Africa Extreme 2015: l’Oceano di Danilo Callegari

Quella del nuoto era la prima prova da superare ed era la prova più temuta da Danilo Callegari, il wild ironman friulano che sta affrontando la sua ennesima impresa estrema, Africa Extreme 2015.
Ce l’ha fatta, diciamolo subito. In 23 ore non stop ha nuotato per 50 km nell’Oceano Indiano: partito da Zanzibar alle 20.30 locali è arrivato a Bagamojo (costa della Tanzania) alle 19.30 locali.

Una prova estenuante dal punto di vista fisico, ma soprattutto mentale. Qui la testa ha giocato un ruolo primario, anche perché Callegari non è un nuotatore, ma un alpinista esploratore. Un habitat quindi completamente diverso. Ancor prima di partire per la Tanzania, Callegari mi ripeteva spesso “forse ho esagerato con 50 km in un oceano con gli squali”. Non potevo che annuire dietro le sue spalle.

Dopo averlo seguito in tutti questi mesi di preparazione ed essere entrata un po’ nella sua routine e soprattutto nel suo “IO” più profondo, questa prima fase l’ho sofferta come un parto.

A migliaia di km di distanza, l’unico contatto “precario” che avevo durante la traversata di Danilo era quello via whatsapp con Pandu, un tanzaniano di Zanzibar che a singhiozzi riusciva a darmi informazioni sulla preparazione, sull’orario di partenza e sulle condizioni climatiche. L’altro mio gancio, il fotografo di Callegari, Lorenzo Franco Santin, ormai era già imbarcato sulla barca d’appoggio. Da lui non potevo più sapere nulla.

Ovviamente per un bel po’ di ore, praticamente tutta la notte tra il 5 e il 6 ottobre, non ho più avute notizie.

L’indomani mattina mi è arrivata verso le 9.30 una mail sconosciuta nella quale mi veniva comunicato che Danilo aveva percorso già 30 km. Fatti due conti, avevo previsti l’arrivo sulla terra ferma a metà giornata. In tutto il giorno, però, non ho ricevuto più comunicazioni e ho cominciato a darmi delle spiegazioni plausibili: avrà rallentato, ci sarà un brutto mare, non hanno la linea telefonica o wifi a terra. Passavano le ore e le mie considerazioni cominciavano a diventare preoccupazioni: squali, malore, ecc.

Scrivevo mail, messaggi a chiunque potesse avere contatti con lui. Nulla.

L’attesa è stata veramente snervante, mentre lui nuotava io ero ormai in apnea. Ma finalmente verso le nove di sera ho ricevuto il primo messaggio dal fotografo. Danilo ce l’ha fatta. Ignoravo il fatto che Danilo era sotto flebo già da qualche ora per alcuni problemi fisici.
Se fino ad un momento prima me lo immaginavo divorato da uno squalo, da quel momento ho cominciato a respirare regolarmente. E il mio primo pensiero è andato ai suoi genitori: li avrà avvisati subito?

Non lo nego che da lì in poi sono diventata avida di notizie, domande e curiosità, non preoccupandomi quasi dello stato fisico di Danilo. Era vivo. Contava solo quello.

Così Danilo finalmente mi ha scritto con le mani tremanti:

“Ce l’ho fatta. 23 ore di nuoto no-stop per coprire una distanza di 50km in pieno oceano Indiano. Mi sento di inserire gli ultimi 5 km tra i momenti più pericolosi ed impegnativi che ricordi di aver mai vissuto. Buio, onde alte metri, mare grosso, onda che infrange travolgendomi tirandomi sotto, la barca lontana impossibilitata ad avvicinarsi causa mare, un solo kayak in acqua in difficoltà anch’esso impossibilitato a starmi vicino non potendomi così garantire un po’ di sicurezza con l’antenna anti-squalo. Ero quindi “solo” in preda alla paura ma con la voglia di non mollare. Bracciata dopo bracciata i dolori muscolari sembravano sparire sotto l’effetto dell’adrenalina, così come le innumerevoli abrasioni in carne viva su svariate parti del corpo. Avevo paura si, tanta paura. Il pensiero di “quello” tanto temuto quanto sognato negli ultimi 20 mesi appena passati, quell’animale silenzioso e potente. L’immagine di lui, che risale rapido dall’invisibile fondale di un mare nero e che con potenza e rapidità mi afferra a mezzo busto chiudendomi tra le sue potenti fauci e mi porta giù con lui era un pensiero costante che cercavo di governare nella mia mente. Mi sento di poter dire che questa volta, più di altre, ho spostato in là i miei limiti, fisici e mentali tenendo a giusta distanza “quello squalo” che risiede dentro ognuno di noi. Appena uscito dall’acqua dopo le tante ore in orizzontale ho passato momenti di seria difficoltà: un episodio pre-sincopale, crisi di iperventilazione nel tentativo di compenso dell’acidosi, vomito, brivido scuotente da shock termico, ma grazie alla prontezza di Andrea e Nicole (medico rianimatore ed infermiera), sono in breve tornato in careggiata. È stato un attimo in cui seriamente credevo di morire per arresto cardiaco. Nella mente continuavo a dirmi: “respira con calma, un respiro per volta, concentrati Danilo dai cazzo, concentrati”. Ma la crisi è stata più forte della mia mente, ho solo potuto attendere che quei momenti così brutti finissero il prima possibile”.

Adesso, dopo qualche giorno di scarico e di riposo (dovrebbe essere da lunedì 12 ottobre), Danilo Callegari comincerà la sua traversata della savana di corsa percorrendo 1.200 chilometri in 27 giorni, con una maratona al giorno. Raggiunte le pendici del Kilimanjaro (1.600 mt) salirà da un versante fino alla vetta (5.895 mt) senza l’ausilio di campi intermedi e ossigeno, per poi ridiscendere dall’altro versante, il tutto entro il tempo-limite delle 24 ore.

Un ragazzo fuori dal comune, indubbiamente.

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