5 consigli per chi vuole andare sull’Everest

Andare sull Everest

Gli appassionati dell’outdoor hanno certamente sognato una volta nella vita di andare in Himalaya per un trekking. Molti lo fanno. Ormai è una vacanza molto più comune di quanto non si creda. Molti leggono libri e blog, guardano film e documentari e arrivano a sognare di salire in cima all’Everest. Solo uno su mille crede che sia un’impresa realizzabile anche da un uomo comune, come voi che state leggendo questo post e che non siete necessariamente esperti e in forma come un alpinista di fama come ce ne sono parecchi – da Simone Moro in giù.

Marco Zaffaroni è un uomo comune. 54enne, ‘tranquillo’ piccolo imprenditore lombardo con un lavoro (alleva e toeletta vacche da latte e organizza eventi sportivi) che lo occupa dalla mattina alla sera, una moglie, due figlie e un cane di cui preoccuparsi, e una grande passione per gli sport di fatica. Ha cominciato con il triathlon “da giovane”, ha scoperto le gare endurance multisport, ha aperto un club – il Friesian Team – con i cui colori gareggiano vari atleti professionisti (“e una è pure andata alle Olimpiadi”) e, da qualche tempo a questa parte, va sull’Himalaya. Durante una maratona ha conosciuto un alpinista svizzero di cui è poi diventato amico e che in seguito gli ha chiesto se volesse accompagnarlo in una spedizione. “Ormai credo di essere andato in Nepal una dozzina di volte, più o meno. Non tutte le volte che parti per un 8000 poi ci arrivi. Anzi, a me è capitato pochissime volte”.

Abbiamo incontrato Marco alla prima serata di una serie di quattro che il Gruppo Ethos – otto ristoranti tra Milano e la Brianza – ha organizzato per fare incontrare a cena veri campioni dello sport ai propri clienti: al Ristorante Fabbrica Libera a Casatenovo (LC) c’è stato anche il paraciclista Fabrizio Macchi (due ori ai Mondiali) mentre il 24 maggio sarà la volta di Fabio Vedana, uno dei più noti allenatori di atleti endurance. Il 14 giugno, prima delle olimpiadi di Rio, toccherà a Igor Cassina, oro ad Atene 2004.Marco-Zaffaroni
A Marco Zaffaroni quindi abbiamo chiesto quali sono i cinque consigli che darebbe all’uomo della strada che sognasse di andare sull’Everest, come lui si appresta a fare nelle prossime settimane, dopo aver già conquistato il Shisha Pangma di 8.027 metri nel 2005, il Cho Oyu di 8.201 metri nel 2009 e cinque delle Seven Summits.

Avete visto il film Everest qualche mese fa al cinema? “Io non posso dirvi cosa va bene per tutti. Io posso dirvi cosa va bene per me”.

1. Abbiate il giusto atteggiamento

“Sto parlando di approccio mentale all’avventura. A me piace dire che vado sull’Himalaya in “stile gitante”. Qui non ci sono eroi né campioni. In fin dei conti, bisogna pensare solo a godere di quel posto e a portare a casa la pelle. Quindi, come un gitante, vado in economia cercando di risparmiare il più possibile, vado rilassato senza nemmeno pensare ai grandi alpinisti che fanno i record, che scrivono libri e che non prendono nemmeno in considerazione l’ipotesi di respirare ossigeno da una bombola. Io sì. Io sono lì per salire. Provo a salire con le mie forze ma se una bombola mi aiuta a sopravvivere, ben venga. Il cosiddetto ‘stile alpino’, poi, è molto relativo. Salire in “stile gitante” non significa che io vada in montagna con le infradito, tutt’altro. Io al massimo ho il vezzo di arrivare al campo base vestito come sono sceso dall’aereo. Non bisogna però confondere la professionalità col professionismo. Per arrivare in cima bisogna per forza essere molto professionali”.

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2. La preparazione è molto relativa

“Anche parlando della preparazione atletica necessaria, va detto che anche in questo caso è tutto molto relativo. Ho visto super atleti muscolati che si sono preparati per un anno e mezzo che sono scappati appena superati i 5000 metri di altitudine temendo un edema polmonare. Del resto, tanta massa muscolare richiede tanto ossigeno per funzionare e lì di ossigeno non ce n’è. Io ovviamente mi faccio trovare in forma perché da sempre amo gli sport di fatica. La preparazione tecnica? Salire sull’Everest non richiede grandi capacità . Si riesce a fare molta della salita impugnando i bastoncini. La parte più pericolosa tecnicamente è all’inizio, quando bisogna attraversare un’infinità di seracchi sul ghiacciaio che vengono attrezzati con scale metalliche e corde dagli sherpa”.

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3. Portatevi l’attrezzatura migliore

“Io salgo in stile gitante ma non sono pazzo. Per un’impresa del genere ci vuole il meglio. Piumini himalayani, scarponi progettati per queste altezze, un’infinità di guanti artici, una manciata di tende e sacchi a pelo. Io ci riempio diversi barili da trasporto. Lo dice uno che sull’Himalaya ci ha lasciato le dita dei piedi per congelamento.”

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4. L’alimentazione è importante per lo spirito

“Mi sono accorto che mangio più salame nostrano quando sono sull’Himalaya che quando sono a casa. Già mangi poco, sei lontano dagli affetti, sei sotto stress. Almeno che si mangi qualcosa di buono che ti faccia sentire a casa! La mia dieta è fatta di salumi lombardi, grana, pasta… come a cena in famiglia”.

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5. L’organizzazione è fondamentale

“Bisogna sapere che è virtualmente possibile andare sull’Everest solo in primavera. La stagione monsonica corrisponde alla nostra estate. Ci sarebbe una finestra forse anche in autunno ma ormai il governo nepalese spesso non dà il permesso agli sherpa di attrezzare il ghiacciaio da attraversare. Il versante cinese è sempre aperto in teoria Detto che il permesso per la salita costa 11.000 euro è sempre più comodo affidarsi a un’agenzia. La vostra agenzia di viaggio si mette in contatto con un’agenzia locale per prenotare e coordinare i voli, la prenotazione della stanza a Kathmandu, il pagamento dei permessi, l’assunzione degli sherpa. Anche volendo, è praticamente impossibile fare tutto da soli”.

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JPG a cena con il campione

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