Quando l’ho scoperta, molti anni fa, l’autore si faceva ancora chiamare Cat Stevens. Oggi se vuoi sentire Father and Son da Spotify dovresti digitare Yusuf, perché il cantautore britannico, nel frattempo, ha cambiato nome dopo aver abbracciato la fede mussulmana. Pare che ai concerti si rifiuti di cantarla perché ormai è stanco e nauseato. Se leggo il testo di quella splendida melodia, ci trovo tutto il conflitto generazionale tra un padre e il figlio: i due si confrontano in un momento difficile, entrambi stanno vivendo il cambiamento, e la speranza è tra le note di quella melodia.
Father and Son di corsa
Chi tra i lettori di queste righe ha un figlio, sa esattamente cosa intendiamo dire, perché se fisiologicamente le strade tendono a dividersi, poi, quasi per magia, i tracciati della più parte dei padri e dei figli tornano a incrociarsi.
Ed è quello che è successo a noi, a me e al Tommy, all’anagrafe Tommaso. Classe 1999, quasi due metri di pertica, liceo artistico, poi tre anni di scuola per diventare game designer e il primo lavoro a Cesena: sviluppa videogiochi su smartphone per boomer come suo padre. A volte mi gira dei link per testare dei giochi che sta sviluppando. Che carino.
Un giorno però mi gira un link che era tutto meno che un gioco: la maratona di New York.
La mia ultima maratona, la sua prima
Ci penso un po’ e dico: «Ok si fa» e aggiungo «… sarà la mia ultima maratona, sarà la tua prima». Un ideale passaggio del testimone.
E così inizia la preparazione a distanza, lui in Romagna, io nelle Orobie. Un paio di corsette insieme quando il figliol prodigo torna a casa, ritagliando un’oretta tra tutti gli appuntamenti con gli amici, perché la maratona sarà anche bella, ma una birra con gli amici di più.
Poi, eccola lì la gara intermedia della nostra preparazione per la Grande Mela.
Padre e figlio di corsa: verso la Maratona di NY con sosta in Romagna
È domenica mattina di un weekend a metà settembre. Siamo a Cesena in Piazza del Popolo, lo speaker della Mezza Maratona Alzheimer lancia il count down: tra meno di due ore saremo a Cesenatico dopo 21 chilometri di corsa. Al mio fianco c’è il Tommy nella sua maglietta verde acido che fa stretching, riscaldamento e soffia. Sente la gara? Mah.
Pronti via, si parte. Il gruppo, come in tutte le gare, si allunga e dopo pochi chilometri inizi a ingarellarti con quelli della tua andatura. L’uscita dal centro abitato ci porta sulla ciclabile che porta al mare: faranno la stessa strada anche chi partecipa alla non competitiva e alla camminata di pochi chilometri. In totale 6mila anime che corrono. Un evento articolato, per raccogliere fondi per una causa giusta: l’Alzheimer è una patologia devastante e ogni centesimo speso per la ricerca contro questo male, credo che sia una goccia d’oro.
Pesche, lambrusco e fiato corto
Corriamo e la temperatura sale mentre attraversiamo strade in mezzo a campi e terreni coltivati, tra frutteti di pesche e qualche filare di Lambrusco. Il pubblico non c’è, non siamo a Central Park. Il pubblico siamo noi.
I ristori sono disseminati lungo il tracciato, acqua e CocaCola, qualche fetta di limone e zollette di zucchero. Beviamo e beviamo ancora. Il ragazzo sembra tenere bene, nonostante le partite di baseball della vigilia e, aggiungo io, della cena a base di tagliatelle al ragù della sera prima.
I nostri silenzi ci incoraggiano a vicenda, il nostro fiato corto mette a dura prova polmoni e gambe, i dolori alle ginocchia inneggiano alla tregua armata.
L’abbraccio al traguardo
Ed eccolo lì, sulla sinistra, che si staglia nel cielo di Cesenatico in tutto il suo surreale skyline: il grattacielo di Cesenatico. Ci siamo. No, mancano oltre 6 chilometri e la stanchezza si fa sentire. Quando entriamo nel centro abitato, il giovane Bikila delle Orobie saluta la mia compagnia e si invola verso il traguardo.
Giusto così, del resto lo cantava anche Cat Stevens:
I was once like you are now / And I know that it’s not easy / To be calm when you’ve found / Something going on
Traduzione da Google:
Una volta ero come sei tu ora / E so che non è facile / Rimanere calmi quando hai trovato / Qualcosa che va
Sotto il gonfiabile giallo del traguardo mi aspetta: erano anni che non ci abbracciavamo così forte.
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