Avevo quattordici, forse quindici anni, e sfogliavo sulla poltrona beige nel salotto di casa una copia di Panorama Mese. Era un mensile dalla copertina rossa, brossurata, su carta lucida. Ricordo che lo leggevo con ingordigia, sfogliavo voracemente le pagine alla ricerca di racconti e articoli di emozioni, e quasi sempre trovavo soddisfazione.
Come quella volta che vi scoprii la cronaca di una gara speciale, davvero speciale, in Olanda, una gara di pattinaggio su ghiaccio, una competizione popolare lungo i canali ghiacciati che collegavano undici città della regione di Friesland. Totale 200 chilometri, o forse più.
Ma con il riscaldamento globale del pianeta, quella secolare tradizione è venuta a mancare e la Elfstedentocht, così si chiamava la gara che letteralmente significa “giro delle undici città”, pareva ormai destinata all’oblio.
Un pezzo d’Olanda in Carinzia
E invece no. Un trentina di anni fa, un olandese in vacanza sulle Alpi austriache trova un lago ghiacciato che fa proprio al caso: il Weissensee, in Carinzia. Ritorna in patria e l’anno dopo nasce la AEW, ovvero la Alternatieve Elfstedentocht Weissensee, la cui traduzione è facilmente comprensibile.
Per quasi due settimane a cavallo tra gennaio e febbraio oltre cinquemila pattinatori olandesi si appropriano del “lago bianco” in un calendario di una decina di giorni di gare quotidiane.
Dalla voce dello speaker al menù del pasta party, dagli striscioni degli sponsor al sito web, dai fotografi ai pattini, qui tutto è olandese. Lo chiamano lago bianco, ma in queste settimane potrebbe essere “the orange lake”. Qui tutto è dutch, fiammingo. L’organizzazione è tale che viene persino stampato un quotidiano, il Weissensee Dagkrant, che racconta come sono andate le gare del giorno prima e il programma della giornata. Ci mancano solo i mulini a vento.
In un’atmosfera di grandi sorrisi, si consumano su questi ghiacci sfide e competizioni su un anello di 12 chilometri e mezzo da ripetere fino al raggiungimento della distanza prescelta: 50, 100 e 200 chilometri.
Il tracciato lo allestisce Norbert Jank, un signore di settant’anni che si fregia del titolo di “eismaster” l’unico grande e vero conoscitore del ghiaccio del Weissensee. «In alcuni punti sono sufficienti 15, 20 centimetri di ghiaccio per poter pattinare e soprattutto poter sostenere il peso degli spazzanevi» sottolinea Norbert, che potrebbe essere soprannominato ‘L’uomo Del Monte’ visto che da lui dipende l’accessibilità o meno allo specchio del lago ghiacciato: dopo il suo “sì” scatta la stagione.
In vacanza con le lamine affilate
Si perché qui il ‘pattinaggio’ è diventato un vero e proprio prodotto turistico, che attira ospiti prevalentemente olandesi che, a fianco di sci alpino e sci di fondo, hanno l’opportunità di praticare la disciplina sportiva del loro sport nazionale, in un ampio e aggiungiamo noi, soleggiato spazio.
Appoggiamo i gomiti alle transenne in attesa dell’ultima tornata: sembra di essere ad una gara ciclistica, tutti vogliono occupare le posizioni di testa, ma nemmeno stare all’aria. I gregari fanno il loro lavoro di copertura dei capitani, mentre qualche braccio indisciplinato si fa strada nel gruppo. Lo sprint è da cardio palma: vince un certo Erwin Mesu del Team Selecteq che ha battuto per un amen Bob de Vries che, a giudicare dal numero 1 del pettorale, era il vincitore uscente e il favorito d’obbligo. Dopo duecento chilometri alla media di 36 km/h, ben otto atleti si sono giocati la gara della stagione, e sono racchiusi in cinque secondi. Fantastico!
Destini incrociati
La Elfstedentocht mi ha contagiato: è una vera granfondo da fare con le lamine ai piedi. Torno in paese e noleggio scarpe e pattini. Si proprio così, due cose separate: scarpe (da fondo Salomon) e lamine con attacchi SNS da fondo. I primi centro metri sul ghiaccio sono un’esperienza extrasensoriale. Non cado, wow. Prendo sempre più confidenza e inizio a pattinare. Mi lancio sul ghiaccio, e capisco che sta succedendo qualcosa. Più pattino e più di concretizza questo “qualcosa”. Ad ogni pattinata l’idea prende forma finché mi fermo e penso: «Il prossimo anno ci voglio essere. Voglio partecipare alla Elfstedentocht…! Sicuro».
Torno in albergo e mi fiondo al computer, arrivo al sito ufficiale: capisco quanto sia più facile pattinare per duecento chilometri piuttosto che navigare in un sito web in solo lingua olandese. Eccole, trovate: le classifiche. Pazzesco, a fianco del nome di ogni concorrente, c’è la bandiera della propria nazione: a parte tre o quattro tedeschi, un austriaco e un belga, che sicuramente si son trovati lì per caso, sono tutti olandesi. Tutti! Italiani neanche l’ombra. Dico tra me e me: «Mmmmm…». Chiudo il pc, e inizio a sognare.
Come dicono gli olandesi: “Zie je in een jaar, Weissensee”. Ci vediamo tra un anno, Weissensee.
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