Che film è Everest? Le critiche in rete

Everest_Film

In attesa di vedere nelle sale a fine settembre Everest, cerchiamo di capire che tipo di film sia quello girato da Baltasar Kormàkur, spulciando alcune recensioni di siti italiani.

Sembra che l’accoglienza alla proiezione per la stampa non sia stata clamorosa è stata particolarmente calorosa, mentre con il pubblico è andata meglio.

Le prime critiche in rete non parlano di capolavoro ma sicuramente di un buon film. Su Mymovies-LaRepubblica, con un giudizio di 3 stelle su 5, si punta l’attenzione sulla smitizzazione dell’alpinismo eroico e sull’arrampicata come momento ludico e trendy: il regista Kormàkur riesce a raccontare fedelmente la storia narrata da Jon krakauer evitando i luoghi comuni hollywoodiani che si temevano suo tema, e già non è poco. La denuncia morale contro il turismo di massa sulle alte montagne c’è tutta, così come l’attenzione registica ai panorami incredibili.

Kormákur, scalando il suo Everest tra suspense e vertigine, rimpiange quell’intendimento e denuncia le ascensioni turistiche di massa che attrezzano montagne indomabili, enfatizzano la spettacolarità delle sue attrazioni (naturali e culturali) e allargano a dismisura il campo base. Everest conduce gli attori in parete ed esplora il sentiero sbagliato infilato dall’occidente

Tre stelle su 5 anche per Cinematografo, che apprezza fedeltà alla storia, coerenza narrativa e capacità di scavo nell’intimo dei personaggi, con il risultato di un film corale, forse non ispiratissimo né coraggioso ma comunque da vedere. Le performance di Jake Gyllenhaal e Keira Knightley non convincono.

Everest è il suo resoconto fedele e abbastanza accurato, un cammino di avvicinamento alla tragedia che galleggia tra l’epica e il privato, la retorica della sofferenza fisica e quella di un dolore più intimo, affidata soprattutto al campo/controcampo delle telefonate tra gli scalatori e i familiari rimasti a casa angosciati.
Due strategie retoriche che Kormakur porta avanti affidandosi soprattutto alla performance dei suoi attori, alcune efficaci (Jason Clarke, Josh Brolin ed Emily Watson) e altre meno (Jake Gyllenhaal e Keira Knightley), mentre riserva per sé l’incombenza di far parlare la montagna e farne un personaggio tra gli altri.

Su Cineblog il voto è 6 e il parere è più tranchant sulla sceneggiatura, ma si apprezza l’approccio alla montagna del regista islandese, che riesce a trasmettere la sua maestosità con un punto di vista azzeccato.

La montagna ‘monster’, con i suoi dirupi, le sue valange improvvise e i repentini cambi climatici, è infatti la vera protagonista del film di Kormákur. Un gigante tanto fascinoso quanto spaventoso, da non prendere mai sotto gamba e rispettare, sempre e comunque.

Su ComingSoon si legge più entusiasmo, grazie all’assenza di metafore forzate e a una regia che si concentra sul racconto dei fatti e la gestione della tragedia umana in cui persero la vita 9 persone.

Kormákur non è interessato al superomismo romantico, o all’idealismo politico-economico: a lui basta raccontare una storia, tratteggiare dei personaggi, inquadrare panorami grandiosi; e non pensate sia poco. Il suo è un film fieramente classico, un racconto d’avventura e umanità di quelli che Hollywood produceva tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, un catastrofico senza troppe catastrofi se non quella di un errore umano costato caro a chi l’ha commesso e di una variabile meteorologica che chiunque vada per montagne sa di dover mettere in conto.

Badtaste dà un giudizio positivo e concentra i pregi di Everest sul rapporto uomo-natura e su alcuni momenti di ironia verso il turismo ignorante da 8mila.

Tarato sui grandi paesaggi e sulla ricostruzione digitale, il film di Baltasar Kormakur vuole muoversi nel crinale tra follia e ambizione, tra aspirazione, passione e desiderio di conquista, sfidare la morale del pubblico (che in linea di massima non può comprendere perchè rischiare in questo modo la vita ma ne può rimanere affascinato) mettendosi sempre dalla parte dei protagonisti e delle loro scelte difficili da condividere

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