Le nuove emozionanti ciclovie del Friuli: Adrion Cycle Tour e Kras Carso

09 - Il mosaico paleocristiano più grande al mondo (Aquileia)

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Scendo alla stazione di Monfalcone e respiro subito aria buona. Facile a dirsi, venendo io da Milano, ma in questo caso freschezza e luce sembrano uniche, ogni occhiata al paesaggio sembra subito cinemascope.
Posati i bagagli in albergo a Sistina, c’è giusto il tempo di conoscere compagne e compagni di pedalate – a colpo d’occhio rimarrò l’ultimo della fila e il bello della vecchiaia è che di solito ci si azzecca – e si parte subito con uno spuntino all’osmiza, una sorta di agriturismo che serve piatti freddi, pane, insaccati e naturalmente buon vino.
La curiosità: il nome viene da osem, ovvero otto in sloveno, perché questi locali potevano rimanere aperti solo otto giorni all’anno, giusto il tempo per smaltire la sovrapproduzione di vino: negli anni passati una gentile frasca veniva appesa sui cartelli stradali per indicare la temporanea apertura, e la voglia di un buon calice si trasformava in una caccia al tesoro. Oggi invece provvede internet, ahimè.

Una visita al magnifico castello di Duino ci fa scoprire le celebrità che vi hanno soggiornato, il salvataggio di Freud dalla furia nazista e la famiglia reggente – specializzata nei servizi postali di tutta Europa – che pare abbia dato il nome ai moderni taxi: Torre e Tasso – Thurn und Taxis – in effetti suona. Questi luoghi sono lambiti anche dall’eccellente reticolo di ciclovie regionali – in questo caso la FVG2, Adria Bike – ma noialtri in attesa delle biciclette oggi sgranchiamo le gambe lungo il romantico sentiero Rilke – che preannuncia le asperità di questo territorio – e terminiamo la passeggiata al centro di accoglienza turistica, candidato a diventare uno dei punti focali del Geoparco Carso Kras.

Ed è proprio questa la ragione del mio viaggio: sono in Friuli Venezia Giulia per pedalare le nuove ciclovie al confine tra Italia e Slovenia. Il progetto Interreg Italia-Slovenia – promosso dalla Comunità Europea – incentiva e finanzia lo sviluppo del turismo sostenibile transfrontaliero. Unire popoli e culture lungo ciclovie e piste ciclabili – amata bicicletta che spesso unisce e mai divide – sembra funzionare davvero in questa virtuosa regione di confine: confini geografici, paesaggistici e linguistici che in questi luoghi convivono armoniosamente. Ci attendono due giorni alla scoperta di alcuni tratti dell’Adrion Cycle Tour – ambiziosa ciclovia che intende collegare il mar Ionio al mar Adriatico per la quale la regione friulana si sta già attrezzando – e dei nuovi percorsi che solcheranno il Geoparco Carso Kras tra Italia e Slovenia, area protetta che accoglierà scienziati, giovani esploratori in visita didattica e audaci cicloturisti.
La giornata si conclude: cena di qualità in albergo – pesce e asparagi che diventeranno un inaspettato fil rouge di questo soggiorno friulano – ed è il momento del riposo: domani siamo in sella.

 

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Primo giorno: un assaggio della Adrion Cycle Tour e l’anello della laguna di Marano

Anna – preparata e allenata guida cicloturistica – ci attende a Lignano Sabbiadoro. Un caffè e comincia la nostra giornata a pedali che andrà a incrociare alcune delle ciclovie della regione: la FVG2 che collega Venezia a Trieste intercettando anche Aquileia e l’anello Lignano-Marano Lagunare con ritorno via mare.

Ci lasciamo presto alle spalle Lignano, cittadina balneare, per trovarci catapultati nelle terre della bonifica: strade bianche e assolate sotto il livello del mare, strappate agli acquitrini proprio durante il ventennio delle “cose buone”. Impressionante arrivare pedalando ai piedi delle macchine idrovore, solenni cattedrali di mattoni erette con l’unico scopo di risucchiare acque dalle terre sommerse per gettarle nel mare. Operosi generali, mostrano come medaglie gli stemmi di pietra di questi territori: targhe a ricordo di ingegneri, date di costruzione e di rinnovo, leoni alati per non dimenticare che qui un tempo era tutta Venezia.

Siamo nelle terre di mezzo, vetusti palazzi di antichi nobili che cedono malvolentieri il posto ai moderni palazzi dei nuovi commercianti. La strada scorre e ci conduce nei territori delle risorgive, fiumi e torrenti che scorrono misteriosi e nascosti nalla porosa pietra carsica, che eruttano improvvisi in superficie e sembrano nascere dal nulla.

Avvicinandomi a Marano riconosco i luoghi – sono già passato di qua anni fa pedalando – e ancora ricordo il pitbull che mi inseguì rabbioso: sventura volle che il paese in cui finalmente riuscii a salvarmi si chiamasse Carlino, e ancora oggi tanta paura per un carlino fa ridere parecchi amici.

Giunti a Marano – paese con più bar che abitanti, tanto che ci si sente subito a casa – la lungimirante visione della regione friulana dà dimostrazione del lavoro fatto finora per sviluppare e promuovere il turismo intermodale: non solo la classica formula bici+treno, qui sperimentiamo la versione bici+battello che ci regala una sorprendente escursione nel cuore della laguna.

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Mi perdonino gli amanti del bird-watching, ma rimango catturato da una visione così inaspettata che rimango a bocca aperta: i casoni della laguna. Sono – questi casoni – delle costruzioni di cannettte di bambù che consentivano ai pescatori locali di soggiornare più giorni pescando, senza dover ogni sera rientrare in barca alla propria dimora. Questa sorta di casupole ottocentesche – uscite dalle pagine dei viaggi di Gulliver – si tramandano da generazioni e sono considerate le “case di campagna” di molti maranesi. Tolta la campagna ovviamente – dato che sono circondate d’acqua – spesso ospitano grigliate tra amici, aperitivi nel fine settimana e sono visitabili da lontano o per una breve sosta, considerato che si tratta esclusivamente di residenze private.

Il battello ci lascia a riva, si torna in sella per l’ultima decina di chilometri lungo la ciclovia FVG2 in direzione Aquileia, piccolo borgo e immensa Basilica patrimonio UNESCO. La visita al più grande mosaico paleocristiano del mondo viene anticipata dai resti del porto fluviale – in pieno entroterra, a dieci chilometri dalla costa – a dimostrazione di come i romani sapessero costruire canali navigabili, oltre che ponti e acquedotti. Senza dilungarmi sui mosaici – così ricchi di figure che parte delle allegorie rimane ancora un mistero – ciò che sicuramente mi impressiona è la visione di lontano di questo borgo in cui sorge una vera cattedrale nel deserto, antica quanto è antico il cristianesimo. Dapprima oratorio e in seguito chiesa, è così arcaica che non si trova neppure un crocifisso, simbolo divenuto evidentemente à la page solo in epoche successive.
Il sole è basso ed è tempo di tornare verso le nostre stanze: una succulenta cena per recuperare le energie – ottimi gli gnocchi al polpo – ed è tempo di riposare.

Secondo giorno: alla scoperta del Geoparco Carso Kras lungo la Via della Bora

Si parte presto, l’aria è più che fresca: oggi valicheremo in sella la frontiera tra Italia e Slovenia. Un tempo luogo di divisione tra popoli – occorreva un permesso speciale persino per potersi spostare liberamente tra i propri appezzamenti – oggi il confine è un ricordo sbiadito, arrugginito quanto le guardiole che ne controllavano il perimetro. Ciclovie che uniscono e che contribuiscono a celebrare Gorizia e Nova Gorica come Capitali europee della cultura 2025, per la prima volta una candidatura transfrontaliera che sottolinea la storia comune e l’intreccio storico-culturale delle due città.

La Via della Bora è uno dei percorsi ad anello che consentono di visitare i territori del Carso/Kras ed esplorare gli oltre 900 km quadrati del geoparco transfrontaliero. Si parte subito in salita, tra boschi e vigneti: optiamo per qualche deviazione dalla traccia principale e scopriamo presto che il fondo del carso è aspro, ruvido, adatto a biciclette da fuoristrada come gravel e mountain bike.

Costeggiamo Aurisina per giungere a Santa Croce, villaggio di pescatori a strapiombo sul mare: ancora una breve salita e raggiungiamo il belvedere per godere dello splendido panorama su Trieste e il suo golfo. Si scorge lontano il castello di Miramare e la direzione è proprio quella, ci rimettiamo in marcia.

Eventuali dubbi sulla vocazione vitivinicola del territorio – casomai ci fossero – svaniscono una volta giunti al vicino paese di Prosecco, che pare abbia dato il nome al celebre vino spumante oggi prodotto principalmente in Veneto. Da qui imbocchiamo il tratto più suggestivo della giornata, la meravigliosa Strada Napoleonica, un percorso di 5 chilometri a picco sul mare che – sovrastando Trieste – offre vedute indimenticabili sul golfo e sulla città. Frequentata da gente a passeggio, cicloturisti e persino climber – le rocce scoscese ne fanno una palestra naturale per gli appassionati di arrampicata – è stata progettata dall’ingegnere Vicentini ed è quindi anche nota col nome di Strada Vicentina.

Dapprima su asfalto e poi su sterrato giungiamo infine a Opicina, cittadina famosa per la sua tranvia: costruita nel 1902, è una linea tranviaria di 5 chilometri che collega questo borgo carsico – oltre 300 metri sul livello del mare – alla città di Trieste. Quest’opera ardita – che percorre tratti in forte pendenza sfruttando un sistema di funi e che attraversa in breve spazio molti luoghi suggestivi – è oggi la principale attrazione turistica del paese.

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Una breve pausa caffè in Via Nazionale – dove presto sarà inaugurato il Museo della Bora – e ripartiamo: un reticolo di strade strerrate ci conduce attraverso i boschi e i paesi di Trebiciano e Gropada. Fatiscenti casupole divorate dalla vegetazione e antiche sbarre arrugginite ci ricordano che siamo al confine: queste strade un tempo invalicabili oggi uniscono il territorio, e in un attimo è subito in Slovenia.

Lipica (Lipizza), la meta del nostro viaggio, è famosa per le sue scuderie: il manto bianco della razza equina lipizzana è da sempre associato a principi e regnanti. L’eleganza, la docilità e l’estrema intelligenza di questi cavalli vennero sfruttate per fare la guerra: va decisamente meglio oggi, dato che si possono ammirare le stesse qualità espresse – invece – in danze coordinate e unici spettacoli coreografici.
Posiamo definitivamente le bici: la fame è tanta e le aspettative non vengono deluse. Nella vicina Kozina ci attende un pranzo abbondante e sofisticato: gli chef stupiscono con impiattamenti originali, rivisitando i sapori della tradizione slovena in chiave moderna.

Nel pomeriggio è in programma la visita alla Grotta di Divača (Divaccia): il Carso è ricchissimo di anfratti naturali – il fenomeno è così evidente che prende il nome di “carsismo” in tutto il mondo – e tra le varie opportunità cicloturistiche offerte dal geoparco esiste anche il percorso “Pedalando tra le Grotte” che ne intercetta alcune. La grotta di Divača fu scoperta – e successivamente amata in modo quasi morboso – da Gregor Ziberna, personaggio tanto eccentrico che di lui Freud scrisse: “Riconobbi in lui un nevrotico e interpretai i suoi atteggiamenti da conquistador come un equivalente erotico“. Ci caliamo nella grotta, aperta al pubblico, per ammirare le colossali strutture rocciose che Gregor battezzò con nomi evocativi: le Meduse, il Bambù, il Re che dorme.

Rivediamo la luce del sole e – questa volta in auto – torniamo a Trieste per cena. A tavola, tra un tonno marinato e un dolcetto alle nocciole, abbiamo occasione di scambiare qualche chiacchiera con le autorità regionali: il desiderio di incentivare il turismo lento e l’intermodalità è sincera e non si ferma a vuoti slogan, ne è prova concreta l’esperienza di questi giorni in sella.
In albergo un gruppo di giovani intona ammalianti cori popolari ma la stanchezza è tanta e le luci si spengono.

Tempo di tornare, ma senza fretta

Prima dei saluti rimane il tempo per visitare – in mattinata – la Riserva Naturale dell’Isola della Cona, alla foce dell’Isonzo. Anch’essa lambita dalla ciclovia FVG2, ospita una ricchissima comunità di uccelli migratori che approfittano di questo acquitrino salmastro per riposarsi un po’ e fare uno spuntino: una sorta di Autogrill lungo l’interminabile percorso che unisce l’Europa del nord all’Africa. Casette in legno e palizzate consentono di vedere i volatili da vicino, mentre le aree didattiche della curata struttura principale offrono laboratori e diorami per la gioia e il divertimento di giovani apprendisti ornitologi: non è un caso se questo parco naturalistico ha vinto negli anni numerosi premi nazionali e internazionali.

Lungo la Strada del Vino e dei Sapori ci attende l’ultimo pranzo, in un vecchio granaio con i tavoli all’aria aperta. Accoglienza ospitale, ottimi asparagi e carne accompagnati da vin bianco, rosé e rosso.
Giunto in stazione, direzione Milano, mi rimane il tempo di ricordare in ordine cronologico chi ci ha ospitato con amore e professionalità: Hotel Eden (Sistiana, TS), Osmiza Pipan Klaric, Gran Osteria Tre Noci (Sistiana, TS), Gostilna Mahorčič (Kozina, SLO), Ristorante Ai Fiori (Trieste, TS), Ristorante Al Granaio.

Link utili

Adrion Cycle Tour: https://www.ita-slo.eu/it/adrioncycletour
Geoparco Carso Kras: https://www.karst-geopark.eu/
Fotografie Marco Biella: https://www.instagram.com/marco__biella/

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