Apertura impianti sci: il CTS ha approvato il protocollo di sicurezza

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Nella giornata di ieri, il CTS ha finalmente approvato il protocollo di sicurezza per l’esercizio degli impianti di risalita. Un momento attesissimo, indispensabile per le residue speranze degli appassionati di avere una possibilità di sciare da metà febbraio fino a Pasqua.

Finalmente approvato il protocollo di sicurezza

Il Comitato Tecnico Scientifico, la commissione governativa incaricata di decidere su tutte le procedure per la gestione del virus e il contenimento dei contagi, ha quindi dato l’OK a tutta una serie di proposte – dalla riduzione della capacità degli impianti chiusi come funivie e telecabine ai distanziamenti e alla gestione delle code – i cui termini specifici devono ancora essere resi noti. A fine dicembre, quando il CTS rimandò al mittente per l’ultima volta le proposte, la questione più scottante era la gestione del numero chiuso sulle piste.

Dobbiamo essere felici? Si ma…

Non diamo per scontato che poi dal 15 febbraio, il primo giorno possibile di apertura, tutti gli impianti d’Italia saranno in attività. E’ verissimo che le piste sono già pronte e che la situazione dell’innevamento non è mai stata così felice come quest’anno ma vanno valutati almeno due fattori per cui sciare sarà tutt’altro che scontato.

1. Ristori o non ristori? Questo è il problema

Alla fine del 2020, l’ANEF (Ass.Naz.Esercenti Funiviari) calcolava nella metà di gennaio la scadenza ultima di apertura degli impianti per la quale la stagione avrebbe avuto un senso da un punto di vista economico. Ora, se si aprisse il 15 febbraio, la sostenibilità economica e finanziaria dei singoli impianti dipenderebbe dai ristori promessi dal Governo. Forse a molti converrà tenere chiuso e prendere il ristoro? E anche all’interno del singolo comprensorio apriranno tutti gli impianti o solo una parte? E il costo dello skipass giornaliero si alzerà o si abbasserà? Il Dolomiti SuperSki e l’Adamello Ski Ponte di Legno Tonale hanno già confermato che ci saranno e non vedono l’ora. In Valle d’Aosta, dove gli impianti sono pubblici, l’apertura è di per sé quasi scontata, ma gli altri?

2. Apertura alla mobilità tra regioni

E se la situazione dei contagi – che in fin dei conti ormai è l’unica priorità – impedisse ancora la libera mobilità tra regioni se non addirittura la mobilità all’interno della propria regione come accade oggi nelle zone rosse e arancioni? Avremmo impianti aperti solo per residenti, il che è poco credibile. L’Alto Adige, solo venerdì scorso, aveva impugnato gli obblighi a cui era stato vincolato dal Governo affermando che lunedì 18 gennaio avrebbe aperto per gli abitanti della provincia di Bolzano, salvo poi cambiare idea il giorno seguente dopo aver fatto meglio i conti – quelli economici e quelli dei contagi.

Va da sé che, al di là dell’opportunità economica della faccenda, non avrebbe senso aprire se le grandi città sono ancora in ginocchio come oggi: come già abbiamo avuto modo di dire, il mondo della montagna (e dello sci in particolare) è dipendente dal mondo della pianura e, se uno non gira bene, non funziona nemmeno l’altro.

 

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