capaci di parlare al pubblico più giovane: in Animal di Cyril Dion i sedicenni Bella e Vipulan, parte di una generazione convinta che il loro futuro sia in pericolo, intraprendono un viaggio straordinario alla scoperta del nostro rapporto con il mondo vivente; Bigger Than Us di Flore Vasseur, distribuito al cinema da Valmyn, racconta la battaglia della diciottenne Melati contro l’inquinamento da plastica che sta devastando l’Indonesia, e quella di una generazione di adolescenti e giovani adulti per il pianeta e il clima; mentre Marc Bauder, ampliando ulteriormente lo spettro, si chiede in Who We Were, prossimamente nelle sale grazie a Wanted, cosa penseranno di noi le generazioni future, e osserva lo stato attuale del mondo con l’aiuto di sei intellettuali e scienziati che riflettono sul presente e ragionano sul futuro.

Per la prima volta il percorso di MUSE.DOC all’interno del Trento Film Festival non si esaurisce però nei film della sezione: il “bollino” MUSE.DOC+ indicherà infatti gli altri titoli, trasversalmente al programma, che rimandano più o meno direttamente all’Antropocene, e contribuiscono alla riflessione sul tema.

Orizzonti vicini

È la sezione dedicata agli autori, alle produzioni e ai protagonisti dalla regione Trentino-Alto Adige, presenta in questa edizione 4 tra lungo e mediometraggi e 7 opere brevi.

I primi sono I ribelli del cibo. Storie di piccoli produttori dell’Alto Adige di Paolo Casalis, La frequentazione dell’orso di Federico Betta, sul rapporto uomo-orso in Trentino tra storia e presente, Una città di carta di Guido Laino su una piccola comunità del Tesino andata per il mondo a cercare fortuna, e Inedita di Katia Bernardi, sorprendente ritratto della scrittrice Susanna Tamaro, già presentato alla Festa del Cinema di Roma e qui alla prima proiezione nella città della regista.

I cortometraggi di Orizzonti vicini spaziano tra temi come la gestione del territorio, la cultura locale, la ricerca scientifica e la sperimentazione autobiografica, e sono: Across emptiness di Luca Albrisi, Astra, un cinema fatto in casa di Andrea Tombini, Il vuoto nel ghiaccio di Christian Casarotto e Andrea Lona, La voia de cantar di Katia Bernardi, Lift off di Christian Korsager, Ora sono diventata foresta di Irene Dorigotti e Vaia, la lunga notte. Testimonianze di Stefano D’Amadio.

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