Non siamo più abituati a non fare assolutamente nulla. Viviamo vite talmente compresse e frenetiche che anche quando abbiamo qualche giorno di vacanza dobbiamo per forza fare qualcosa. Come se davvero “una vita sola non mi basta. Se conti bene non sono neanche tanti giorni. Troppe cose da fare, troppe idee. Sai che ogni volta che vedo un tramonto mi girano i c…?” come dice il sergente Lo Russo / Abatantuono in Mediterraneo di Salvatores. E io per primo sono tossicamente iperattivo. Anche nel senso buono, che quando ho un attimo di tempo ne approfitto per fare una corsa, un giro in bici, o incastro un’escursione in orari improbabili delle mie giornate. Poi c’è il senso tossicamente cattivo, quello per cui se non ho niente da fare o ho un momento di relax, chatto e navigo sui social con lo smartphone. Come se la mente avesse disimparato a non focalizzarsi su nulla. Come se avessimo completamente dimenticato l’idea di otium dei latini, quel dolce far niente per volontà più che per costrizione.
Abbiamo troppo da fare
E invece dovremmo imparare a non fare assolutamente nulla. In Italia lavoriamo tantissimo, troppo. Secondo i dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in Italia nel 2020 la media di ore lavorate annuali è stata di 1.558,7, e nel 2019 erano state 1.714,7. Senza scomodare gli americani o i giapponesi, siamo quelli che in UE lavorano più di tutti. L’etica del lavoro è passata dall’essere gli ultimi a lasciare il parcheggio all’essere gli ultimi a rispondere alle e-mail. E di conseguenza siamo quelli con meno tempo libero a disposizione. Poi però quel poco tempo libero lo riempiamo di cose da fare, impedendo alla nostra mente di andare in stand-by. E il dire che è così per tutti non è “mezzo gaudio”, è deprimente.“Lavoro, guadagno, pago, pretendo” diceva il mitico Dogui negli anni Ottanta travestito da commendator Zampetti. “Produci, consuma, crepa” cantavano i CCCP sempre negli anni Ottanta. I due lati della medaglia di un mondo malato di workaholism in cui abbiamo dimenticato la bellezza, estetica e morale, del non fare nulla.
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Spoiler: ne mandiamo poche, ma buone!
Perché non fare assolutamente nulla
Eppure almeno noi nati e cresciuti nell’epoca analogica dovremmo saperlo che la noia è creativa. Che il non fare nulla è la molla della fantasia. Non ci vorrebbe nemmeno lo studio dell’University of Central Lancashire per sapere che annoiarsi è un atto sovversivo che favorisce la salute. In primis quella mentale. Sedersi a non fare nulla è come resettare corpo e mente, dare il tempo al materiale e all’immateriale che ci compongono di ricaricarsi di energia fisica e psichica per poter ripartire meglio.
In vacanza da se stessi
Sarà la mezza età, saranno i due anni di pandemia che hanno indotto anche me a ripensare alle priorità in termini di spazio e tempo a disposizione, sarà quel che sarà ma insieme a tante altre cose (per esempio che ormai delle prestazioni non mi importa più nulla) ho capito e deciso che voglio reimparare a non fare nulla. Come quei pomeriggi passati a pisolare e aspettare e contemplare di quando ero ragazzo e non avevo l’ansia della clessidra della vita.
Non è semplice resistere alla tentazione di impegnare la nostra attenzione, non è semplice costringersi a non fare volutamente nulla, e non è nemmeno semplice convincere chi ci sta intorno che in quel preciso momento non abbiamo voglia di fare assolutamente nulla se non stare fermi con il motore, fisico e mentale, che gira al minimo.
E convincerci che in quel momento stiamo volutamente dedicando tempo ed energia a lasciar scorrere il tempo.
Dicono che sognare a occhi aperti ci rende più creativi, più bravi a risolvere i problemi, a focalizzarci sulle cose e in qualche modo, anche controintuitivamente, a essere più produttivi e vedere tutto in modo più chiaro. A me capita quando corro o pedalo, che dopo un po’ innesto il pilota automatico e il cervello accende la memoria RAM e comincia a far sgorgare idee. Ma in queste vacanze ho deciso di prendermi del tempo per non fare nulla con uno scopo preciso. Per andare in vacanza da me stesso.
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