Fitness Industry: è ora di rimescolare le carte?

Fitness Industry: è ora di rimescolare le carte?

Le rivoluzioni di mercato, volute o non volute come quella da marzo in qua, cambiano gli schemi di gioco. Nel nostro della Fitness Industry, piccole avvisaglie sull’inadeguatezza di alcuni centri fitness si erano già avute. Qualche esempio: turn-over tra i più alti al mondo, clientele smarrite perché gestite con poco servizio tecnico alla persona e tanto servizio commerciale nelle orecchie, trainer sfumati. E poi: strategie di marketing sempre più pressanti all’atto del rinnovo membership che seguono gli stessi percorsi del rinnovo contrattuale col gestore telefonico. Schema fisso dell’illuminato commercial manager del club: ridondanza, martellamento continuo, agenda delle telefonate sempre piena.

Sappiamo alla fine a cosa ha portato questo spamming commerciale: a renderci insopportabile, dopo una giornata di lavoro, anche la receptionist che avremmo voluto solo ci salutasse con un sorriso rassicurante. Sorriso di cortesia e accoglienza come quello che ritroviamo nella concergerie dei migliori hotel, dove non si cela un atteggiamento furbo teso a raddrizzare la percentuale sulle vendite. Con tali premesse il disastro del 2020 non poteva che farci precipitare con ancor più velocità, accelerando quel lieve declino che si era già profilato all’orizzonte. Una delle regole manageriali non tipicamente italiane che tuttavia sarebbe da condividere ora è: meglio fallire velocemente invece che insistere su progetti che alla lunga non funzionano. In effetti, senza la crisi pandemica che ha messo in ginocchio i club e tutti noi che in qualche modo ci siamo dentro, certe cose avrebbero continuato a funzionare ancora a lungo, portandoci però alla classica vittoria di Pirro.

Per essere più chiari, se nella gestione club spingiamo a tutta sul reparto commerciale trascurando il lato fidelizzante che è tecnico, di assistenza, cortesia e soprattutto sicurezza in sala pesi per citare uno dei tanti aspetti, aprendo il cassetto potremo solo renderci conto che via via questo si sta svuotando. Non molto tempo fa è capitato di osservare un cliente in sala che aveva già tutto sul suo device: piano di allenamento che si aggiornava in download, programma alimentare, serie, ripetizioni, pause di recupero e via così. Non solo. In un momento di difficoltà si è avvicinato al sottoscritto che con cortesia gli ha corretto persino qualche esecuzione. In quel momento il fallimento dell’organizzazione aziendale che rappresentavo si riversava contemporaneamente su tre fronti:
1) non gli interessava minimamente il servizio che proponeva la palestra;
2) utilizzava tutte le nostre tecnologie e i nostri servizi accessori inclusa acqua, energia elettrica e in estate condizionatori all’occorrenza ben tarati;
3) spostava il suo reddito disponibile aggiuntivo sul conto di un noto super-trainer virtuale invece che su quello della nostra società di gestione.

Conclusione. Possiamo anche accettare che costi e risorse siano utilizzati per dare in fruizione gli spazi del club, ma i ricavi, benedetti, dovranno essere internalizzati con strategie intelligenti al più presto, altrimenti non si vede ragione per cui quel cliente non debba scegliere un network di club a buon prezzo che dispone di spazi magari più ampi, delle stesse tecnologie e dello stesso servizio. Spostandosi, progressivamente, il centro di potere del mercato nelle mani dei consumatori di fitness e con un’elasticità della domanda al prezzo d’iscrizione, clienti come quello di prima, iscritti oggi al club più caro, migreranno. Anche perchè la parte più importante di ciò che acquisterà non saranno i nostri spazi, né le nostre macchine, né le nostre reception in marmo di Carrara. Saranno sul suo device in attesa del nuovo download.

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