L’accelerazione della fenomenologia NFT, Metaverso e opzioni AR (Augmented Reality) nonché VR (Virtual Reality) rappresenta il tratto finale di una rivoluzione digitale che coinvolge i Fitness Club. Il grande network in pandemia si trasforma in fitness-broadcast, come la palestra del borgo di Roccapipirozza che trasmette via zoom il corso yoga alle signore che non possono farne a meno. Tutti, bene o male, quasi senza rendersene conto e senza strategia, perché ormai non c’è più tempo, erogano digital fitness. E tutto senza codici prestabiliti, il che è un’arma a doppio taglio ma apre a nuovi mercati.
Il concetto della doppia membership: la proiezione virtuale del Fitness Club
In chiave Fitness Network l’effetto è dirompente: una palestra può diventare il suo doppio virtualmente, due possono diventare quattro e via così. Ma una può diventare zero (sul mercato) mentre un club che esiste solo virtualmente potrà, di fatto, diventare uno e iniziare a esistere realmente a scapito del primo. Il sogno diventa realtà: raddoppiare il fitness-business nella quantità di prodotto venduto (fitness-kit) e servizio erogato (wellness-pack) senza costruire una palestra in più. O senza costruirla affatto, il che è l’apoteosi della scalabilità. Ma facciamo un passo indietro.
Tutto nasce con l’esplosione della multicanalità della domanda, cui corrisponde l’ovvia multinacalità nell’offerta di servizio fitness. Alla base della multicanalità della domanda di fitness c’è lo scollamento tra spazio fisico in cui allenarsi e servizio fitness allegato (protocollo di allenamento). Questi due elementi un tempo erano inscindibili all’interno di un’iscrizione palestrara. Oggi, invece, il fitness club concede, in termini di membership base, i propri spazi di attività come luoghi di attuazione della performance sportiva. E potrebbe bastare così. Lo svantaggio da parte dell’utente e il contemporaneo rischio d’impresa del club è che la parte di costo-servizio (trainer) è più alta rispetto all’esborso con cui l’utente acquisisce lo spazio fisico su cui muoversi (aree di lavoro, pesi, macchinari).
Facciamo due conti: un’ora di personal training costa meno di un mese d’iscrizione alla palestra, quindi? Il costo-per-servizio è più impegnativo e richiede più riflessione e attenzione dell’utente. Ed è una parte rilevante del fatturato di una palestra. Fatturato che diventa volatile nel senso che “vola” letteralmente dalle mani del revenue manager del club direttamente a casa dell’utente fitness, ove questi possa permettersi un home-coach. Ma può volar via altrove, come un drone che si stacca dalla navicella madre del servizio fitness verso abitazioni, parchi o altre palestre frequentate dallo stesso utente.
E se qualcuna di queste fosse virtuale? Se l’utente X s’iscrivesse al centro fitness Y solo per disporre dello spazio Z, destinando il budget rimanente all’iscrizione in un altro club fisicamente micro ma virtualmente infinito? Questo secondo club sarà stra-avvantaggiato, perché beneficiario di flussi enormi di richiesta di servizi personalizzati misti, remotizzati e kit-prodotti. Liberato, peraltro, dalla parte fisica della gestione, sempre più appesantita dai costi. L’accoppiata palestra fisica e virtuale resta vincente, ma alcune carte saranno rimesse in gioco da chi si muoverà col proprio Metaclub. E col proprio Cerchio Isoinerziale, tool che in spazi ridotti ci consentirà di effettuare qualsiasi esercizio come body-building comanda. Con e senza “Oculus”.
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