I bambini che fanno sport hanno meno rabbia, irritabilità e comportamenti polemici

Sport come prevenzione: la partecipazione sportiva in età infantile come fattore protettivo contro i comportamenti oppositivo-provocatori in adolescenza. Nuove evidenze scientifiche sui benefici comportamentali della partecipazione sportiva costante nei ragazzi

I bambini che fanno sport hanno meno rabbia, irritabilità e comportamenti polemici

I risultati di un nuovo studio condotto da Matteo Privitera (Università di Pavia) e Linda Pagani (Université de Montréal) evidenziano che la partecipazione continuativa ad attività sportive organizzate durante l’infanzia è associata a una riduzione dei comportamenti oppositivo-provocatori nella prima adolescenza, in particolare tra i ragazzi.

I bambini che fanno sport hanno meno rabbia, irritabilità e comportamenti polemici (comportamenti oppositivo-provocatori)

Il comportamento oppositivo-provocatorio è spesso sottovalutato e può coesistere con altri disturbi dello sviluppo. Si manifesta attraverso schemi persistenti di irritabilità, sfida e ostilità nei confronti delle figure autoritarie. È più frequente nei ragazzi e spesso si accompagna ad altri disturbi del neurosviluppo, come l’ADHD e i disturbi specifici dell’apprendimento – spiega Matteo Privitera -. Tali comportamenti possono interferire con l’apprendimento, le relazioni sociali e la salute mentale a lungo termine. Il nostro obiettivo era individuare strategie accessibili e basate sulla comunità che favorissero lo sviluppo di condotte adattive nei bambini”.

Lo studio ha utilizzato i dati del Quebec Longitudinal Study of Child Development, una coorte di popolazione nata nel 1997/1998 e coordinata dall’Institut de la statistique du Québec. L’analisi ha riguardato 1.492 bambini e bambine che avevano praticato sport tra i 6 e i 10 anni. All’età di 10 e 12 anni, gli stessi partecipanti hanno auto-riferito i propri sintomi di comportamento oppositivo-provocatorio.

Sport come strumento di autoregolazione, cooperazione e rispetto delle regole

I ragazzi che hanno partecipato in modo costante ad attività sportive organizzate hanno riportato significativamente meno sintomi oppositivo-provocatori a entrambe le età, rispetto ai coetanei con partecipazione discontinua o limitata”, aggiunge Privitera. Lo sport può costituire un contesto naturale di sviluppo per l’acquisizione di capacità di autoregolazione, cooperazione e rispetto delle regole”.

I bambini che fanno sport hanno meno rabbia, irritabilità e comportamenti polemici

Il team di ricerca, composto per l’Università di Pavia da Matteo Privitera con Luca Correale e Laura Fusar-Poli, e per l’Université de Montréal da Linda Pagani con Kianoush Harandian ha applicato modelli di regressione lineare ai minimi quadrati ordinari per stimare le associazioni prospettiche, controllando per sintomi comportamentali precoci e caratteristiche socio-familiari. Non sono emerse associazioni significative per il campione femminile.

I risultati supportano l’ipotesi secondo cui le attività extracurricolari strutturate possono promuovere la resilienza comportamentale”, osserva Harandian. “Lo sport fornisce un ambiente supervisionato e socialmente stimolante che può favorire nei ragazzi l’interiorizzazione di norme comportamentali adattive”.

Importanti implicazioni per le politiche pubbliche in ambito educativo e sanitario

Secondo gli autori, i risultati hanno importanti implicazioni per le politiche pubbliche in ambito educativo e sanitario.
Promuovere la partecipazione sportiva continuativa durante la l’infanzia può contribuire a ridurre l’incidenza dei disturbi del comportamento dirompente e favorire il benessere a lungo termine. Si tratta di una strategia semplice, scalabile e con ricadute positive per famiglie, scuole e comunità” concludono Privitera e Pagani.

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Informazioni sullo studio

Matteo Privitera, autore principale della ricerca, è affiliato al Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense e al Laboratorio di Locomozione Umana (LocoLab) dell’Università di Pavia. Coautori dello studio sono Kianoush Harandian (Psychoéducation, Université de Montréal), Luca Correale (Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Università di Pavia), Laura Fusar-Poli (Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento, Università di Pavia) e Linda S. Pagani (École de Psychoéducation, Université de Montréal). L’articolo scientifico, intitolato «Game Changer: How Middle Childhood Sport Predicts Reduced Oppositional-Defiant Behavior by Early Adolescence», sarà pubblicato in un prossimo numero della rivista European Child & Adolescent Psychiatry.

L’Università di Montréal

Profondamente radicata nel territorio di Montréal e animata da una missione internazionale, l’Université de Montréal si colloca tra le migliori università del mondo Fondata nel 1878, insieme alle sue due scuole affiliate, HEC Montréal e Polytechnique Montréal, costituisce il più grande centro di istruzione superiore e ricerca del Québec e uno dei principali in Nord America. L’ateneo conta oltre 2.300 docenti e ricercatori e più di 69.000 studenti iscritti.

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