Incidenti in montagna: è ora di far pagare integralmente i soccorsi?

Paolo De Luca Accompagnatore Media Montagna Maestro Sci

Purtroppo si parla sempre più spesso di incidenti in montagna. Un fenomeno in crescita perché è aumentato il numero di coloro che desiderano praticare escursioni ed arrampicate sia in inverno che in estate, affascinati dalle alte quote e dai paesaggi spettacolari. Per prendere un anno di riferimento: nel 2011 il Cnasas (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) ha effettuato 8.299 interventi, con 36.517 soccorritori impegnati e 113 unità cinofile da valanga utilizzate (e 156 unità cinofile da superficie). In tutto 2.834 persone soccorse erano illese, 3.232 feriti leggeri, 1.671 feriti gravi, 494 feriti in imminente pericolo di vita, 478 deceduti e 42 dispersi.

“Nella maggior parte dei casi gli incidenti sono da ricondurre a superficialità e scarsa preparazione: molte tragedie si potrebbero evitare se gli escursionisti e gli alpinisti facessero più attenzione alle indispensabili norme di sicurezza” ci ha scritto Paolo De Luca (in foto), maestro di sci e accompagnatore di media montagna sul Gran Sasso: “L’esperienza, invece, ha dimostrato che spesso la difficoltà deriva da una sopravvalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso che si vuole intraprendere e dei relativi rischi” (Qui la scala di difficoltà dei sentieri e la relativa segnaletica).

E se ora regioni come Veneto, Trentino e Valle d’Aosta hanno deciso di far pagare ticket salati alle richieste di intervento inopportune, “la possibilità di contare sul soccorso gratuito nel tempo ha finito per indurre un certo irresponsabile innalzamento dei margini della sfida: tanto, nel peggiore dei casi, li tirano comunque fuori!”

Un tema dalle molte sfaccettature, da cui questo contributo dello stesso Paolo De Luca.

Quali sono le precauzioni da adottare per evitare incidenti in montagna?
Preliminare a qualsiasi attività in montagna è la consultazione dei bollettini meteo, tenendo tra l’altro presente che in montagna le condizioni del tempo possono cambiare in pochi minuti. Fondamentale è scegliere l’itinerario in base alla propria preparazione fisica e tecnica. Abbigliamento ed equipaggiamento devono essere adeguati alla difficoltà ed alla durata dell’escursione. Nello zaino (con Air Bag) non deve mai mancare l’occorrente per le situazioni di emergenza: telo termico, lampada frontale, Kit di primo soccorso, telefonino cellulare – Gps nel quale si può scaricare l’App “GeoResQ” (il servizio di geolocalizzazione e d’inoltro delle richieste di soccorso che tiene traccia del percorso comunicandolo a chi volesse seguirci da casa e per inoltrare tempestivamente la richiesta di aiuto alla centrale operativa attiva 24 ore su 24). E ancora, nel caso di neve, casco, pala, sonda, Artva e anche il controllo periodico delle batterie degli apparecchi elettronici per verificarne la carica residua.

Consigli a parte, da più fronti si invoca una legge in grado di arginare l’impennata di incidenti in montagna.
“Attualmente non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dello sciatore-alpinista, dell’alpinista, dell’escursionista e più precisamente per gli sport di avventura. A mio avviso si potrebbe innanzitutto modificare la Legge 363/2003 sulle norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci di discesa e fondo estendendola anche allo sci alpinismo, all’escursionismo, all’alpinismo. Così come nell’attuale legge si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti. Una soluzione potrebbe essere anche quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative e probabilmente anche vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello). Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 20-30 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio”.

Non si dovrebbe partire dalla prevenzione?
“Certamente. Gli addetti non indicano però la soluzione preferendo continuare a finanziare i soccorsi e le loro costose strutture invece di fare adeguata prevenzione, molto più economica ed efficace. Sebbene molti conoscono le soluzioni, non si adoperano per sottoporre propedeuticamente a formazione i frequentatori dei monti, così da ottenere il necessario aumento di capacità, equipaggiamenti e consapevolezza con abbattimento dei casi di difficoltà, incidenti, smarrimenti e costi connessi. Secondo me, si ignora l’esempio delle associazioni speleologiche e subacquee che giustamente impongono la frequentazione di un corso introduttivo prima di svolgere tali specialità non meno rischiose dell’alpinismo, dello sci-alpinismo o dell’escursionismo. Finanziando tale attività formativa, in pochi anni quella di soccorso ridurrebbe enormemente i suoi costi, così come le spese sanitarie, con risparmi incalcolabili”.

Come disincentivare le imprudenze in montagna?
Penso che bisognerebbe far pagare per intero al cittadino le operazioni di salvataggio in montagna, perché la comunità non può e non deve più farsi carico delle leggerezze degli irresponsabili. Le operazioni di soccorso alpino, oltre ad impegnare mezzi e decine di uomini, mettendone a rischio la vita, in Italia sono un costo imputato per intero alla collettività perché gestito dal servizio sanitario nazionale. La persona soccorsa, quindi, non paga nulla. In Austria ed in Slovenia, nostri confinanti, il costo del soccorso è a totale carico del cittadino in emergenza. In questo modo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità.

Davvero la soluzione è far pagare integralmente il soccorso?
Certo. Andare in montagna è una scelta che comporta un margine di rischio; chi poi imprudentemente si mette in condizione di pericolo deve accettarne le conseguenze, anche economiche. Il paragone con altri tipi di soccorso, come gli incidenti stradali ad esempio, non regge e la mia non è una voce isolata: a perorare la proposta ci sono illustri esperti del settore di fama internazionale. Alpinisti quali Abele Blanc, Alessandro Gogna, Reinhold Messner, Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti concordano sul deterrente di tipo economico quale strumento per disincentivare i comportamenti negligenti e sull’importanza di diffondere la cultura della prevenzione del rischio.

A chi spetterebbe il compito di certificare la sussistenza dei requisiti necessari a giustificare gli interventi di soccorso alpino?
I reparti specializzati del Corpo Forestale dello Stato, i Carabinieri, la Polizia, la Guardia di Finanza, i Vigili del Fuoco, l’Esercito (Alpini) hanno la preparazione giuridico – operativa per permettere ai propri uomini di poter ricostruire esattamente qualsiasi evento legato ad infortuni ad alta quota, utilizzando come parametro di riferimento le linee guida del C.A.I. sulle regole di comportamento in montagna. Infatti ogni corpo ha una propria squadra di soccorso alpino pronta a collaborare con quella del C.N.S.A.S del Club Alpino Italiano la quale, ai sensi di una Legge di protezione civile, ha il compito di provvedere a vigilanza e prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche escursionistiche e speleologiche nonché al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti ad opera di tecnici di soccorso alpino inquadrati come “volontari” e quindi senza alcuna retribuzione economica.

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