C’era una volta il calzolaio: ago, sgorbia, filo e una manualità che nasceva in famiglia, passava di padre in figlio e finiva ai piedi di guide alpine e nobili escursionisti austriaci. Quegli scarponi accompagnavano le prime salite sul Cervino e le passeggiate nelle Dolomiti, quando il turismo alpino era ancora agli inizi.
Da quel mondo fatto di botteghe, cuoio e chiodi siamo arrivati all’Italia di oggi, leader mondiale nella produzione di scarponi da montagna e calzature tecniche. Le tecnologie sono cambiate, i materiali anche, ma precisione e passione sono rimaste le stesse.
Un museo unico al mondo: Montebelluna
A raccontare questa evoluzione c’è il Museo dello Scarpone e della Calzatura Sportiva di Montebelluna, un luogo imperdibile per chi ama la montagna e la sua storia. Qui sono custoditi migliaia di scarpe e scarponi: oggetti che parlano di alpinismo, esplorazioni e innovazioni che hanno cambiato il modo di camminare e scalare.
Tra i pezzi più significativi:
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Scarponi di fine ’800
Pesanti, in cuoio spesso, realizzati a mano e pensati per accompagnare i primi alpinisti delle Alpi.

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Modelli della Prima Guerra Mondiale
Calzature robuste, con suole chiodate, usate al fronte dai soldati impegnati nelle battaglie in montagna.

- Scarponi degli anni ’60
L’epoca dei materiali più leggeri e delle prime tecniche industriali che rivoluzionano comfort e resistenza.

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Scarponi moderni
Materiali sintetici, colori vivaci, suole performanti, isolamento termico: oggi la tecnologia è diventata protagonista.
Gli scarponi che arrivarono sul K2
Il museo conserva anche alcuni dei modelli più iconici del Novecento. Tra questi, gli scarponi dotati di suola Vibram, comparsa negli anni ’30 e destinata a cambiare tutto.

È con quelle suole che, nel 1954, Lino Lacedelli e Achille Compagnoni raggiunsero la vetta del K2, una delle imprese più importanti della storia dell’alpinismo. Una innovazione italiana che ha definito gli standard mondiali.
Info qui: ww.museoscarpone.it
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[photo credits: pixabay.com, d.colombo]
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