Il nostro Paese è meraviglioso, anche perché esistono ancora angoli in cui il freddo non è un ostacolo e, anzi, è la cornice perfetta per un viaggio che sa di neve e legna che arde. Tutto ciò succede tra le vette silenziose dell’Appennino molisano, dove la stagione gelida trasforma i tratturi in sentieri immacolati per il trekking lento.
È proprio in questa atmosfera fatta di borghi in pietra che sembrano presepi viventi che il viaggio outdoor trova il suo compimento naturale a tavola. In zona, infatti, dopo chilometri percorsi nel vento che soffia tra le rovine sannitiche, il rifugio ha il volto di una cucina di paese e il profumo denso dei Cavatelli.
La storia dei Cavatelli, nati per “catturare” il condimento
Le radici dei Cavatelli affondano nel cuore del Medioevo, precisamente sotto il regno di Federico II di Svevia. Si dice che l’Imperatore, grande estimatore della cucina semplice ma sostanziosa, ne favorì la diffusione in tutto il Molise. Il termine dialettale cavatìlle deriva proprio dal gesto di “cavare”, ovvero scavare la pasta al fine di creare una “trappola” perfetta per i sughi.
In questo modo, infatti, la densità del condimento si fonde con la consistenza tenace della semola di grano duro, dando vita a un equilibrio ottimale tra pasta e condimento in ogni singolo boccone.
Il segreto del “tocco” e la ricetta
La vera anima del Cavatello risiede nella manualità delle donne molisane. La tecnica, che essendo antica è stata inizialmente tramandata in maniera orale, consiste nell’incavare il pezzetto di pasta con la pressione dell’indice e del medio (o a volte solo del pollice).
Sembra quasi una danza di dita che richiede velocità e una pressione costante: se il tocco è troppo leggero, il sugo scivola via; se è troppo forte, la pasta diventa gommosa.
Il Cavatello molisano trova la sua massima espressione nel ragù di maiale, un rito che inizia la domenica mattina presto. La ricetta iconica prevede l’uso delle spuntature (costine) e della salsiccia di fegato (oppure della salsiccia sotto sugna o della salsiccia molisana al finocchietto), cotte lentamente nel pomodoro fino a quando la carne non si stacca quasi da sola dall’osso.
Ad ammorbidire la consistenza della pasta di semola ci pensa poi il grasso del maiale, che insieme a una spolverata finale di pecorino locale o caciocavallo grattugiato sigilla un binomio che è diventato il simbolo della convivialità regionale.
Trekking invernali e sapori nel Molise autentico (con consigli sui migliori ristoranti)
Il modo più indicato per guadagnarsi (o gedersi al massimo) un piatto di Cavatelli è attraversare il paesaggio che li ha generati (che, fatecelo dire) è davvero eccezionale). Quel che occorre tenere a mente, però, è che il Molise invernale richiede scarponi robusti e voglia di esplorare orizzonti silenziosi.
Ciaspolate sul Tratturo e sosta a Campobasso
Quando la neve copre le “autostrade d’erba”, il tratto del tratturo che lambisce l’abitato di Campochiaro si snoda verso la zona archeologica di Altilia (Saepinum) e si rivela il top per una ciaspolata o una camminata nel bianco. Del resto, qui ci sono percorsi ampi e privi di pendenze eccessive, ideali per godersi il silenzio dei pascoli innevati senza i rischi tecnici dell’alta quota. Al rientro verso il capoluogo, il rifugio che vi consigliamo di raggiungere è il ristorante La Grotta a Campobasso: un locale storico (situato proprio nel cuore del borgo antico) scavato nella roccia calcarea in cui Cavatelli al sugo di maiale sono una garanzia di calore e tradizione.
Trekking urbano e street art tra i vicoli di Civitacampomarano
Sono meravigliosi sempre, ma i calanchi d’inverno hanno un fascino che potremmo definire lunare. In sostanza si è di fronte a un paesaggio irresistibile, ma che in questa stagione può rivelarsi anche molto insidioso. Per questo motivo, è consigliato optare per un trekking urbano che parta dal maestoso Castello Angioino. Si tratta di un percorso che si snoda tra i vicoli stretti del borgo per scoprire opere di street art internazionale (nate grazie al festival CVTà Street Fest) che decorano porte e facciate segnate dal tempo. È una camminata panoramica e sicura anche in caso di nevischio. Per pranzo, la Trattoria La Passeggiata è il punto di riferimento e con Cavatelli spesso arricchiti dal tartufo nero uncinato.
L’incanto di Pietrabbondante e i sentieri dell’Alto Molise
Visitare il Santuario Sannitico di Pietrabbondante sotto la neve è un’esperienza mistica: i sedili anatomici in pietra del teatro che emergono dal candore regalano una vista unica sulla Valle del Trigno. Per chi vuole camminare ancora, a breve distanza si trova il Bosco di Collemeluccio, Riserva MAB UNESCO, con sentieri ben segnalati tra gli abeti bianchi. Essendo a oltre 1.000 metri di altitudine l’aria è ovviamente gelida. Per questo, dopo la visita è meglio scendere verso Isernia (circa 30 minuti) per ritrovare temperature più dolci. All’Osteria O’ Pizzicotto, per esempio, potrete assaggiare i “Cavati” (la variante locale dei Cavatelli) preparati con semole di grani antichi molisani.
Foto Canva
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