Castello di Melfi: la fortezza sveva più bella del Sud, in Basilicata

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Nel cuore del Vulture, tra vigneti di Aglianico e colline vulcaniche, si erge il Castello di Melfi, una delle fortezze più imponenti e affascinanti del Mezzogiorno. Visitarlo significa attraversare quasi mille anni di storia, dalle invasioni normanne ai fasti di Federico II, fino alle vicende più recenti che ne hanno fatto un simbolo della Basilicata.

Il castello domina la città di Melfi da un’altura strategica: le sue torri, le mura merlate e la vista panoramica sull’intero Vulture creano un’atmosfera che in autunno diventa ancora più suggestiva, con i colori dorati dei boschi e il profumo del vino nuovo.

Un viaggio nella storia normanna e sveva

Le origini del Castello di Melfi risalgono all’XI secolo, quando i Normanni lo costruirono come presidio militare. Fu poi ampliato da Federico II di Svevia, che lo scelse come una delle sue residenze preferite e lo trasformò in sede di importanti assemblee imperiali.

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Proprio qui, nel 1231, furono promulgate le celebri Costituzioni di Melfi, il codice legislativo che regolò l’Impero svevo di Sicilia e che oggi è considerato una pietra miliare del diritto europeo.
Passeggiando tra i cortili e i bastioni, si percepisce ancora la forza di quella stagione storica: le pietre del castello raccontano di re, crociati, vescovi e battaglie. Le torri esagonali e quadrate si alternano in una pianta irregolare che testimonia secoli di adattamenti e conquiste.

Cosa vedere all’interno del Castello di Melfi

Oggi il castello ospita il Museo Nazionale Archeologico del Melfese, che raccoglie reperti provenienti dalle necropoli del territorio e dai villaggi lucani di età arcaica. Tra i pezzi più celebri c’è il Sarcofago di Rapolla, capolavoro in marmo del II secolo d.C., decorato con scene mitologiche scolpite con straordinaria finezza.Cortile_del_Castello_di_Melfi

Le sale interne conservano pavimenti in pietra, archi medievali, ambienti voltati e affacci spettacolari sul borgo sottostante. Le esposizioni raccontano la lunga storia di Melfi: dalla civiltà lucana ai Normanni, dai Bizantini agli Svevi.
Dalle terrazze si apre una vista unica sui monti del Vulture, sui campi di grano e sui vigneti che in autunno si tingono di rosso e arancio.

Melfi, città d’arte e di vino

Dopo la visita al castello, vale la pena passeggiare nel centro storico di Melfi, un dedalo di vicoli, scalinate e botteghe dove il tempo sembra essersi fermato. Le case in pietra lavica, i portali decorati e le chiese romaniche raccontano la lunga tradizione artistica della città.

La Cattedrale di Santa Maria Assunta, con il suo campanile normanno, e il Palazzo del Vescovado sono tappe imprescindibili. Nei dintorni, le cantine dell’Aglianico del Vulture aprono le porte ai visitatori per degustazioni e percorsi tra i vigneti.
L’autunno è il periodo migliore per visitare Melfi: i turisti sono pochi, le temperature ideali e l’atmosfera sospesa tra storia e natura.

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Leggende e misteri del castello

Come ogni fortezza che si rispetti, anche il Castello di Melfi è avvolto da storie e leggende. Si racconta di apparizioni notturne di dame normanne, di passaggi segreti scavati nella roccia e di un antico pozzo sotterraneo che univa il maniero alla valle.castello-melfi-museo

Tra le torri e i , alcuni visitatori giurano di aver percepito profumi di incenso e cera, segni del passato monastico della città. Queste leggende, insieme al fascino architettonico del castello, ne fanno uno dei luoghi più evocativi e misteriosi della Basilicata.

Un punto di partenza per esplorare il Vulture

Il Castello di Melfi è anche una base perfetta per scoprire la natura e i borghi del Vulture-Melfese. A pochi chilometri si trovano i meravigliosi Laghi di Monticchio, immersi in boschi di faggio e castagno, e i borghi di Rionero in Vulture e Ripacandida, famosi per i murales e i panorami sulla valle.

Il connubio tra cultura, natura e sapori rende questa parte della Basilicata un tesoro ancora poco conosciuto, ma ideale per chi cerca viaggi d’autunno lenti, autentici e rigeneranti.

 

foto Museo Massimo Pallottino, Gigivurro – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=94524825

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