Perché il divieto di fumo all’aperto a Milano (e ovunque) è utile

divieto di fumo all'aperto

A Milano è scattato il divieto di fumo all’aperto: una novità che sta facendo discutere, ma che può oggettivamente portare dei miglioramenti a livello di salute e a livello ambientale.
Dal 19 gennaio 2021, nel capoluogo lombardo c’è il divieto di fumo in determinati spazi all’aperto: allo stadio, al parco, nelle aree gioco per bambini e nelle aree cani, al cimitero e alle fermate dei mezzi di trasporto pubblico. A stabilirlo è stato il nuovo Regolamento sulla qualità dell’aria approvato alla fine del 2020. Fino al 2025, nel capoluogo lombardo si potrà fumare all’aperto solo se si mantiene una distanza di 10 metri dalle altre persone. Tra 4 anni, però, il divieto scatterà tassativamente in tutte le aree pubbliche all’aperto.
Secondo Marco Granelli, Assessore alla Mobilità del Comune di Milano, la misura è stata adottata per due ragioni: ridurre l’inquinamento e proteggere la salute dei cittadini dal fumo passivo e attivo. Tuttavia non sono mancate le critiche, spesso sollevate da coloro che si dimenticano che decisioni analoghe sono state già prese in tante altre grandi città d’Europa e del mondo. Ricordiamo che l’Italia è un Paese caratterizzato da ben 11 milioni di fumatori abituali (dati dell’Istituto Superiore di Sanità riferiti al settembre 2020), dunque era piuttosto pronosticabile che una novità del genere non venisse accolta bene fin da subito. Ma vietare il fumo all’aperto è davvero utile? Cerchiamo di capirlo: continuate a leggere qui sotto.

Le motivazioni di natura ambientale

Le sigarette non sono una delle principali cause di inquinamento atmosferico, ma hanno un ruolo da non sottovalutare. Il fumo delle sigarette è un mix di gas e particolati nocivi che contiene più di 4mila sostanze chimiche tra cui la nicotina, l’etilfenolo, residui di pesticidi, metalli pesanti, gas ammoniaco e acido cianidrico.
Gli studi in grado di testimoniare che il fumo produce quantità non indifferenti di PM 2,5 (particolato fine) sono parecchi, come quello pubblicato sull’European Respiratory Journal e condotto in due strade del centro di Milano. I ricercatori hanno confrontato i livelli di particolato atmosferico di una via in cui passano solo macchine e di una via pedonale, scoprendo che la qualità dell’aria era peggiore nella strada senza automobili. A questa ricerca partecipò anche anche Roberto Boffi, responsabile della pneumologia all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, che nell’edizione odierna di Repubblica-Milano ha parlato di una “straordinaria capacità inquinante del fumo all’aperto” e spiegato che il fumo può inquinare “dieci volte in più di un diesel e tre volte più di un Tir, e che in termini di PM10 bastano tre sigarette per inquinare più di una locomotiva”.
E non è tutto, perché il fumo delle sigarette è anche responsabile dello 0,2% delle emissioni globali di anidride carbonica. Poi c’è un discorso legato ai rifiuti: i mozziconi ci mettono decenni a decomporsi, sporcano le nostre strade e spesso finiscono nelle acque dei mari e dei fiumi. Vietare il fumo all’aperto può quindi avere delle conseguenze positive sull’ambiente? Certo che sì.
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Il fumo passivo fa sempre male, anche all’aperto

Come scrive la dottoressa Michelle Bloch sul British Medical Journal, i divieti di fumo all’aperto sono giustificati soprattutto in quegli spazi simili ai luoghi al chiuso in termini di affollamento, come appunto le fermate dei mezzi, gli stadi o i parchi urbani. Lo Stato americano della California, di recente, ha dichiarato il fumo passivo all’aperto un “inquinante atmosferico tossico”. Questo perché il fumo (anche all’aperto) può causare attacchi asmatici, infezioni ai bronchi e altri problemi di salute nel breve termine anche a chi non sta fumando.
Stando a quanto sostenuto da parecchi studi, chi soffre d’asma, bronchite cronica e sinusite cronica è particolarmente suscettibile al fumo di tabacco passivo, così come le donne in gravidanza e i bambini. Ricordiamo che, dal punto di vista fisico-chimico, non ci sono particolari differenze tra fumo attivo e passivo: si tratta sempre del prodotto di combustione del tabacco, e le uniche differenze risiedono nella temperatura di combustione e nella percentuale di ossigeno disponibile.
Uno dei più importanti dossier sul fumo passivo è intitolato “The Health Consequences of Involuntary Exposure to Tobacco Smoke”, pubblicato nel 2006. Sul documento si legge che “il fumo passivo causa la morte prematura e diverse malattie nei bambini e negli adulti che non fumano, e che l’esposizione degli adulti al fumo passivo ha immediati effetti avversi sul sistema cardiovascolare, causa malattie coronariche e il cancro polmonare”. Inoltre, i livelli di fumo passivo nelle aree esterne sono sovrapponibili a quelli rilevati nei luoghi chiusi in cui è permesso fumare: lo sostengono tutte le principali revisioni sistematiche degli studi sul fumo passivo. Dunque la scelta di Milano è stata tutt’altro che casuale.
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Le altre motivazioni

Dietro il divieto di fumo all’aperto ci sono altre motivazioni da tenere in considerazione. Una su tutte è la speranza di disincentivare questa pratica che, secondo l’OMS, rappresenta la seconda causa di morte al mondo. Nell’ultimo periodo, inoltre, quante volte stiamo notando gente sui marciapiedi affollati o alla fermata del tram con la mascherina abbassata che fuma? E che, a causa del fumo, tossisce di fianco ad altre persone? A Milano capita di continuo, ma con questo divieto si spera che la situazione inizi a prendere una direzione diversa.
C’è anche un discorso legato al semplice rispetto del prossimo: perché Tizio, non fumatore che è seduto su una panchina al parco, deve sorbirsi l’odore di fumo proveniente dalla sigaretta di Caio, seduto sulla panchina di fianco? Caio, in quel caso, può tranquillamente spostarsi in un prato in cui è da solo e distante 10 metri dagli altri, concedendosi la sua sigaretta. Nel 2025, a Milano, il fumo sarà totalmente bandito anche all’aperto, dunque bisognerà predisporre delle apposite aree dedicate ai fumatori (come succede ad esempio all’Università Bicocca di Milano).

Le città (e i Paesi) che da tempo stanno già facendo come Milano

La scelta del capoluogo lombardo Milano è in linea con ciò che sta accadendo già da diversi anni in Europa e nel mondo. Corea e Giappone sono stati tra i primi Paesi a imporre il divieto di fumo all’aperto, ma sono tanti gli esempi più vicini a noi. A Parigi non si può fumare in 46 aree verdi cittadine, a New York e in California c’è il divieto di fumo nei parchi, nelle spiagge e nelle piscine; la Lettonia vieterà il tabacco entro il 2040, mentre la Svezia, dopo aver vietato il fumo all’aperto nel 2019, si è imposta l’obiettivo di eliminare fumo e tabacco in tutto il paese entro il 2025.
[Photo by Comune di Milano]

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