Il cervello di un atleta è il 10% più rapido quando è sotto pressione

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“Mens sana in corpore sano”, ma anche viceversa, perché una cosa è fondamentale all’altra e, secondo una ricerca effettuata all’University College di Londra, più un corpo è in allenamento, tanto un cervello funziona al meglio, anzi in determinate situazioni diventa ‘super’. In base ad una serie di test effettuati dai ricercatori londinesi è infatti emerso che il cervello di uno sportivo ha reazioni il 10% più rapide, in situazioni di pressione, rispetto a quello di una persona che non pratica attività sportiva.

Sportivi più ‘allenati’ allo stress

L’Istituto di Neuroscienza Cognitiva dell’University College di Londra ha sottoposto a prove di percezione e di memoria alcuni sportivi professionisti e alcune persone che non praticano attività sportiva, ai quali in distinte sessioni venivano proposte immagini preparate ad hoc per creare una situazione di stress. Il risultato finale è stato che gli sportivi hanno risposto il 10% più velocemente e con il 20% in più di precisione mnemonica rispetto ai “non sportivi”, dimostrando una maggiore capacità di affrontare situazioni di stress e ad alto livello emozionale.

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Decidere in un secondo significa vittoria o sconfitta

“In generale, gli sportivi sono risultati più precisi nelle prove di memoria dopo aver ricevuto stimoli negativi, mentre i ‘non sportivi’ sono stati distratti da questi stessi stimoli” – ha dichiarato il professor Vincent Walsh, responsabile della ricerca – “Il rendimento dei non sportivi è diminuito di molto a livello di capacità di memoria dovendo affrontare avversità e situazioni emozionali intense, mentre quello degli sportivi sono state decisamente migliori “. Il ricercatore ha definito affascinante il modo di pensare degli sportivi nel momento nel quale devono rispondere alle sfide in condizioni di elevata pressione ovvero quando prendere una decisione o un’altra può fare la differenza tra il successo o la sconfitta.

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Quando si dice ‘il rischio è il mio mestiere’

La distinta percezione della paura, del pericolo e del fallimento sono le variabili determinanti per chi non pratica sport a livello professionistico, come ha dichiarato uno dei partecipanti al test, convinto che gli atleti abbiano una diversa percezione della paura e del rischio.
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