C’è un momento in cui qualcosa chiama, con urgenza. Non è fuga, né corsa: è una partenza.
Si lasciano certezze, abitudini, legami, la lingua materna e perfino l’identità, per sintonizzarsi su una nuova frequenza, come una vecchia radio in cerca di un segnale.
Il primo Cammino
Quasi vent’anni fa ho intrapreso il mio primo Cammino di Santiago. È stato impegnativo e irregolare, punteggiato da salite, sentieri sassosi e una fatica che sembrava non finire mai. Senza che me ne rendessi pienamente conto, mi ha attraversato come una scossa elettrica. Da giovani e inesperti, si affronta tutto con una sorta di fiducia incosciente. A un certo punto non sei più tu a percorrere il sentiero, è il sentiero che si insinua dentro di te. Non ho seguito esattamente la via canonica, perché ogni viandante ha la libertà di decidere dove dormire, cosa vedere, con chi parlare, cosa portare con sé — e, soprattutto, cosa lasciare andare.
Lungo questa via, intrisa di mistero e quiete, incontri persone che nella vita quotidiana penseresti lontane anni luce. E tra un villaggio e l’altro, segnati dallo stesso sudore, ci si scopre uguali e fratelli. Alcuni legami si imprimono nell’anima, come se fossero stati tracciati dalla mano del destino. Durante il mio soggiorno a Roncesvalles, ho conosciuto in albergo una donna ormai in pensione.
Era una figura carismatica e colta, una di quelle straniere che lasciano il segno. Parlava un italiano impeccabile. Mi ha raccontato che alcuni suoi ex colleghi le avevano proposto di unirsi a loro per percorrere gli ultimi 100 chilometri, ma dopo un’attenta riflessione ha deciso di affrontare l’intero percorso da sola. Pur non essendo portata per l’attività fisica – trascurata per anni da un lavoro che assorbiva ogni energia – ha scelto quel periodo come un gesto di riscatto spirituale. Le ho proposto di unirsi a noi: eravamo tutte alle prime armi. La sua risposta è stata un deciso “no”, poi ha aggiunto: «Se avrai fiducia, le nostre strade si rincontreranno». E così è stato. Non l’ho più rivista, finché, mentre ci avvicinavamo a Santiago, ho sentito risuonare alle mie spalle: “Silvana”. Al voltarmi, c’era lei. L’abbraccio stretto e le lacrime che ci hanno solcato il volto sono stati tra i momenti più intensi e commoventi di tutto il mio pellegrinaggio.
LEGGI ANCHE
- Cammino di Santiago in 10 giorni sulla via Inglese da Ferrol
- Cammino di Santiago in 15 giorni, da dove partire e che tappe fare
- Cammino di Santiago: da dove partire
- Cammino di Santiago: 10 consigli pratici
- I primi 10 passi del Cammino di Santiago
Gli incontri in cammino
Insieme alla mia amica per ‘la pelle’, che si era avvicinata a me per caso su una nave mentre io cantavo, ci siamo lanciate nel suo sogno: partire proprio dai Pirenei e completare tutti gli 800 chilometri. È stata lei a trascinarmi, scegliendo una sfida imperfetta, disegnata più dal cuore che dalla mappa. All’epoca, non c’erano ancora i telefoni intelligenti a indicarci ogni paesino. Abbiamo sbagliato strada, ci siamo fermate quando il corpo lo chiedeva, ci siamo perse, forse apposta. Perché a volte le giornate non programmate e improvvisate sono le migliori. Il Cammino ci ha accolte con la sua semplicità: paesaggi che incantano, una gastronomia e un’arte antica che si intrecciano ad ogni punto, e leggende che si raccontano da sole. Ci sono anche lezioni pratiche che ho imparato a mie spese e che oggi sento di poter condividere: portare solo l’essenziale, usare scarpe già vissute (le mie erano nuove e non waterproof, ma almeno avevo preso una misura in più) e conoscere i propri limiti.
Sul Cammino, il tempo si dilata. Non esistono orari. Il passo prende un ritmo tutto suo, naturale, interiore. Chi prova a forzarlo, ne perde l’essenza. Osservi un fiore che si schiude al sole, un tramonto infuocato, un campo mosso dalla brezza, un bosco che vibra, il fruscio delle foglie, l’ombra lunga di un albero, il mormorio dell’acqua, il volo di un uccello o il passo di una mucca nel prato. Sono piccole magie, sfuggenti nella routine, che spesso non riusciamo a vedere con la stessa intensità, ma che ci ricordano la bellezza nascosta nei dettagli più essenziali.
Molti mi chiedono se si sia mai davvero soli o se certe esperienze siano più autentiche in solitudine. Alla fine, si è soli solo se lo si sceglie. Con questa donna del Nord, così diversa da me, ho vissuto qualcosa di inspiegabile: nonostante le differenze, abbiamo condiviso quasi due mesi senza perdere la nostra individualità, rispettando spazi e intimità, senza bisogno di spiegazioni.
Ho mangiato con sconosciuti, dormito — seppur raramente — in camerate affollate e rumorose, solo per assaporare quella situazione collettiva. Ho trascorso qualche notte in tenda, e in case di persone del posto, ascoltando storie e aneddoti raccontati in mille lingue, ognuna con un frammento di mondo da offrire. E poi c’era lui: il peso assassino dello zaino. A dire il vero, avevo portato troppo — errore comune — ma un buon consiglio è di non superare mai i 7-8 chili. A un certo punto, però, diventa il tuo compagno più fedele, quasi un’estensione di te stesso. Sempre lì, sulle spalle, ti conosce meglio di chiunque altro. Non ti lascia mai solo. A quel peso si aggiunge quello, indispensabile, della bottiglia d’acqua. Ho camminato sotto la pioggia e contro un vento così forte da volermi riportare indietro. Quando ogni fibra del corpo ti chiede di fermarti, e il dolore — in tutte le sue forme — arriva uno dopo l’altro. Siamo state circondate da cani randagi, e la paura si è fatta sentire davvero. Quando sono arrivata in Plaza do Obradoiro, davanti alla Cattedrale, non ho sentito un “fine”. Piuttosto, un’apertura. Al ritorno, non ero più la stessa. Non ho trovato tutte le risposte, eppure, con il tempo, alcune sono arrivate.
> Iscriviti alla nostra newsletter compilando il form qui sotto!
Spoiler: ne mandiamo poche, ma buone
Il libro: Il Cammino di Santiago (a modo mio)
Nel periodo del Covid ho sentito il bisogno di ascoltarmi davvero. Curiosamente, è stato il ritrovamento del mio vecchio taccuino a riportare la scrittura in superficie: una sorta di messaggio in bottiglia, lasciato da una me stessa di ieri. Da lì ha preso forma il mio libro “Il Cammino di Santiago (a modo mio)”, disponibile su Amazon anche in edizione spagnola e francese.
👉 Il Cammino di Santiago (a modo mio) : Di Liberto, Silvana – Amazon.it
Nei 39 capitoli, il filo conduttore sono le anime incrociate lungo ogni tratto: pellegrini di ogni età, provenienza e condizione sociale, uniti dal desiderio di ricerca e scoperta. Sono quei volti, quelle amicizie a dare il vero senso del viaggio. Senza di loro, tutto questo non avrebbe avuto lo stesso significato. Con alcuni ho diviso lo sforzo; con altri, la leggerezza di un sorriso inatteso. Alcuni, con poche parole, hanno lasciato segni: un consiglio sussurrato da un anziano, un panino a metà, uno sguardo gentile in un momento difficile offerto da un locale, una frase che — proprio in quell’istante — è risuonata come un lampo di felicità. Il Cammino insegna che l’essenziale accade nell’invisibile: nelle pause, nei dettagli, nelle coincidenze che coincidono troppo per essere casuali. E così, tra terra e cielo, è nata una narrazione personale, ma anche universale.
La via della Plata
Dal 20 settembre inizierò la Via de la Plata, un millenario cammino verso Santiago de Compostela. Oltre 48 tappe e 53 giorni da Siviglia alla Galizia, con arrivo previsto il 12 novembre. Questo progetto è possibile grazie a Conca d’Oro Viaggi, agenzia palermitana che ha creduto in me, e ad altri sostenitori che mi accompagneranno idealmente con i loro loghi sulle mie magliette. Dopo 14 anni vissuti a Barcellona, e i 5 anni in un borgo andaluso che porto ancora nel cuore, tornare lì ha il sapore di un vero ritorno alle origini. L’idea è nata insieme a un’amica spagnola conosciuta grazie al mio libro: volevamo condividere chilometri, pensieri e rivelazioni. Ma un problema di salute l’ha costretta a fermarsi.
Allora le ho promesso che avrei proseguito anche senza di lei. Non so se ci rivedremo o se questo resterà soltanto un ricordo; so però che ogni passo sarà anche il suo. Alla fine, partirò da sola — o almeno, mi sto preparando a farlo. Juan, il presidente dell’Associazione Amigos del Camino de Santiago de Sevilla – Vía de la Plata, mi ha rassicurata: non sarò davvero sola. Il 17 di settembre mi consegneranno la credenziale, che mi permetterà di pernottare negli albergue per pellegrini, più economici rispetto alle strutture private. Sento che ogni fase sarà un dialogo con il passato, un’apertura fiduciosa al presente e un nuovo libro che nascerà nel futuro. Al mio ritorno vi racconterò tutto — proprio qui, su Sportoutdoor24, che ringrazio per la fiducia.
Ultreia et Suseia!
©RIPRODUZIONE RISERVATA