Dossier Centri Fitness 1: Task Force & Crisis Management

Dossier Centri Fitness 1: Task Force & Crisis Management

Il contesto è fluido: nuovi brand palestra che si affacciano, cessioni di asset da un lato e acquisizioni dall’altro. E poi novità provenienti dall’esterno, con investitori che senza polvere fitnessista addosso arriveranno e saranno più che graditi per il riposizionamento degli attori e per rinfrescare un po’ il mercato. Se il centro di tutto ora è il prezzo al ribasso, c’è da rivedere qualcosa sulla percezione del fitness-cliente rispetto al valore del fitness-servizio. L’ingresso nel mercato italiano dell’offerta di sport da parte di grandi catene, anni fa, ha prodotto la fluttuazione dei ricavi di molti complessi fitness. L’approccio commerciale “All you can fitness” nostrano e internazionale ha via via eroso i guadagni ottenuti a fatica da società fitness-sportive che non hanno più potuto né saputo riposizionarsi.

Da “All you can fitness” all’erosione dei guadagni

Già nel pre-covid, linea di demarcazione riconosciuta come storica tra il fitness-prima e il fitness-dopo, alcuni punti sport, per desiderio sacrosanto di sopravvivenza, avevano preso in considerazione il passaggio da società tradizionale a società sportiva: producendo meno utili ci si poneva come obiettivo minimo un onesto pareggio di bilancio. Tale fase di compressione dei margini, protrattasi a chiusura 2025 e non ancor risolta, è diventata un meccanismo incagliato da prendere in mano con strutture direzionali fatte da senior manager che nessun punto sport&fitness può permettersi di avere stabilmente. Perché non vi sono più risorse economiche da destinarvi.

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Perciò si va sul junior direzionale, pronto tecnicamente ma impreparato alle battaglie. Perchè battaglie da “Forza e Onore”, adesso, sono in atto: una squadra non seguirà mai un condottiero che non ha navigato nelle tempeste. Ma lasciamo stare il fitness come distretto industriale, come focus. Resta la necessità di instant manager esperti nelle crisi, perché il campo d’azione, manufatturiero o dei servizi che sia, non fa differenza. Tuttavia il junior è la strategia per controllare quei costi che andrebbero coperti da maggiori ricavi che nascono solo con una time-strategy sensata. E spesso, quella strategia, va cotta al momento. Un cane che si morde la coda che non trova nemmeno la coda, insomma: il direttore-junior, per quanto ce la metta tutta.

Un cane che si morde la coda che non trova nemmeno la coda

Il primo step per accelerare questo processo di “Creativizzazione manageriale” è proprio “Creare” un organismo che assista da buon consulente/manager il complesso sportivo nel passaggio da una gestione solitaria a una protetta. E soprattutto per dare supporto nelle fasi cruciali di cessione/acquisto di attività. Esattamente come un appartamento prezioso da proporre al mercato dev’essere “rinfrescato” strategicamente a beneficio di chi vende e di chi acquista, l’attività dev’essere rimessa in bolla. Non “furbescamente” ma managerialmente, con occhio interno ed esterno, perché da dentro le cose non si vedono sempre bene. Chi cede la propria attività di palestra, attraverso interventi mirati da una sorta di hacker-manager a tempo, avrà un valore che passerà da x a x+y. Chi acquista, dal canto suo, avrà una macchina già avviata e per il periodo che vorrà una cabina di regia affidabile a costo variabilizzato. Tale progetto di accompagnamento è uguale alle procedure adottate nel temporary management d’alto profilo e valorizza, nel tempo stabilito dal richiedente, gli asset spaziali, tecnologici e umani della struttura fitness del cedente e dell’acquirente.

Non c’è tempo di studiare quando si corre

Chi acquista non solo troverà un’azienda-palestra solida da subito ma potrà godere dello stesso supporto di fiducia che lega il vecchio al nuovo proprietario. E poi più avanti, ogni volta che occorrerà, si rimetterà in connessione con quella stessa cabina di regia che sarà presente non come costo fisso, imponendo un manager che avrebbe un onere pesante, ma come costo variabile corrispondente ai tempi d’intervento. Immaginiamo un network che ha dieci, venti, cinquanta palestre. O di più. Ciò comporta dieci, venti, cinquanta club manager che sono un costo impegnativo (per il gestore quasi il doppio per singolo incarico).

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Inoltre il club manager è un “Esecutore” e non può arrischiarsi d’essere creativo nelle turbolenze di mercato. Non può inventare e proporre niente, può solo raccogliere a valle i cocci di un’attività che viene reinventata altrove ma non elaborata sul campo. Non c’è tempo di studiare quando si corre. Eppure si dovrebbe, perchè di idee ce ne vorrebbero più di una al giorno. Tornando alla partita che stanno giocandosi le realtà low-cost, che fanno il loro legittimo lavoro, contro le palestre più tradizionali, in solitaria, a soccombere sulla carta saranno quasi sempre le seconde. Questo per l’assenza di economie di scala sugli approvvigionamenti energetici, sulle forniture di attrezzature e su altri fattori, nonché per una maggiore presenza di personale. Se il fitness erogato e venduto ovviamente resta quello che è.

Difficoltà oggettive di mercato da un lato ma opportunità territoriali nascoste dall’altro

Stante le osservazioni precedenti, vi sono difficoltà oggettive di mercato da un lato ma opportunità territoriali nascoste dall’altro che nascono dalla consapevolezza che:

a) sport&fitness+salute seguono due direttive polarizzate, quella low-cost per pubblici poco propensi alla spesa (ma potrebbero) e quella dei servizi eccellenti richiesti da chi ha redditi alti;

b) sport&fitness+salute rivestono funzioni sociali e aggregative che verranno meno se il complesso impiantistico locale, fallendo, non erogherà più servizi ludico-sportivi “di prossimità”;

c) sport&fitness+salute incideranno sempre più nei processi formativi delle fasce giovanili, segmento verso cui gli “Allenatori-Istruttori” rivestono una responsabilità educativa;

d) sport&fitness+salute verranno diffuse meglio sul territorio se coordinate da tecnici e operatori fitness qualitativi dal punto di vista umano e pedagogico (tutoraggi scuola-lavoro inclusi);

e) sport&fitness+salute saranno inscindibili da campagne d’educazione alimentare d’avviarsi su fasce d’età basse con workshop locali e nazionali cadenzati (anche nelle scuole);

f) sport&fitness+salute saranno temi sempre più trattati nelle scuole e nei centri fitness privati che dovranno avere una visione sinergica con le Istituzioni (nuova legge obesità);

g)sport&fitness+salute saranno elementi di controllo della spesa sanitaria e di sostegno del PIL locale.

L’analisi di tutte queste opportunità va applicata sul territorio ogni qualvolta si proceda a un intervento organizzativo su un complesso, seguendo le tre aree del centro fitness-sportivo:

  • AREA STRUTTURALE DEL COMPLESSO SPORTIVO
  • AREA TECNOLOGICA
  • AREA DELLE RISORSE UMANE OPERANTI NEL COMPLESSO SPORTIVO

Tutte le voci trattate fin qui saranno oggetto di valutazione da parte della “Task Force Management” o del “Crisis Management Team” che dir si voglia. Parte del supporto verrà dato in sede, sul campo, parte in remoto e parte di nuovo sul campo, ove la situazione sia gestionalmente complessa. Seguendo le linee della Gestione Strategica dei Servizi, verrà prima elaborato un Modello Concettuale, poi un Modello Simulato e infine sarà adottato il Modello Operativo nuovo. Per farla breve, se un centro sportivo starà per fallire bisognerà effettuare un’osservazione “sotto copertura” dei diretti competitor, poi un sopralluogo tecnico-gestionale nel centro, quindi l’elaborazione in remoto degli interventi e chiudere con un’azione mirata al complesso. A quel punto la struttura oggetto d’intervento sarà migliorata per chi cede e per chi acquista. O per chi eventualmente investirà su quell’asset per trasformarne il “fitness-paradigma”, per tornare all’eventuale player extra-settore che voglia sbarcarvi. La sensazione è che proprio da questi nuovi arriverà qualcosa di dirompente.

Obiettivi raggiungibili dal complesso agganciato alla “Task Force”

1) riposizionamento strategico e non “tattica a specchio” a seguito dall’aggressione del competitor (es: non aggiungere o togliere parti di servizio solo per seguire il trend);

2) mantenimento del rapporto con le risorse commerciali e tecniche migliori (es: assicurandosene la collaborazione negli orari cruciali e variabilizzandone il costo);

3) consolidamento del core-business (es: riconvertire la piscina e valorizzare il “secco” e gli spazi-spogliatoio, cui dovranno destinarsi più risorse rispetto ai concorrenti);

4) sviluppo di una strategia di prezzo che autoconservi l’impianto sportivo, (es: garantendo la copertura minima dei costi di gestione, staff e fornitori per un tempo operativo X);

5) incubazione di progetti tecnici diversificati (es: Corporate Wellness, food-partnership sull’area di riferimento del Club sportivo, eco-merchandising a Brand).

L’analisi degli obiettivi raggiungibili prevede osservazioni circostanziate sui tre settori del centro fitness-sportivo, che come accennato precedentemente sono:

a) struttura impiantistica;

b) comparto tecnologico;

c) risorse umane

La struttura impiantistica

La struttura ideale di un centro fitness, anche datato, ha per suddivisione e collocazione dei propri spazi d’attività un’estrema versatilità. Versatilità è prestarsi a modifiche architettoniche non onerose e non richiedenti tempi lunghi per praticarle, ove il mercato lo richieda in virtù degli adattamenti tra domanda e offerta di sport. In qualche caso il complesso fitness-sportivo comincia a perdere colpi già in fase di realizzazione ed è impossibile commercializzare uno spazio fitness progettato male. Pertanto, nel riqualificare, si dovrà affiancare la Task Force a operatori che abbiano un’idea esatta dei flussi d’utenza su quello spazio, studiandoli direttamente, ora per ora e sul campo. L’area-piscina, per fare un esempio, se non produttiva per quel determinato punto sport, dovrà riconvertirsi al volo su superfici a secco o riorganizzarsi con attività redditive che compensino i costi.

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L’impianto perciò dovrà rispondere colpo su colpo a un mercato che cambia, come una squadra che giochi d’anticipo e mai a specchio contro un avversario temibile rappresentato da un competitor che ci porta a combattere sul prezzo. Non ultimi saranno da considerare gli spazi spogliatoio e l’eventuale bar-corner, punti dell’impianto spesso trascurati che sostengono in ottica riqualificatrice il fatturato del complesso fitness in chiave socialità (nel mondo reale non nei social network). Un piccolo giardino riconvertito, se è a disposizione del gestore e se questi sa farne uso, può essere destagionalizzante anche per una grande palestra in seminterrato. In ogni caso le aree d’intervento e riadattamento di un punto-sport, con la giusta ricalibratura spaziale, sono imprevedibili.

Le dotazioni tecnologiche

Per fronteggiare un mercato sempre più in modalità self-service, nel riorganizzare il complesso bisognerà orientarlo, come abbiamo visto, più sulla diverficazione dei servizi (anche extra-fisici) e sulla professionalità degli uomini che sulla sola proliferazione dei macchinari. Battersi col potenziale spaziale e tecnologico di un network che dispone di decine di palestre con forti economie di scala, sarà ardua impresa. Nel contesto che vede i network affittare spazi a perdita d’occhio, noleggiare attrezzature e risparmiare sugli istruttori (“Se vuoi il trainer lo paghi”), la presenza di un team esperto nelle fasi almeno cruciali del giorno terrà lontano il nostro punto sport dalla lotta al ribasso. O quanto meno si proverà a orientarlo su altro elemento fitness-esperienziale, più personalizzato. La diffusione, per fare un altro esempio, dell’allenamento funzionale e di altre discipline in outdoor (corpo libero, attrezzi storici, aree green che hanno costo zero) prevederà con poca spesa la gestazione di progetti tecnici a costo contenuto che rendono superflui i grandi schermi con ammenicoli che rubano l’occhio al primo tour. Ma non lo rubano al secondo, quando si avvicina il rinnovo dell’iscrizione che va sul prezzo stracciato. Il solito, puntualissimo, promo-prezzo del competitore.

Le risorse umane operanti nel complesso sportivo

E’ ormai possibile rintracciare C.V., skills, pubblicazioni, crediti e risultati operativi d’ogni professionista operante all’interno del complesso fitness-sportivo. L’universo wellness è pieno di risorse che entrano nel mercato a basso prezzo e con un reel su instagram. Vero che un professionista avrà un costo aziendale alto, ma il prezzo di un professionista a costo variabile è lo stesso di un dilettante a costo fisso. E con tutt’altro rendimento. Se il turn-over clienti di un centro fitness in Italia è alto, è anche per il turn-over collaboratori che non aiuta: non è una buona percezione dal lato utente. Perciò nel rilanciare il complesso sportivo, la scelta del personale tecnico (istruttori) e commerciale (reception) sarà la pietra angolare del progetto ma bisognerà fidelizzarlo piuttosto che condividerlo con la palestra difronte. Cioè col nostro concorrente diretto che godrà della nostra formazione interna (arma a doppio taglio) e delle nostre promesse al vento. L’aspetto “Instant Workshop” vedrà incontri tattico gestionali anche improvvisati sul campo, ma in forma non “saccente” nel corso di riunioni auto-celebrative in palestra, piuttosto di scambio sui temi strategici, coinvolgendo anche qualche cliente storico davanti alla macchina del caffè. Virando di nuovo e infine sul trainer, questi dovrà imparare a essere un buon manager e non solo un grande tecnico, perchè divulgatore del suo club sul suo territorio ogni giorno, in ogni momento. All’interno e all’esterno della palestra. Per quanto sorprendente sia, è l’unico elemento che resta sulla linea di confine tra Club e Cliente. Un rischio che dovrebbe essere calcolato meglio.

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