Hervè Barmasse: sali con passione, poi fatti un selfie

Hervé Barmasse, 36 anni, nato e cresciuto sulle pareti del Cervino da una famiglia di scalatori e guide alpine da tre generazioni, è uno dei più grandi alpinisti del momento. L’ultima sua impresa è il primo concatenamento in solitaria delle quattro creste del Cervino in inverno, avvenuto il 13 marzo scorso. Ci era riuscito solamente suo padre Marco nel 1985, ma non in inverno.

Partito alle 5:45 dal bivacco Bossi a 3345 metri, Barmasse ha scalato la cresta Furggen, la Hornli, la Zmutt e la cresta del Leone, per approdare infine alle 22:45 alla capanna Carrel, dove lo aspettava proprio il padre. Poi è ridisceso da solo verso Cervinia. La salita alla cresta di Furggen in invernale passando per la via degli strapiombi è un’altra impresa mai realizzata: un percorso lungo e difficoltoso, 8 ore fra salita e discesa, in mezzo alla neve che arrivava alla vita.

Hervé, dopo tante avventure in Pakistan e Patagonia, sei tornato sulle montagne di casa. Perché?
Volevo dimostrare che le Alpi possono ancora dare grandi soddisfazioni. Volevo sfatare il pensiero comune degli alpinisti su questo tema, che le ritengono montagne ‘superate’. E poi quello che fai sulle Alpi rimane qui, fra noi, alla portata di tutti. Mentre se fai un’impresa dall’altra parte del mondo, resterà sempre una cosa per pochi: non tutti possono permettersi di andare in Himalaya o in Patagonia o in Alaska.

Hai dichiarato una volta che nell’alpinismo tutto è stato fatto, e che non ti interessano i record. Come hai immaginato questa impresa?
Parto sempre con l’idea di fare qualcosa di nuovo per me stesso, se poi questo coincide con una prima assoluta, ben venga. Ma in realtà le emozioni che provo io alla prese con una prima o quelle che prova un alpinista non professionista su una via normale sono le stesse. La passione e la fatica che proviamo durante mentre saliamo su una montagna sono universali. È questo che rende unico l’alpinismo.

In realtà Hervé Barmasse è qualcosa di più di un alpinista: è un esploratore, un avventuriero d’altri tempi, i cui riferimenti sono Shackleton e i grandi pionieri del primo Novecento. Uno che pensa sempre a quello che fa, affrontando la montagna con fantasia, inventandosi vie, imprese e scalate con creatività, insomma uno spot vivente per il piacere della vita outdoor. Così gli abbiamo rivolto 10 domande (più una) per nulla tecniche, anzi un po’ stupide come piace a noi, su come prendere la montagna per il verso giusto. (Lo avevamo già intervistato l’anno scorso al The North Face Kalymnos Climbing Festival, in Grecia.)

Un buon motivo per andare in montagna?
Perché attraverso la fatica si conosce se stessi.

Un buon motivo per non andare in montagna?
Pensare che tutto possa essere facile, semplice, regalato.

Un buon motivo per scalare una parete?
Se parliamo di arrampicata sportiva, per il puro divertimento, per stare in relax con gli amici, e perché lo puoi fare anche a strapiombo sul mare.

Un buon motivo per non scalare una parete?
Ci si rovina le unghie!

Cosa non bisognerebbe mai fare in montagna?
Sottovalutarla.

Cosa bisognerebbe sempre fare in montagna^
Valutare bene le proprie capacità prima di affrontarla.

Un posto in cui andare assolutamente nella vita?
In vetta al Cervino. Ma anche ai suoi piedi non è male!

Un posto in cui si può anche fare a meno di andare?
Tutti i luoghi, anche quelli brutti, devono esser visitati, anche per fare una sorta di paragone con quelli più belli.

Ma se ti puntiamo una piccozza alla tempia ci fai un nome?
Piombino?

La cosa più divertente da fare in cima a una montagna?
Cercare di andare piano, godersela, perché questo ti dà entusiasmo, ti diverte.

La cosa più stupida da fare in cima a una montagna?
Ad esempio arrivare in vetta e farsi una foto con un salvagente in vita. Una volta, in una scalata a una cima inviolata, me ne sono portato dietro uno, proprio con questa idea.

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