Sport e infarto: continuare ad allenarsi fa bene

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Sport e infarto: continuare ad allenarsi dopo l’infarto fa bene: lo dimostra un recente studio della Swedish School of Sport and Health Sciences di Stoccolma e del Centre for Health and Performance della Goteborg University che ha rilevato che aumentare o mantenere costanti i livelli dell’allenamento nel corso dell’anno successivo a un attacco di cuore porta al 50% in più di probabilità di sopravvivenza a 4 anni rispetto ai pazienti sedentari. Tra i fattori di rischio dopo un evento cardiaco infatti ci sono la sedentarietà e l’ipercolesterolemia, ed è importante controllare i livelli di colesterolo LDL (C-LDL), fattore causale dell’arteriosclerosi, per prevenire successivi episodi cardiovascolari.

Sport e infarto: allenarsi dopo un infarto fa bene

Fare attività fisica combatte la sedentarietà e un recente studio su sport e infarto presentato in occasione dell’edizione 2018 di EuroPrevent, congresso della European Society of Cardiology (ESC), ha evidenziato come aumentare o mantenere costanti i livelli di allenamento nel corso dell’anno successivo a un attacco di cuore, porta al 50% in più di probabilità di sopravvivenza a 4 anni rispetto a chi non pratica attività fisica.

Una buona notizia per chi ama lo sport e, avendo avuto un infarto, si pone domande sull’opportunità di mantenere questa sana abitudine.

“Lo studio, presentato dalla Swedish School of Sport and Health Sciences di Stoccolma e del Centre for Health and Performance della Goteborg University, ci conferma l’importanza per i pazienti di mantenere una vita attiva” afferma Maurizio Averna, Professore ordinario di medicina interna Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica, Università di Palermo. “È’ importante però fare una distinzione tra chi ha una storia da sportivo, per cui sarà necessario rivalutare il piano di allenamento già esistente, e chi inizia dopo l’evento cardiaco a fare sport per cui è indispensabile un’attività graduale e mai eccessiva. Inoltre la ripresa dell’attività fisica deve avvenire in integrazione con il percorso riabilitativo e sotto il controllo medico.”

 

Parlando di sport e infarto, cosa si intende per livelli di allenamento?

“Più che livelli di allenamento sarebbe corretto parlare di livelli di intensità dell’attività fisica: se prima del problema cardiaco ero un runner dopo sarà necessario effettuare un programma di allenamento graduale e progressivo sotto la guida di in fisiatra/riabilitatore per consentire il graduale adattamento cardiorespiratorio e muscolare. Questo principio vale anche per i sedentari e per qualunque tipo di sport si decida di intraprendere. Quello che guiderà il tipo di sforzo fisico massimale che si vuole raggiungere dipende dall’età e dalle condizioni generali del soggetto.”

 

Lo sport rappresenta una leva importante per diminuire la probabilità di incorrere in un secondo evento cardiaco, ma cosa si intende per sport: solo le attività cardio o anche altro?

“Per sport conviene intendere qualunque tipo di attività, perché il principio dell’adattamento progressivo guidato vale per tutte le attività sportive, la corsa e il nuoto ma anche il tennis o il golf. L’attività fisica infatti, una volta allenati, migliora le performance cardiache perché riduce il consumo di ossigeno, riduce la frequenza cardiaca e migliora la fitness respiratoria.” continua il professor Averna.

Lo sport però da solo non basta. Tra i fattori di rischio più importanti c’è anche l’ipercolesterolemia: livelli eccessivi di colesterolo C-LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) possono innescare il processo di aterosclerosi (ispessimento e indurimento delle arterie) causando nel tempo la formazione di vere e proprie placche che ostacolano il flusso del sangue fino a bloccarlo del tutto. In base a dove si sviluppano, queste ostruzioni possono causare infarto o ictus.

“Controllare i livelli di colesterolo LDL dopo la risoluzione dell’evento acuto è fondamentale” continua Averna: “Recenti studi dimostrano che l’esposizione prolungata a bassi livelli di C-LDL determina una riduzione continua, dose-dipendente e lineare del rischio di eventi cardiovascolari”.

 

Ma quindi lo sport aiuta anche contro l’ipercolesterolemia?

“L’effetto dell’attività fisica sulla ipercolesterolemia è modesto, con una riduzione di pochi mg di colesterolo LDL (cattivo) ed un aumento più significativo del colesterolo HDL (buono). Questa riduzione spesso, associata ad una corretta alimentazione, è sufficiente a mantenere il colesterolo LDL in un range ottimale (100 mg o meno) nei soggetti a basso rischio cardiovascolare (prevenzione primaria); tuttavia nei soggetti che già hanno avuto un evento cardiovascolare tutto ciò non è sufficiente perché i livelli di colesterolo LDL da raggiungere e mantenere devono essere inferiori a 70 mg%. In prevenzione secondaria quindi è necessario utilizzare i farmaci ipocolesterolemizzanti classici (statine ed ezetimibe) e quando serve i nuovi ipocolesterolemizzanti (inibitori di PCSK9).”

Quindi solo un approccio integrato che contempli uno stile di vita sano da un lato e una strategia terapeutica efficace dall’altro può incidere in modo significativo sull’abbattimento del rischio cardiovascolare. È importante inoltre ricordare che controlli costanti dallo specialista sono alla base di un percorso di attenzione e di monitoraggio dei pazienti.

 

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