La storia di Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell’Unione Sovietica

La storia di Gleb Travin, l'operaio russo che tra il 1928 e il 1931 partendo da Vladivostok, pedalò lungo i confini dell'Unione Sovietica

Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell'Unione Sovietica

È proprio in tempi come quelli che stiamo vivendo che è importante raccontare storie come quella di Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell’Unione Sovietica. Una storia che Stalin avrebbe voluto cancellare per sempre, perché le imprese individuali erano contrarie al collettivismo socialista sovietica, e che invece è arrivata a noi grazie al delizioso libro di Yves Gauthier “Le Centaure de l’Arctic”.

La storia di Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell’Unione Sovietica

Siamo agli inizi del Novecento, Gleb Leontievich Travin (in russo: Глеб Леонтьевич Травин) nasce a Pskov, nel nord-ovest della Rossia zarista 20 km ad est dal confine con l’Estonia, il 28 aprile 1902.
Da giovanissimo legge delle avventure di Onisim Petrovich Pankratov, un russo che nel 1913 completa il “giro del mondo” in bicicletta partendo e arrivando ad Harbin (in realtà dalla città cinese Pankratov pedala fino a San Pietroburgo, poi attraversa l’Europa fino al Portogallo e torna ad Harbin dalla dai Balcani e dalla Turchia) e in seguito a quella di Adolf de Groot, uno dei numerosi vagabondi della bicicletta denunciati nell’URSS per turismo illegale negli anni Venti (ne parla il libro “Club Red: Vacation Travel and the Soviet Dream” di Diane P. Koenker).

Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell'Unione Sovietica

Dopo gli studi scientifici in geografia e zoologia Travin assolve al servizio militare a San Pietroburgo, già diventata Leningrado, e poi viene mandato a Vladivostok, nell’estremo oriente russo.

Ed è proprio dalla città sul Mar del Giappone che nell’ottobre del 1928 Gleb Travin parte in sella a una bici del peso complessivo di 80 kg. Vorrebbe fare il giro del mondo, ma l’Unione Sovietica è un Paese sigillato, e così si inventa il periplo dell’URSS: da Vladivostok fino al Lago Bajkal, seguendo il tracciato della Transiberiana completata nel 1916, poi da Novosibirsk scende verso i monti Altaj ed entra nei deserti di Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan.

Pedala dalle 8 alle 10 ore al giorno, ha con sé vestiti invernali, delle gallette e del cioccolato come cibo, qualche attrezzo per la bici, una fotocamera primordiale e un diario, per il resto dorme dove si trova e mangia quello che riesce a pescare o cacciare.

Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell'Unione Sovietica

 

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Dall’Asia Centrale raggiunge il Mar Caspio e poi la Russia Europea e infine Murmansk sulla baia di Kola, non lontano dal confine russo con la Norvegia, senza immaginare che le difficoltà dei deserti sono state nulla rispetto a quelle che incontrerà nel grande nord russo.
È il 21 novembre, l’inverno è già arrivato, ma Gleb Travin decide di partire comunque: si nutre di pesce crudo, rompe la bici, raggiunge a piedi l’isola di Vaigač nell’Oblast di Arcangelo, soffre di congelamento delle dita dei piedi che si amputa da solo, si imbarca su una nave rompighiaccio e ne scappa quando attracca a Dikson, il più settentrionale porto russo, nell’estremo nord del territorio di Krasnojarsk. Si dirige verso la Penisola del Tajmyr, viene trovato semi assiderato da un gruppo di Pomors, gli indigeni dell’estremo nord russo, che lo salvano mettendolo su una slitta trainata da cani e in qualche modo, esausto e confuso, nel luglio del 1931 raggiunge Capo Dežnëv, il punto più orientale del continente asiatico e quello più occidentale dello stretto di Bering. È ad appena 82 km da capo Principe di Galles in Alaska, ma il suo giro finisce a Petropavlovsk-Kamčatskij, nell’Estremo Oriente russo nella penisola della Kamčatka. Sono passati 3 anni e soprattutto 85.000 km in sella.

Gleb Travin, il russo che pedalò lungo tutti i confini dell'Unione Sovietica

Tornato a Vladivostok, nel 1932 chiede l’autorizzazione a fare un altro giro del mondo. Sono gli anni in cui il polacco Kazimierz Nowak parte da Tripoli per Città del Capo completando il giro dell’Africa in bicicletta, ma ormai le maglie dello stalinismo sono diventate strettissime, le imprese individuali sono viste come deviazione borghese dall’ideologia del socialismo collettivista, viene sospettato di spionaggio, sua sorella brucia il diario della sua avventura per paura del KGB, e c’è una guerra che incombe.
Gleb Travin combatterà in un battaglione di difesa costiera sul mare d’Oriente e rimarrà in marina fino al termine dei suoi giorni, nel 1979.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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