Mondiale Gravel di Cittadella: che cosa dobbiamo pensare?

Mondiale Gravel di Cittadella: che cosa dobbiamo pensare?

Domenica a Cittadella, in Veneto, si è tenuta la prima edizione del Mondiale Gravel. Hanno vinto Gianni Vermeersch, PRO della Alpecin-Deceuninck tra gli uomini e Pauline Ferrand Prevot (la campionessa di tutto in questa stagione) tra le donne. E come per tutte le novità anche questa prima edizione iridata su ghiaia ha aperto numerose discussioni tra addetti ai lavori e appassionati.

Mondiale Gravel di Cittadella: che cosa dobbiamo pensare

Vermeersch ha vinto sostanzialmente con una bici da corsa con copertoni appena più larghi (una Canyon Ultimate CFR con 33 mm davanti e 35 mm dietro). E già questo potrebbe bastare per discutere su cosa è gravel e cosa non lo è. C’è chi ha detto che come per le competizioni su strada, quelle di MTB e quelle di ciclocross, anche per il gravel bisognerebbe stabilire dei criteri tecnici per le bici ben precisi, dalla sezione delle ruote alla forcella ammortizzata o meno, dalla geometria del telaio al peso (e Ferrand Prevot ha corso con una vera gravel racing da catalogo, una BMC Kaius 01, gomme da 35 mm e trasmissione monocorona 40×10-44). Ma nel regolamento non c’era nulla di tutto ciò: ciascuno era libero di correre con il mezzo che preferiva.
D’altro canto c’è anche chi afferma che è il percorso a determinare la scelta del mezzo, e che quindi un PRO (e al via ce ne’erano parecchi, da Peter Sagan a Mathieu Van Der Poel per fare giusto due nomi) tollera serenamente le rigidità, le posizioni in sella e anche i rischi di rottura di una bdc pur di avere prestazioni.
Anche sul percorso (194 km e più di 600 metri di dislivello) c’è chi ha avuto da ridire: troppo piatto, poco tecnico, poco dislivello, poco saliscendi, solo ghiaia e mancavano i single track più tecnici, troppo corto, troppo lungo. E c’è stato anche chi, a queste considerazioni, ha risposto: e allora sarebbe XC, e allora c’è già la Strade Bianche e la Roubaix, e allora è ciclocross.

Mondiale Gravel di Cittadella: che cosa dobbiamo pensare?

Insomma, alla fine si è detto tutto e il contrario di tutto, e forse è proprio qui che sta l’essenza del gravel, ed è proprio questa la strada (ehm…) da prendere per avere anche una versione agonistica e competitiva del gravel: la varietà nell’unità.

Cos’è il gravel? E cosa deve essere un mondiale gravel?

La domanda da farsi è infatti: cos’è il gravel? Dove inizia e dove finisce? Sicuramente inizia laddove finisce l’asfalto, perché questo è insito nel nome ‘ghiaia’. Poi nulla vieta di usare una bici gravel per fare delle “passeggiate” in bicicletta anche su strada, ma se dobbiamo pensare allo spirito gravel, queste non lo sono, e sono cicloturismo. Cicloturismo di prossimità, cicloturismo senza viaggio, ma pur sempre turismo in bicicletta. Per il quale una bici gravel va benissimo ma non è discriminante: si potrebbe fare anche con una bici da viaggio, da città o da trekking a ben vedere.
Ma il gravel finisce dove finisce la ghiaia? Oppure continua anche su single track, percorsi più tecnici, fango, fondo scassato? Come tutte le attività outdoor il gravel finisce laddove nessuno riesce più ad andare oltre.
Pensiamo alla montagna: fino a relativamente pochi anni fa era impensabile correre laddove andavano quasi solo gli “alpinisti”. O meglio: era impensabile correre laddove gli escursionisti arrivavano solo con attrezzatura pesante, scarponi rigidi, zaino e tutto il resto. Oggi ci sono gare di trail running o sky running che portano gli atleti a correre a 3000 metri nella neve con delle “scarpe da corsa” e uno zainetto con dentro il minimo indispensabile per la propria sicurezza e incolumità. E anche per il trail running all’inizio c’erano i tradizionalisti che storcevano il naso. Oggi tutte queste anime convivono sugli stessi sentieri.

E quindi dove finisce il gravel? E dove inizia la MTB? Non lo sappiamo, e forse non lo definiremo mai, perché quando si tratta di attività outdoor l’evoluzione è continua, e non è data dalle specifiche tecniche stabilite a priori, ma dalle capacità degli atleti, o delle persone in senso più ampio, di allargare i confini, superare i limiti, scoprire nuove possibilità. E dalla capacità dei produttori di proporre attrezzatura tecnica che consenta questo allargamento dello spirito dell’avventura.

E quindi?

E quindi? E quindi il mondiale gravel, cioè la declinazione agonistica di un movimento in fortissima espansione, diventerà probabilmente come qualunque altro mondiale, su strada o da MTB che si voglia: i percorsi saranno di volta in volta diversi per dislivello, tecnicità, condizioni ambientali, si formeranno degli specialisti (al netto dei fenomeni polivalenti del ciclismo di oggi), miglioreranno sempre più le soluzioni tecniche, qualcosa di nuovo sicuramente verrà inventato, e se sarà divertente, appassionante, affascinante andrà avanti e avrà futuro.

Mondiale Gravel di Cittadella: che cosa dobbiamo pensare?

Del resto nessuno ti impone di salire al rifugio di corsa se hai voglia di farti una passeggiata o di farti 1000 metri di dislivello se corri con delle scarpe da trail running. La fuori c’è un mondo di possibilità di esplorare, con o senza le competizioni, e il successo di queste ultime lo determina solo la passione che sanno suscitare.

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