In Calabria, tra colline e vallate che si affacciano sulla Costa degli Dei, si nasconde un villaggio sospeso nel tempo. Zungri appare lentamente agli occhi di chi si addentra tra sentieri di ulivi e rovi, rivelando la “Città di Pietra”, un intreccio di grotte e case scavate nella roccia arenaria, antiche e misteriose. Le superfici giallognole assorbono la luce del sole e la restituiscono con un calore silenzioso, raccontando secoli di storie dimenticate e di vite vissute a contatto con la natura.
Origini di Zungri e ipotesi sugli Sbariati
Gli studiosi collocano le prime tracce tra l’VIII e il XII secolo, anche se l’origine precisa resta incerta. Alcune ipotesi evocano fondazioni orientali o comunità monastiche in fuga dalle persecuzioni, altre suggeriscono un avamposto produttivo del vicino Kastron di Mesiano.
Tra abitazioni, depositi di granaglie e laboratori per vino e calce, ogni grotta narrava l’ingegno e la quotidianità di chi le popolava. Il nome “Sbariati” evoca vagabondi e rifugiati, uomini e donne che trovarono riparo tra le rocce, trasformando le cavità in un tessuto sociale coerente, con abitazioni, spazi per animali e aree produttive.
Architettura rupestre e abitazioni scavate nella roccia
L’insediamento copre circa 3.000 metri quadrati e conta oltre 100 grotte, ciascuna con caratteristiche uniche. Ingressi quadrangolari o ad arco si combinano con portali di forme diverse, nicchie e incavi per letti. Volte a cupola con fori centrali regolavano luce e ventilazione, mentre ambienti monocellulari e complessi multi-livello ospitavano la tessitura, la conservazione delle granaglie e la lavorazione del vino.
La distribuzione delle caverne rivela una gestione precisa delle risorse e degli spazi, mostrando un equilibrio tra esigenze domestiche e produttive.
Vita quotidiana e produzione agricola
Gli Sbariati sfruttarono sistemi di raccolta e gestione delle acque per irrigare coltivazioni e alimentare laboratori. Le grotte più grandi erano la culla di torchi per il vino e calcari per la produzione di calce, spazi dedicati alla lavorazione di fibre vegetali e magazzini di granaglie. La vita si organizzava secondo ritmi stagionali, in equilibrio con l’ambiente circostante, tra attività agricole, allevamento di api e cantieri domestici, evidenziando una società resiliente e ingegnosa.
Museo della civiltà rupestre e contadina di Zungri
Accanto all’insediamento, il museo custodisce circa 3.000 reperti tra strumenti agricoli, telai, forgia, costumi tradizionali e ricostruzioni di camere da letto. La collezione permette di comprendere la vita contadina tra XIX e XX secolo e integra informazioni sull’uso delle grotte, dalla produzione di vino e calce alla gestione delle risorse domestiche. Il museo funge anche da centro per visite guidate e laboratori educativi.
Zungri nel cinema e nella cultura contemporanea
Le grotte hanno ospitato set cinematografici, trasformandosi in Gerusalemme per alcune riprese del film “Il monaco che vinse l’Apocalisse”. Pietre levigate dal vento e spazi aperti trasmettono un’atmosfera senza tempo, catturando l’immaginazione di visitatori e cineasti.
La Città di Pietra resta quindi un luogo dove passato e presente dialogano, in cui la memoria collettiva convive con la creatività contemporanea e l’arte, regalando un’esperienza unica e irripetibile.
Foto Canva
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