Hanno ucciso Daniza. E anche noi siamo stati anestetizzati

Era diventata l’orsa più famosa d’Europa. Eppure il suo destino era segnato da giorni. Daniza, l’orsa che un paio di settimane fa aveva “attaccato” un cercatore di funghi a Campiglio per difendere i propri piccoli, è morta durante la cattura. Uccisa da un’anestesia mal dosata.

Poche ore dopo la morte di Daniza, in rete e sui social è solo tempo di insulti: insulti ai cacciatori che non vedevano l’ora di farla fuori; insulti agli ambientalisti che non hanno voluto comprendere la pericolosità di un’orsa con i cuccioli vicino al paese; insulti ai politici che si sono intascati un po’ di voti e molti soldi dalla Comunità Europea fregandosene di cosa sarebbe accaduto; insulti a chi insulta gli altri da un comodo divano senza aver vissuto in prima persona la faccenda; insulti a chi se la prende più per un orso che per un cristiano…

Non potevano mancare nemmeno il twitter multipartisan di tutti i politici italiani schierati, né l’hashtag #giustiziaperdaniza di Beppe Grillo, né l’uscita del prete di turno che dice la sua. Tutto molto italiano.

Molto italiano è anche il fatto che, quando la colpa è di tutti (tranne che della Forestale che si è giustamente affrettata a dichiarare che nessuno di loro “ha partecipato alle operazioni di cattura dell’orsa”), finisce che non paga nessuno.

C’è una persona che vent’anni fa, andando contro tutti, aveva predetto come sarebbe andata a finire. Ed è con lei che abbiamo cercato di capire come sono andate le cose, e cosa bisogna fare ora.
Kiki Marmori è conosciuta da tutti come la Signora degli Orsi. “Sì, è un soprannome a cui non mi sono mai sottratta. La Mamma degli orsi sarebbe stato eccessivo”.

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Kiki è un’arzilla 92enne di Milano, biologa ed ex docente universitaria, fotografa naturalista, che ha trascorso la vita in giro per il mondo inseguendo orsi da immortalare. I suoi libri sono tuttora venduti con successo su tutte le piattaforme on line del mondo e in tutte le librerie italiane. La definizione di “arzilla vecchietta” è riduttiva.
Purtroppo siamo noi a darle la notizia della morte di Daniza. Kiki prolunga il silenzio per qualche secondo. Quasi si scusa: “Non lo sapevo. Oggi sono stata fuori tutto il giorno senza cellulare e non ho ancora letto il giornale. È un peccato. Adesso verrà fuori un bello scandalo, vedrà…”
Il dispiacere privato si palesa più della sua indignazione pubblica.

Kiki, è vero che nel 1996, quando partì il Progetto Life Ursus che prevedeva il ripopolamento delle foreste dell’Adamello con nove orsi importati dalla Slovenia, lei fu in grado di prevedere che sarebbe finita in questo modo?
“Fui facile profeta. Ricordo ancora la troupe del TG1 che venne qui in Trentino ad intervistarmi. Gli orsi sono animali con un territorio di caccia molto ampio e perfino i cuccioli sono in grado di percorrere decine di chilometri al giorno. E non conoscono confini di parchi e province. Quando il numero degli orsi cominciò a crescere, arrivarono i primi problemi che non si risolsero decidendo chi doveva rifondere le pecore, bovini e asini sbranati dagli orsi”.
Da allora ne sono nati 75 e dovrebbero essercene ancora in giro una quarantina abbondante.

Kiki sa bene cosa deve avere provato quel cercatore di funghi sbattuto a terra dall’orsa. Quindici anni fa un’altra orsa l’ha colpita con un jab sinistro mentre era all’interno del recinto del Santuario di San Romedio, in Trentino, che tradizionalmente accoglie orsi allo sbando per la gioia dei pellegrini. Si fece qualche metro di volo e si trovò la giacca di piumino a brandelli.
“Qualcuno sa chi ha sparato davvero? Credo che un buon veterinario avrebbe dovuto dosare meglio l’anestetico, sapendo che un’orsa che allatta è molto più debole del solito. Comunque, se anche l’avessero anestetizzata, avrebbe fatto una ben misera fine, chiusa probabilmente in un recinto. Chissà adesso che fine faranno i suoi cuccioli non ancora svezzati, troppo giovani per sopravvivere da soli”.
Già, chissà…

Le foreste del Brenta e dell’Adamello sono troppo antropizzate per permettere a tutti quegli orsi di rimanere. Gli orsi mancano dal Trentino da un secolo, forse due. Non è un caso che da allora non siano mai tornati da soli. Se avessero voluto o potuto l’avrebbe fatto naturalmente”.
Reintrodurre l’orso non è come reintrodurre una lince o un gipeto. Ha bisogno di presupposti diversi. La faccenda di Daniza poteva essere gestita meglio?
“Mi chiedo perché non l’abbiano allontanata dal paese, ben sapendo dove fosse grazie al radio-collare. Prima o poi sarebbe comunque tornata, così come prima o poi arriveranno altri orsi. Qualche anno fa (era il 2008, ndr), in un caso simile, l’orsa Jurka fu catturata e poi trasferita in un’area protetta”.

Allo stesso modo, nel 2006, l’orso trentino Bruno arrivò fino in Baviera dove fu ucciso in circostanze su cui, sulle Alpi di lingua tedesca, circolano ancora diverse leggende metropolitane. Un altro è stato ucciso lo scorso anno in Svizzera: “All’estero la legge è un po’ diversa e si fanno meno problemi”. Da noi invece ci sono ancora i bracconieri e gli orsi che mancano all’appello sono stati fatti “sparire” con modalità che ricordano quelle mafiose.”

È banale dirlo ma la protesta durerà poco. Passerà qualche giorno e verrà dimenticata. Una prospettiva qualunquista ma realistica. Ma se non cambierà nulla o se continueremo a tifare per una sola delle parti ci dimostreremo più anestetizzati di Danica. Se non cambierà nulla, tutti finiremo per perderci qualcosa.

Quindi avanziamo una proposta: fare un bilancio vent’anni dopo Life Ursus per capire cosa è meglio fare ora. Punto. Lo studio di fattibilità diceva che la “capienza delle Alpi Centrali era di 50 orsi”: ci siamo sbagliati? Molte cose sono cambiate da allora: come risolviamo la faccenda? Catturiamo ed esportiamo la metà dei nostri orsi da qualche altra parte? Li esportiamo tutti o quasi? Chiudiamo Madonna di Campiglio con le recinzioni elettriche? Facciamo qualcosa, senza prendere a priori le parti degli orsi (intanto leggetevi come bisogna comportarsi quando se ne incontra uno), degli operatori turistici, dei cacciatori, degli ambientalisti, dei cercatori di funghi né degli abitanti della zona che hanno paura a lasciar andare i propri figli da soli nel bosco.

Di sicuro dare una patente a punti ad un orso che viene punito fino alla morte in proporzione dei danni che provoca non è la soluzione.

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