Africa Extreme 2015: Danilo Callegari, che la forza sia con te!

Conclusasi con successo Africa Extreme 2015, l’ennesima impresa di Danilo Callegari, molti giornali in questi giorni hanno titolato: ‘Callegari ha conquistato il Kilimanjaro’, ‘Callegari ha raggiunto il tetto d’Africa’. Beh, non è questa la vera notizia, considerando che lassù sulla vetta Uhuru Peak a quota 5.895 mt, ci sono già stati in tanti e che Danilo è il primo a dire che il Kibo è una montagna “relativamente” facile, per un esperto come lui.

La vera notizia è come ci è arrivato e come ci è salito in cima al Kilimanjaro.

Intanto è salito e sceso, senza campi base e senza ossigeno in 20h 56m 45s no stop, con un dislivello complessivo di 8.300 m (4.000D+/4.300D-), cosa non da tutti, visto che di campi base a disposizione ce ne sono parecchi. In più si è portato dietro la fatica, lo stress e i problemi fisici di 50 km di nuoto nell’Oceano Indiano e di 1.150 km di corsa, coperti con 27 maratone in 27 giorni.

Un’impresa a dir poco assurda che fa scattare subito una domanda: perché?

Non esiste una vera e propria risposta, tantomeno bisogna cercarla nella scienza o negli studi delle più rinomate università americane. È semplicemente frutto di una grande passione per l’avventura, per l’ignoto, per la scoperta di luoghi inesplorati: una sfida alla ricerca dei propri limiti, non solo fisici ma soprattutto mentali. Ed è qui che forse si trova un senso, nelle parole di Callegari:

I limiti sono solo nella nostra testa e io ve lo dimostrerò.

Così è stato. Nei momenti peggiori della traversata tra Zanzibar e Bagamoyo, a mollo per 23 ore in un oceano imbizzarrito e non certo disabitato, Danilo per poter superare le crisi fisiche si ripeteva continuamente queste parole:

Respira con calma, un respiro per volta, concentrati Danilo dai cazzo, concentrati.

Durante le 27 maratone, giorno dopo giorno, si acuivano sempre di più i dolori legati a tendiniti, abrasioni, vesciche ai piedi, che non lo facevano dormire di notte. Ad un certo punto, nemmeno a metà, la sua reazione è stata una:

Mi sono inginocchiato in più occasioni davanti al dolore, ma ho deciso di rialzarmi perché nessun dolore potrà mai superare la forza di volontà nel non voler mollare mai.

Danilo non è uno Jedi e nemmeno Superman

Danilo, è un ragazzo normale che ha dedicato la sua vita all’avventura; è uno spirito libero, un predatore sempre a caccia di sfide. Danilo non è un automa, è un uomo razionale che conosce il vero significato di ‘imprevisto’, è un uomo capace ancora di commuoversi al raggiungimento della sua meta, pensando ai suoi genitori e a tutto il suo staff. È un uomo come tanti altri, solo maledettamente determinato a raggiungere il suo obiettivo.

Niente e nessuno lo può fermare, né i suoi cari che vivono regolarmente in apnea quando parte, né il denaro che in qualche modo, appena sufficiente per pagare le spese più grosse, si riesce a recuperare, né la paura, la sua prima fonte di ispirazione.

La ricerca del limite estremo è spesso un gioco che si incastra tra la vita e la morte, ma che ti fa sentire maledettamente vivo.

E non c’è niente di più vivo del ricordo dei paesaggi dai colori surreali della Tanzania, dei suoni degli animali notturni che sussurravano attraverso la tenda, degli sguardi e dei sorrisi della gente autoctona, del silenzio costante dell’Oceano e dell’umido delle lacrime di gioia e di dolore.

L’avventura è fame di vita. Ecco la risposta più giusta.

Rivivi tutti i momenti più belli di Africa Extreme 2015 nella fotogallery di Lorenzo Franco Santin.

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