La convivenza tra ciclisti e automobilisti? È una questione di comportamento di branco

Per quante modifiche al Codice della Strada si vogliano fare, in Italia la convivenza tra ciclisti e automobilisti al momento è soprattutto una questione di comportamento di branco e culturale.

La convivenza tra ciclisti e automobilisti? È una questione di comportamento di branco

Con il disegno di legge per la revisione del Codice della strada approvato in Consiglio dei Ministri il 27 giugno 2023 dovrebbero arrivare alcune modifiche al Codice della Strada che riguardano l’attualmente difficile convivenza tra ciclisti e automobilisti sulle nostre strade. Ma se mai novità come le strade urbane ciclabili, le zone di attestamento, le zone e corsie ciclabili nonché la distanza di sicurezza nel sorpasso dei velocipedi dovessero diventare legge, non è automatico che diventeranno mai comportamento effettivo e diffuso. Perché la cosa che è evidente a chiunque vada in giro in bici è che la convivenza tra ciclisti e automobilisti è una questione di comportamento di branco.

La convivenza tra ciclisti e automobilisti è una questione di comportamento di branco

Ora io non ho pedalato proprio proprio in tutto il mondo, però, in qualche paese estero sì.
Ho pedalato per esempio in Austria, dove i ciclisti sono sacri come Mozart, le sue palle di cioccolato e anche il bel Danubio Blu.
Ho pedalato in Francia, dove i ciclisti sono sacri come la trinità illuministica Liberté, égalité, fraternité.
Ho pedalato in Germania, dove l’attenzione ai ciclisti è tale per cui, se così non fosse, ci sarebbe subito una nuova Norimberga.
Ho pedalato in Olanda, dove probabilmente ci sono più biciclette che automobili e quindi il rispetto dei ciclisti è qualcosa che va da sé.
Ho pedalato anche in Ungheria, dove i ciclisti sono sacri come il Gulash e come Attila e gli automobilisti anticipano anche le distrazioni dei turisti in maniera commovente.
Ho pedalato perfino a New York, dove ti aspetteresti che tutti siano talmente di fretta da travolgere i ciclisti come birili del bowling e in realtà sulle bikelane ormai diffuse tra Manhattan e gli altri borough della Grande Mela c’è molto più rispetto di quello che c’è a Milano.

Per dire per esempio dei francesi:

E poi, appunto, pedalo in Italia, in città come fuori città, e la differenza rispetto a questi esempi virtuosi è plastica, sostanziale, evidente. Come sa chiunque abbia provato almeno una volta ad andare in bici. E io vivo e pedalo esattamente tra dove Wout van Aert ha detto di aver fatto il peggior allenamento dell’anno e dove Davide Cassani ha detto di aver fatto una tranquilla pedalata di terrore.

Il giro su Strava di Wout van Aer

Wout van Aert convivenza ciclisti automobilisti

La notizia del post social di Davide Cassani sulla sua pedalata in Brianza nel 2019

Davide Cassani Brianza

Quindi insomma un po’ il callo a fare estrema attenzione nel traffico dovrei averlo

Ciclisti merde

A me la differenza tra pedalare sulle nostre strade e farlo all’estero è diventata evidente in tutta la sua plasticità la scorsa domenica mentre salivo in bicicletta, da solo, da Cortina al Passo Falzarego.
Ora, il Passo Falzarego è sia una magnifica strada di montagna, una delle più panoramiche del mondo, che un passo mitico delle tappe dolomitiche del Giro d’Italia. Ed è quindi inevitabile cercare una convivenza tra ciclisti e automobilisti.

La convivenza tra ciclisti e automobilisti? È una questione di comportamento di branco

E però proprio prima di arrivare alla spianata, sulla destra, c’è un cartello sul Museo all’Aperto della Grande Guerra su cui qualcuno ha scritto CICLISTI MERDE. Non una ma ben due volte l’ha scritto aggiungendo anche CICLISTI NO casomai ci fosse qualche dubbio. Ma tu che sei salito in bici l’hai già capito.

Perché il gruppone di motociclisti austriaci che sta scendendo a tuono avendo scambiato la strada per un circuito, quando supera un altro veicolo ti punta direttamente, fregandosene di mantenere la distanza minima da te che stai pedalando in salita. E vederseli arrivare davanti quando stai pedalando in salita non è rassicurante.

Anche il tedesco col SUV da dieselgate, se deve fare il tornante, non aspetta che lo faccia prima tu in bicicletta, lo fa e poi ti stringe, costringendoti a mettere i piedi a terra.

Il francese col Minivan camperato e tutta la famiglia al seguito? Nella Loira manterrebbe almeno 1 metro e mezzo di distanza in fase di sorpasso ma essendo su una strada italiana ti fa il pelo e contropelo fin quasi a spazzolarti le orecchie con lo specchietto.

E così fan tutti perché è un comportamento imitativo, lo stesso per cui se stai guidando in Svizzera e ti avvicini anche solo lontanamente al limite di velocità trovi subito un elvetico zelante che ti si piazza davanti segnalandoti che ti stai comportando male, ma non appena passano il confine di Brogeda si mettono in terza corsia e cominciano a sfanalarti se non vai almeno a 160 km/h. Esattamente come facciamo noi nel nostro Paese e non facciamo quando andiamo all’estero.

E non è neanche una questione di comportamento di gregge, perché il comportamento di gregge, da definizione, sarebbe finalizzato a minimizzare il pericolo dell’individuo per una questione di sopravvivenza collettiva, mentre nella relazione automobilisti-ciclisti è proprio una questione di comportamento di branco.

Perché se l’aria che tira è quella del cartello CICLISTI MERDE, anche chi nel proprio paese rispetterebbe rigorosamente e religiosamente i ciclisti, quando arriva in Italia e vede il branco italiano comportarsi con poco rispetto per i ciclisti, si adegua. Perché è così che funzionano le cose del mondo, ed è così che funzionano i comportamenti umani.

Photo by Noralí Nayla on Unsplash

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