Nel Parco di Monza vive ancora la leggenda della Matta Tapina: i percorsi per riscoprirla nella magia dell’autunno

In autunno il Parco di Monza si trasforma: tra nebbie e foglie dorate riaffiora la leggenda della Matta Tapina, la donna del Bosco Bello

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Ci sono luoghi che in autunno diventano altro: non solo spazi verdi, ma soglie di un mondo sospeso tra luce e ombra. Il Parco di Monza è uno di questi. Quando la foschia sale dal Lambro e le foglie si accendono di rosso e oro, il silenzio dei viali alberati diventa quasi narrativo, come se ogni passo raccontasse qualcosa.

Questo è il momento perfetto per esplorare il parco non come semplice area verde, ma come luogo di memoria, mistero e leggenda.
E tra le storie che abitano ancora le sue querce, la più antica e inquieta è quella della Matta Tapina, una figura che ha attraversato i secoli e continua a camminare invisibile tra i sentieri del Bosco Bello.

 

Una strega nel cuore del Parco di Monza

Nel cuore del Parco di Monza, quando la luce lasciava il posto alle tenebre e il Lambro sembrava trattenere il respiro, c’era una figura che si muoveva lenta, avvolta nel buio del Bosco Bello. La chiamavano la Matta Tapina.
Un soprannome sospeso tra follia e pietà. Perché il suo vero nome si era perso nel tempo, chissà dove e come. Secondo la leggenda si trattava di una donna misteriosa che viveva nel Parco di Monza, nei meandri del bosco. La riconoscevi perché era sempre avvolta nei suoi abiti logori, sempre gli stessi, e parlava da sola. Si dice che cercasse qualcuno. Qualcuno che non sarebbe mai più tornato.parco-monza-autunno-8

Una figura di confine: né veramente pericolosa, né accolta. Perché nessuno voleva davvero darle un volto. Qualcuno diceva che parlasse con gli alberi. Qualcun altro giura che rideva da sola. Altri la definivano come una strega. E come tutte le streghe custode di superstizioni, malefici ma anche di un sapere proibito. Chissà se davvero, nei secoli passati, i medici si recassero in gran segreto da lei per imparare a curare il corpo e l’anima dei malati.

 

Camminare dove lei viveva

Oggi seguire le tracce della Matta Tapina significa attraversare i luoghi che hanno conservato intatto il loro fascino:

  • Il Bosco Bello, cuore del parco, dove in autunno la luce filtra dorata tra le querce secolari.

  • Il sentiero del Lambro, che costeggia il fiume in un gioco di riflessi e silenzi.

  • Il percorso delle Querce Monumentali, un itinerario che attraversa la parte più antica del parco e regala viste mozzafiato al tramonto.

In questi luoghi il rumore delle foglie secche, il profumo di terra umida e la bruma che sale dalle radici costruiscono un’atmosfera che appartiene solo a questa stagione. Camminare qui significa immergersi in una fiaba malinconica, tra la memoria della natura e la voce dei suoi fantasmi.

Abbiamo provato a tracciare una mappa ideale, giocosa e un po’ fiabesca, Insomma, non ufficiale:

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L’autunno come chiave del mistero

Il Parco di Monza d’autunno è il momento in cui la leggenda e la realtà si confondono. Quando la luce si attenua e la nebbia abbraccia i viali, il paesaggio sembra raccontare da solo la storia di chi vi ha vissuto ai margini.parco-monza-autunno-7
E se passi di qui al crepuscolo, tra il fruscio delle foglie e un soffio improvviso di vento, potresti avere la sensazione che lei sia ancora lì, a un passo, invisibile, custode silenziosa di un tempo che non passa mai.

 

La leggenda della Matta Tapina

La prima traccia compare di questa ‘strega’ risale al 1841, e alla penna proprio di un medico: Giovanni Antonio Mezzotti. Un uomo abituato a guardare le ombre dentro i corpi. Nelle sue ‘Passeggiate nel Real Parco di Monza’, parla di una presenza. Non la descrive apertamente. Ma la lascia intravedere, come un’ombra che si muove appena oltre il campo visivo. Segno che la leggenda, allora, era già un sussurro che attraversava generazioni.

Mezzotti dipinge il Bosco Bello come un luogo capace di catturare lo sguardo e non restituirlo subito. Una selva antica, quasi inquietante attraversata da un silenzio quasi irreale. Un silenzio che, però, non era vuoto perché lì in mezzo si nascondeva lei, la Matta Tapina.

 

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Chi era davvero la Matta Tapina

La sua vicenda, non è un caso, si incastona nel cuore di una stagione della storia italiana: quella dei manicomi ancora aperti, ben prima di una legge Basaglia ancora di là da venire. La Matta Tapina era probabilmente una donna scivolata fuori da quei luoghi di confine che racchiudevano storie, fragilità e inganni dietro quelle mura e quell’aspetto grigio, istituzionale.
Forse lei era solo una ‘reduce’ troppo fragile per sopravvivere da sola, troppo “scomoda” per essere aiutata. Una donna che non aveva casa. che non aveva nessuno. Una cosa però ce l’aveva e nessuno poteva togliergliela: aveva un parco intero come rifugio. E non un parco qualsiasi ma quello cintato urbano più grande d’Europa con i suoi 700 ettari. E poi aveva un paese attorno che preferiva non guardarla negli occhi.parco-monza-autunno-6

I ragazzi ne avevano paura. Gli adulti la scansavano. Le madri la usavano come ammonimento: “Se non fai il bravo, arriva la Matta Tapina”. Ma forse qualcuno la ricordava diversa: gentile, persino sorridente. Con il tempo, però, la voce popolare ha trasformato la sua presenza in leggenda. Solo racconti? Forse. Ma interessanti perché dicono più di chi li racconta che della donna stessa.

Il suo ricordo è rimasto nell’immaginario locale tanto che, ancora oggi, in Brianza apostrofare una bambina con “Sei come la Matta Tapina” significa essere troppo vivace, disobbediente. In una parola: ribelle. 

 

Ancora oggi un fantasma nel parco

Oggi, il Parco di Monza è curato, percorso per runner, un luogo per famiglie, un’oasi verde nel capoluogo brianzolo. La Matta Tapina non c’è più. Nessuna lapide, nessun registro, nessuna fotografia. Il suo monumento funebre sono le sorelle querce che le fanno da casa. E sono loro ora la grande attrazione del parco.parco-monza-autunno-9

Eppure, se si entra qui al tramonto, quando la luce svanisce e una lieve foschia sale dalle radici, qualcosa torna. Già, perché proprio in autunno, quando il parco è solcato da questo suggestivo (e per certi versi tetro) spettacolo con la terra che sembra respirare, basta un fruscio, un passo lieve affinché la mente torni a lei.

Il Parco di Monza è un luogo vivo. Custodisce storie che non vogliono morire. E quella Matta Tapina è una di queste. 

Foto Canva

 

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