Il fitness trainer sbagliato, per noi e per le palestre

Il trainer sbagliato per noi e le palestre

Non riuscire ad allenarci senza che qualcuno ci spinga a farlo è segno che dobbiamo andare a caccia del trainer più cattivo. Quello, per intenderci, più furiosamente determinato a intercettarci e ad afferrare al volo quello che ci serve. Non è così, evidentemente, se al vertice delle classifiche delle richieste c’è il trainer 4.0, che mette assieme numeri, dati, App di avvio, monitoraggio e controllo in uno stato parossistico d’elaborazione perenne che eleva la sua immagine e cattura il cliente. Tutte queste App, supporto illusorio di chi non ha un vero stimolo ad allenarsi e di chi si vende come specialista nel motivare il non motivato, si rivelano spesso inutili.

Se la nostra voglia di “workout” palestraro è uguale a zero, nemmeno il miglior coach del mondo potrà aiutarci e men che meno l’ultima App scaricata. Soluzione? Una: cambiare sport. Il trainer giusto è un essere dotato di capacità tecniche, pazienza e un’attitudine quasi esoterica a leggere la mente. Non di certo un chiromante, ma di sicuro un esperto di fisiognomica, visualizzatore quasi perfetto della nostra espressione facciale. Specie davanti alle nostre reazioni alla scheda d’allenamento che ci ha appena messo sotto il naso. Senza queste doti, la strada che riusciremo a percorrere in assenza del Buon Samaritano sarà… impercorribile.

Ma torniamo al trainer sbagliato. In alcuni fitness club i personal trainer tolgono letteralmente i pesi dalle mani dei loro allievi per rimetterli a posto. Il tutto risulta più o meno paragonabile all’insegnante che ripone il quaderno nella cartella del proprio alunno stanco. Tra gli istruttori inutili (a noi e alle palestre) anche quelli che ci costringono a dare spazio ogni volta che in qualità di “personal operator” prendono possesso dell’attrezzo: per loro priorità assoluta, sempre. Priorità dettata dall’ormai nota “quota-locazione” pagata al club, per cui le parti s’invertono nel senso economico del termine, dove il datore di lavoro diventa l’istruttore, con tutti i maldestri comportamenti che ne conseguono. Appropriarsi di un attrezzo è la triste conseguenza delle palestre che lasciano al parco istruttori (sbagliati) la facoltà di fagocitare business. E clienti. Meglio tenersi sempre sul semplice: nel training e nel suo redattore.

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