Sport, professionisti, dilettanti, amatori: le differenze

Sport professionisti, dilettanti, amatori: le differenze

Tra professionisti, dilettanti, amatori ci sono delle differenze non sempre ben chiare in fatto di sport. E le notizie che precedono il DPCM che riguarda anche “gli sport di contatto” (sic) non fanno che aumentare la confusione intorno a una distinzione che da molti anni aspetta un inquadramento di legge. Le prime anticipazioni di stampa dicono che “il Governo sta valutando di vietare le partite di calcetto, basket e gli altri sport di contatto a livello amatoriale“. Livello amatoriale che è stato confuso da molti con quello dilettantistico, stante anche la precisazione da parte di diversi esponenti dell’esecutivo con gli sport professionistici.
Ora, gli sport formalmente professionistici in Italia sono solo 5: calcio, basket, ciclismo, golf e, in una forma particolare, pugilato. Si intendono professionistici perché le loro federazioni prevedono la presenza di una sezione professionistica, ma ciò non significa (ovviamente) che chiunque giochi a calcio o a basket sia un professionista: lo sono i calciatori dalla Serie A alla Lega Pro, esistono i ciclisti dilettanti che tuttavia percepiscono un compenso per la loro attività pur non essendo Pro, le donne non sono mai formalmente sportive professioniste (nemmeno quelle che giocano a calcio) e, clamorosamente, non sono professionisti i giocatori o gli allenatori di pallavolo di serie A.

La confusione tra sport professionisti, dilettanti, amatori viene da molto lontano, almeno dalla Legge 91/81 che stabilisce che:

“sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”.

Tralasciando le questioni di forma sui contratti professionistici, se Sara Gama (calciatrice della Juventus), Ivan Zaytsev (pallavolista della nazionale italiana), Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri, Federica Brignone e Christof Innerhofer non sono formalmente professionisti, quale è la differenza con Marco Rossi o Carlo Bianchi che giocano a calcio, basket o pallavolo nella squadra del proprio paese?
Una differenza formale e legale al momento non c’è, ed è il motivo per cui da anni si attende una legge quadro sul professionismo sportivo. Però de facto si considerano atleti professionisti coloro che svolgono un’attività sportiva impegnativa e prevalente in misura tale da non poter svolgere altra attività lavorativa, e percependo un compenso economico tale da permettere loro di condurre una vita agiata durante e dopo la carriera sportiva. La specifica “durante e dopo” non è banale perché in effetti ci sono sportivi che percepiscono compensi tali da permettere loro di mantenersi svolgendo in maniera esclusiva la professione sportiva ma non tali da garantire anche il post carriera. E qui, per aumentare la confusione, è ormai invalsa la dicitura di sportivi semiprofessionisti. Poi ci sono i dilettanti, i quali svolgono un’attività sportiva anche continuativa ma non esclusiva – si pensi ai campionati minori – anche percependo dei compensi o dei rimborsi spese, ma svolgendo nel contempo altre attività di studio o lavoro.

E gli amatori allora chi sono? Nella sostanza, ancor più che nella forma, gli amatori sono quegli sportivi che praticano un’attività per puro diletto e passione, a fini sociali, di mantenimento del benessere psicofisico, e ricreativi, che non percepiscono compenso o rimborso e che anche talvolta si autotassano per partecipare ai campionati e rifornirsi di materiale tecnico. In questa categoria rientrano gli amici che affittano il campo di calcetto, e anche coloro che partecipano ai campionati indetti dagli enti di promozione sportiva, un tempo riconosciuti dal CONI e ora afferenti Sport e Salute che dipende dal Ministero delle Finanze, ma benché spesso non ricompensati e talvolta anche costretti ad autotassarsi non gli sportivi che militano nelle categorie più basse dei campionati federali o nelle categorie giovanili federali.

Ma allora quale sport vogliono fermare tra professionisti, dilettanti e amatori? La confusione è tanta e le idee poco chiare, però: sicuramente al momento non i professionisti, probabilmente non i dilettanti – cioè gli sportivi che praticano attività inquadrata dalle federazioni – né le categorie giovanili federali, quasi sicuramente sì alle attività libere tra amici o conoscenti (appunto la partita di calcetto o di beach volley al campo affittato) e un grande punto interrogativo per quanto riguarda gli amatori degli enti di promozione sportiva.

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