Scialpinismo sulle Dolomiti: salita a Cima Roma [blog]

Passo Grosté, ore 9.15. Tardissimo! Sono salito su una delle prime corse della Funivia Grosté (che parte da Campo Carlo Magno, prima corsa alle 8.30), perché oggi non ho tanto tempo a disposizione. Con un passaggio sugli impianti, la salita a Cima Roma (2837 m), e anche alla vicina Cima Grosté, diventa decisamente più abbordabile: 400 m di dislivello. Per i “puristi” e i mattinieri c’è invece sempre la possibilità di infilare gli sci a Campo Carlo Magno e risalire le piste: la gita, con i suoi oltre 1100 m, diventa a quel punto decisamente più gagliarda.

Montate le pelli, risalgo dal Rifugio Stoppani verso Passo Grosté (2500 m) e abbandono il carosello dello sci. Ho compiuto questo itinerario una volta sola (peraltro senza raggiungere la cima) e dunque cerco con un po’ di timore delle tracce. Appena dietro la seggiovia vedo partire un chiaro percorso e riconosco con chiarezza che si tratta di tre scialpinisti. Ottimo: mi sento rassicurato.

Seguo le tracce passando sotto il canalone che porta a Cima Grostè e in un attimo lascio la civiltà. Questa zona, dove d’estate passa il sentiero attrezzato Benini, ultima parte della famosa Via delle Bocchette, è il regno delle pernici bianche: qualche anno fa vedevamo spesso l’alba con orecchie e binocolo in allerta, e spesso le bianche regine delle alte quote ci deliziavano con i loro rituali d’amore.

Finisco il giro – in limitata pendenza – del contrafforte dolomitico (sperone nord-est di Cima Grosté), mi affaccio verso la Val di Tovel, e bruscamente le tracce dei miei predecessori finiscono. Un brivido mi assale (saprò trovare il percorso da solo? Saranno tornati indietro perché è pericoloso?), ma il panorama mozzafiato, con una valle inviolata e Cima Roma troneggiante al suo centro, mi convincono a proseguire.

Scendo leggermente, derapando, per imboccare la vallecola e intravedo una linea, come di frattura da valanga. Ma non può essere: la vallecola è in falso piano. Mano a mano che mi avvicino, la linea lunghissima e sempre dritta si rivela essere una volpe! Piccole impronte, simili a quelle di un cane, ma di dimensioni minori, procedono senza soluzione di continuità.

Il percorso non presenta difficoltà: per evitare ogni possibile distacco, tengo la destra orografica della valle e cavalco ogni cresta. La neve si compatta al mio passaggio senza grande fatica e in breve sono sotto la parete, con il Brenta che mi guarda da sopra. Decido di allungare il percorso per seguire le piccole creste, lambisco una croce che guarda verso sud e affronto l’ultimo pendio, che è in realtà l’unica zona da tenere sotto controllo per i distacchi.

Salgo con zeta ravvicinate fino a sotto la paretina di roccia che si protende a nord di Cima Roma; un piccolo traverso ed eccomi sull’ultimo scivolo prima della forcella. Dalla forcella, che spalanca la vista verso la Val Perse e il Lago di Molveno, risalgo comodamente – anche grazie ai metri di neve caduti – verso la Cima. La croce è sparita, ma la Cima offre una vista impagabile su tutte le Alpi Centrali. A sud, vedo spuntare un altro scialpinista: in caso di fatalità, non sono solo da queste parti. Posiziono, per scrupolo, il mio artva in ricezione: il suo non risponde. Benone!

Tolte le pelli, mi butto per il ripido pendio che dall’alto appare decisamente meno insidioso: alcune curve da sogno mi proiettano rapidissimamente alla base dell’ultima parete salita. Mi giro, rimiro le curve quasi perfette nella neve candida: le geometrie di discesa si intersecano con quelle, uniche, della mia salita.

Peccato che il bello sia già finito: per evitare di ritrovarmi nel fondo della valle, preferisco ripercorrere la traccia di salita e dunque scivolo lento, a tratti spingendo, fino a dove è necessario ri-pellare. Percorro a ritroso l’itinerario di salita, incrociando altri due scialpinisti tardivi. Raggiungo infine lo sperone nord-est di Cima Grosté, dove libero gli sci per raggiungere gli impianti. Mi mischio, come un alieno, nel carosello dello sci festante e scendo a valle senza fatica, ancora quasi in trance, con il Brenta negli occhi.

Punto di partenza: stazione di arrivo della Cabinovia del Grosté (2437 m). Oppure Passo Campo Carlo Magno – Madonna di Campiglio (TN), 1702 m slm

Dislivello: 400 metri (1150 m circa da Passo Campo Carlo Magno)

Durata: 2,5 h

Difficoltà: facile, il pericolo maggiore è quello di perdersi in caso di scarsa visibilità

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