L’horsemanship è un approccio all’equitazione basato su comunicazione e ascolto reciproco, dove il cavallo diventa uno specchio emotivo della persona.
Le sessioni si svolgono soprattutto da terra, senza strumenti coercitivi, e mirano a sviluppare presenza, fiducia ed equilibrio. In Italia sta crescendo con diversi centri specializzati in varie regioni.
Horsemanship: che cos’è, perché fa bene e dove provarlo in Italia
C’è un momento, quando entri in un paddock, in cui tutto si ferma. Un cavallo ti guarda in silenzio e capisci che non puoi bluffare: lui percepisce ogni respiro, ogni incertezza, ogni emozione fuori posto.
È più o meno da qui che parte l’horsemanship, un approccio all’equitazione – ma sarebbe più corretto dire alla relazione – che rovescia la logica tradizionale: non sei tu che controlli il cavallo, è il cavallo che ti insegna come stare nel mondo.
L’horsemanship nasce per riportare al centro comunicazione, consapevolezza e presenza. Non è addestramento e non è “montare meglio”: è imparare a leggere il linguaggio del cavallo e a gestire il proprio. È un lavoro sottile, fatto di intenzioni, di postura, di coerenza. E, soprattutto, di ascolto reciproco.
Come funziona davvero una sessione di horsemanship
Una sessione non inizia salendo in sella: inizia con lo stare fermi. L’istruttore ti chiede di osservare, respirare, capire come stai. Il cavallo percepirà tutto: tensioni, paure, entusiasmo, distrazione.
Si entra poi nel paddock senza toccarlo. Si cammina accanto a lui, si studiano movimenti, distanza, ritmo. Da lì nascono i micro-segnali: spostare il peso di mezzo centimetro, avanzare o indietreggiare, orientare le spalle. Il cavallo risponde con uguale finezza: un orecchio che si orienta, un piccolo passo, un cambiamento di direzione.
Quando si crea fiducia, arriva il groundwork, il lavoro da terra: si invita il cavallo a seguirci, fermarsi con noi, girare, cambiare direzione. Nessuna forza, nessuna pressione: si comunica con il corpo e con l’intenzione.
Solo se è utile – e non sempre lo è – si passa alla fase montata. Qui non si cerca la performance: si cerca equilibrio, collaborazione, fluidità. Il cavallo non esegue: partecipa. E tu scopri che il vero obiettivo non è cavalcare meglio, ma comunicare meglio.
Niente morsi, niente costrizioni: il cavallo resta cavallo
Una delle differenze fondamentali dell’horsemanship rispetto all’equitazione tradizionale è che il cavallo non viene “umanizzato” né costretto con strumenti coercitivi.
Niente morsi di metallo, niente imboccature rigide, niente paraocchi, niente speroni: il cavallo lavora libero da quegli “ammennicoli antropomorfi” che servono a controllarlo più che a capirlo.
Non gli si impone un comportamento attraverso la forza: si costruisce una relazione attraverso segnali naturali, gli stessi che usa lui nel branco. Questo significa rispettare la sua biomeccanica, la sua emotività e il suo linguaggio. Il cavallo non subisce: collabora perché si sente al sicuro, perché riconosce una guida chiara e coerente, non una mano che forza.
Perché fa così bene
Perché il cavallo è uno specchio perfetto. Restituisce in tempo reale quello che siamo: calma, confusione, rigidità, paura, chiarezza, leadership. Non giudica, ma non finge. L’horsemanship diventa così un allenamento emotivo intensissimo: aiuta a gestire lo stress, a riconoscere i limiti, a essere più presenti, più coerenti, più centrati. E sì, fa bene anche al corpo: postura, equilibrio e respirazione si allineano naturalmente.
Per chi è indicato
Per tutti: bambini, adulti, persone stressate, manager, sportivi, chiunque senta di aver perso un po’ di connessione con il proprio corpo o con le proprie emozioni. Non serve esperienza: anzi, chi non ha mai montato spesso parte avvantaggiato perché arriva senza abitudini rigide o sovrastrutture mentali. L’unica vera condizione è voler essere onesti. Perché il cavallo capisce subito se stai fingendo.
Dove provarlo in Italia
La disciplina sta crescendo e ci sono luoghi molto seri dove sperimentarla: alcuni centri si stanno sviluppando nelle Marche, in Toscana, Umbria, Piemonte, Trentino e Friuli, spesso guidati da istruttori formati negli Stati Uniti o in Francia, dove l’horsemanship ha una storia più lunga.
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