Covid-19: per stop allo sport brutti voti a scuola e meno produttività sul lavoro

Lo stop allo sport di base imposto dal Dpcm dello scorso 24 ottobre si farà sentire anche sullo stato di forma del cervello, già provato dai tanti fattori di ansia e stress collegati alla pandemia da Covid-19. A lanciare l’allarme è il professor Aiace Rusciano, psicologo dello sport e Phd in neuroscienze cognitive, già responsabile dell’Area psicologica e del Lab psicofisiologico di AC Milan e AC Chievo Verona: “Secondo solide evidenze scientifiche, l’attività fisica stimola la memoria, la capacità d’attenzione, le funzioni di apprendimento e ragionamento. Inoltre, fare regolarmente sport migliora la qualità del sonno e regola il tono dell’umore, stimolando la produzione nell’organismo di dopamine ed endorfine, sostanze che combattono lo stress e la depressione”.

Meno brillanti a scuola e sul lavoro

In caso di inattività fisica, tutti questi vantaggi vengono però ovviamente meno. Con tutta una serie di negative conseguenze nella vita di ragazzi e adulti: “Andremo incontro a un crollo dei voti scolastici, indipendentemente dalla validità o meno della didattica a distanza, ma anche a una diminuzione della concentrazione e quindi della produttività sul lavoro”, prosegue il professor Rusciano. “Questo calo delle performances del cervello riguarderà tutti, ma saranno ancora più a rischio gli studenti delle scuole elementari e over 65. Diversi studi hanno infatti scientificamente dimostrato che l’attività sportiva contribuisce a migliorare il rendimento scolastico soprattutto nei bambini di 9-10 anni, mentre altri hanno rilevato che lo sport – favorendo il flusso sanguigno anche a livello cerebrale – proteggono la memoria nell’ippocampo e aiutano la prevenzione di malattie degenerative come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson”.

Un allarme sociale

A lanciare l’allarme su una futura situazione di disagio mentale c’è poi anche una recente indagine del Centro Studi del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi, secondo la quale il 51% della popolazione italiana, su una scala da 1 a 100, ha un livello di stress psicologico compreso tra 70 e 100. Un valore assai simile a quello riscontrato durante il lockdown di marzo-aprile, ma con una significativa e più preoccupante differenza: allora a mettere in crisi gli italiani era la componente ansiosa, mentre oggi prevalgono rabbia, depressione e un forte senso disorientamento. “In un tale quadro”, commenta il professor Rusciano, “lo sport risulta allora fondamentale non solo per il benessere individuale, ma anche per la tenuta del tessuto sociale. Anche per questo la pratica regolare di uno sport deve essere protetta e garantita dallo Stato: perché permette ai cittadini di godere di una migliore salute mentale”.

Credits foto: Ziad Nr da Pexels.

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