L’estate è l’incubo dei genitori, che già da gennaio cominciano a organizzare, programmare e prenotare attività e camp estivi per i propri figli. Del resto siamo nell’era in cui ogni momento libero dei nostri figli sembra dover essere riempito. Corsi di inglese, lezioni di tennis, campi estivi a tema robotica… l’elenco è infinito. Ma negli ultimi tempi, un’espressione insolita sta emergendo, ribaltando la prospettiva: il “kid rotting”. E no, non stiamo parlando di qualcosa di negativo, anzi.
Kid rotting: dal “decadimento digitale” alla libertà estiva
Il termine “kid rotting” non è del tutto nuovo, ma il suo significato sta evolvendo rapidamente. Inizialmente, era associato a concetti come il “brain rot”, ovvero il presunto “decadimento cerebrale” dovuto a un consumo eccessivo di contenuti digitali di bassa qualità, o al “bed rotting”, la tendenza a passare ore a letto semplicemente a “marcire” con il telefono in mano. Queste accezioni riflettevano preoccupazioni legittime sull’impatto della cultura digitale e della passività sulla salute mentale e fisica dei giovani.
Tuttavia, come evidenziato in un recente articolo del New York Times, il “kid rotting” sta assumendo una nuova, sorprendente sfumatura, soprattutto in vista delle vacanze estive. Non si tratta più di un fenomeno negativo, ma di una scelta consapevole da parte dei genitori di lasciare che i propri figli abbiano del tempo non strutturato, del tempo “vuoto”.
Dalla corsa all’iper-programmazione al vuoto creativo
Per anni, la pressione sociale ha spinto i genitori a “ottimizzare” l’infanzia, riempiendo le giornate dei bambini con attività che si credeva potessero dar loro un vantaggio competitivo o semplicemente mantenerli costantemente occupati. La noia era vista come un nemico da combattere a tutti i costi. Si prenotavano campi estivi con mesi di anticipo, si organizzava ogni singolo pomeriggio, spesso con un dispendio economico e di energie notevole.
Ora, sembra che molti genitori stiano riscoprendo il valore di una estate meno frenetica e più spontanea. La tendenza è quella di allentare le briglie, di resistere alla tentazione di programmare ogni minuto, e di permettere ai bambini di vivere esperienze meno strutturate. È un ritorno a un’idea di infanzia che molti adulti ricordano dalle proprie estati: lunghe giornate senza impegni fissi, dedicate al gioco libero e alla scoperta.
Quando “non fare niente” è produttivo
Questo “non fare niente” non significa abbandono o ozio passivo e improduttivo, anzi. È uno spazio prezioso per la crescita, un’opportunità per i bambini di:
- Sviluppare la creatività e l’immaginazione: la noia è spesso il motore dell’ingegno. Senza un’agenda fitta, i bambini sono spinti a inventare giochi, costruire mondi, esplorare la natura e trovare modi originali per divertirsi.
- Coltivare l’autonomia e l’iniziativa: quando non c’è un adulto a dire loro cosa fare, i bambini imparano a gestire il proprio tempo, a prendere decisioni, a risolvere piccoli problemi e a negoziare con amici o fratelli. Questo rafforza il loro senso di sé e la loro capacità di agire in modo indipendente.
- Scoprire interessi intrinseci: senza la pressione di un programma, possono dedicarsi a ciò che li appassiona davvero, seguendo la loro curiosità naturale, che sia disegnare, leggere, costruire con i Lego o esplorare il quartiere in bicicletta.
I vantaggi del “non fare niente”
Come sottolineato anche da un recente articolo del Guardian, i benefici di questo approccio sono molteplici e profondi:
- Riduzione dello stress e del burnout: sia per i bambini che per i genitori, un’estate meno programmata significa meno stress. È una vera pausa dalla frenesia dell’anno scolastico e dagli impegni extra-curriculari.
- Miglioramento della salute mentale: la libertà di esplorare e di non sentirsi costantemente sotto pressione può contribuire a una maggiore serenità e a un minor rischio di ansia legata alle performance.
- Sviluppo delle capacità di problem-solving: di fronte alla noia o alla mancanza di un’attività predefinita, i bambini sono costretti a pensare, a collaborare e a trovare soluzioni in modo autonomo.
- Maggiore connessione con il mondo reale: meno tempo davanti agli schermi significa più tempo per attività all’aperto, per socializzare di persona e per apprezzare il proprio ambiente.
- Risparmio economico: scegliere il “kid rotting” può alleggerire notevolmente il budget familiare, evitando le spese elevate di molti campi estivi e attività organizzate.
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In definitiva, permettere ai nostri figli di “marcire” un po’ quest’estate potrebbe essere uno dei regali più preziosi che possiamo fargli: il dono del tempo libero, della noia fertile e della libertà di essere semplicemente bambini.
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